Autore: Simona Granieri

  • Addio Lucio Dalla, Bolognese vero e grande uomo

    Addio Lucio Dalla, Bolognese vero e grande uomo

    Avrebbe compiuto 69 anni fra tre giorni, così come una delle sue più note canzoni raccontava: 4 Marzo 1943 la sua data di nascita. Lucio Dalla da Bologna, il poeta, cantautore dal viso simpatico con gli occhiali tondi, i suoi buffi cappelli e la voce inconfondibile. Lui che si sentiva a casa a Piazza Grande, vivendo sotto le stelle, sulle panchine della sua Bologna: “a modo mio avrei bisogno di sognare anch’io“.

    La capacità di sognare di certo non gli ha mai fatto difetto, con la sua fervida creatività ed immaginazione, che lo ha reso uno dei cantautori italiani più apprezzati, da “Disperato erotico stomp” a “Com’è profondo il mare”, “Banana Republic” ed il sodalizio fraterno con Francesco De Gregori, ripreso nel 2010 dopo una lontananza durata trent’anni circa. E poi, ancora, l’immensità di “Caruso”, laddove il mare luccica e tira forte il vento, il suo successo più grande, di respiro internazionale, ripreso anche dalla grande interpretazione del maestro Luciano Pavarotti, e poi l’ironia di “Attenti al lupo” degli anni ’90, con cui divenne ancor più popolare anche al grande pubblico.

    Eclettico, versatile, amante dell’arte a tutto tondo, in ogni sua espressione: per questo, negli ultimi anni, si era cimentato nella scrittura di programmi televisivi, poi nella pittura, e nello scouting, alla ricerca di nuovi talenti da lanciare, di persone come lui. Oltre alla sua Bologna, Lucio Dalla amava le isole Tremiti, dove risiedeva per alcuni periodi dell’anno, affascinato dal modo di vivere degli isolani, e dal senso di comunità che si avverte in un contesto simile: ecco perchè Lucio Dalla era così fiero di essere il direttore artistico del festival “Il mare e le stelle”, e di celebrare con le sue parole la bellezza di quell’arcipelago, che oggi perde il suo cantore.

    Lucio Dalla | © Roberto Serra/Getty Images

    Amante del jazz, e di tutto ciò che tale genere musicale rappresenta ed ha rappresentato, Lucio Dalla ci ha lasciati a causa di un improvviso infarto dopo la tappa di Montreux del suo tour: una serata stancante, probabilmente, quella di ieri, anche se Lucio appariva in perfetta forma sul palco, felice di poter scherzare in francese con il suo pubblico.

    La notizia della sua morte improvvisa, dunque, è stata uno choc per tutti, che ha lasciato il segno soprattutto negli ambienti musicali, laddove Lucio era molto amato dai colleghi ed amici con i quali ha collaborato nei lunghi anni di carriera, da Ron a De Gregori, a Gianni Morandi, bolognese come lui oltre che presidente onorario della sua squadra del cuore, il Bologna, appunto, che Lucio seguiva con grandissima passione e che oggi lo saluta con grande commozione, “per lui che era un bolognese vero, ed uno dei più grandi artisti che la musica italiana abbia mai avuto”.

    Un amore viscerale quello per squdra di calcio della sua città, che rifletteva l’amore infinito per l’essenza profonda della sua Bologna, città aperta e libera, dove era possibile dormire sull’erba ed aver amici in Piazza Grande, come il grande Lucio sottolineava nella strofa finale della sua Piazza Grande: “e se non ci sarà più gente come me voglio morire in Piazza Grande, fra i gatti che non han padrone come me, attorno a me…”

    A modo mio, quel che sono l’ho voluto io: a modo suo, un grande uomo. Ci mancherai.

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  • Inter, Villas Boas alternativa al sogno Guardiola

    Inter, Villas Boas alternativa al sogno Guardiola

    Il destino di Claudio Ranieri sulla panchina dell’Inter pare ormai segnato irrimediabilmente dai deludenti risultati riportati dalla squadra sia in campionato che in Champions League, trascinandosi fra una sconfitta e l’altra senza mostrare alcun segno di ripresa o, perlomeno, di maggiore personalità. Il presidente Moratti pare essere piombato di colpo alla routine cui, fino a qualche anno fa, pareva rasseganto ed abituato, caratterizzata da una serie di esoneri imbarazzanti in conseguenza dei risultati spesso deludenti del campo.

    Dopo gli anni “ruggenti” di Mancini e Mourinho, è iniziato il lento declino, caratterizzato da alcune scelte sbagliate in chiave mercato, da alcune incomprensioni interne, e da uno spogliatoio che pare aver ormai smarrito la serenità dei tempi migliori. Pertanto, è già tempo di guardare avanti, pensando ad archiviare in maniera indolore la stagione in corso, dove l’Inter si trova a lottare per un posto in Champions League (ma la concorrenza è molto più agguerrita, ndr) ed a tentare l’impresa di ribaltare il risultato della gara d’andata contro l’Olympique Marsiglia di Didier Deshamps.

    Andrè Villas Boas | © Glyn KirkGetty Images

    Il futuro, dunque, potrebbe essere nuovamente colorato a tinte “portoghesi”, con la possibilità che “l’operazione rilancio” venga affidata a Villas Boas, lo Special Two, ancor più in una situazione in cui il tecnico portoghese potrebbe essere realmente a rischio esonero, considerando il malumore di Roman Abramovic dopo la pesante sconfitta subita dal Chelsea nell’andata degli ottavi di Champions contro il Napoli. Se nella gara di ritorno l’esito dovesse essere negativo per i Blues l’ipotesi esonero acquisterà ancor più concretezza, anche perchè pare che nello spogliatoio del club londinese lo Special Two non sia affatto ben visto dai suoi stessi giocatori ed, in particolare, dai “senatori”, che lo accusano di aver puntato esclusivamente sui suoi “pupilli”.

    Una situazione complessa, dunque, che si riflette anche sul non felice andamento della squadra in Premier League, dove occupa la quarta posizione a pari merito con l’Arsenal e dista ben 17 punti dalla capolista Manchester City di Mancini. Se Moratti non dovesse riuscire a coronare  il sogno (proibito) Pep Guardiola, dunque, Villas Boas potrebbe sedere nuovamente proprio sulla panchina del suo maestro.

  • Mourinho cerca casa a Londra. Ritorno al Chelsea in vista?

    Mourinho cerca casa a Londra. Ritorno al Chelsea in vista?

    Quando vince, o si appresta a vincere qualcosa di importante, Josè Mourinho diviene “inquieto”, smanioso di cambiare aria come se avesse paura di quella che nel calcio è l’altra faccia della medaglia, ossia il naturale calo psicologico, derivante dall’inevitabile appagamento, che le squadre subiscono  dopo una grande vittoria.

    E’ accaduto quando trionfò nella storica Champions League conquistata sulla panchina del Porto, è accaduto nel 2010, quando lasciò l’Inter dopo averla sedotta portandola alla conquista dello storico Triplete, potrebbe accadere nuovamente con il Real Madrid, soprattutto se – come ormai pare molto probabile – le merengues riuscissero a vincere la Liga Spagnola: ancor di più, inoltre, se ottenessero un successo anche in Champions League.

    Quale destino, dunque, per l’irrequieto Mourinho, spinto ancora dalla voglia di mettersi alla prova in situazioni non semplici, che possano fornirgli nuovi stimoli, vitali per il suo modo di lavorare, sempre al 100%, pretendendo dall’ambiente sempre il massimo della concentrazione, sia in campo che fuori?

    Josè Mourinho | ©ROBERT MICHAEL/AFP/Getty Images

    Un segnale forte, in tal senso, potrebbe essere il fatto che Josè Mourinho e sua moglie sarebbero stati paparazzati da alcuni tabloid inglesi (Mirror e Sun) mentre si aggiravano per le vie più chic della capitale inglese proprio in cerca di un appartamento: non un’abitazione qualsiasi, naturalmente, ma una proprietà di lusso, proprio nel cuore di Londra.

    Ecco, così, che gli inglesi hanno subito tentato di accostare tale circostanza alla possibilità che Mou decida di tornare ad allenare in Premier League ed, in particolare, il “suo” Chelsea, che sta vivendo un periodo tutt’altro che roseo sotto la gestione del suo pupillo Villas Boas, rischiando l’eliminazione dagli ottavi di Champions (ad opera del Napoli, ndr) e la non qualificazione alla prossima edizione.

    Pertanto, Mou potrebbe essere affascinato dal ritorno sulla panchina dei Blues, una squadra che gli è rimasta nel cuore dopo l’esperienza degli anni scorsi, nella quale gli è rimasto il grande cruccio di non aver centrato l’ obiettivo Champions league, non soddisfacendo in pieno il presidente Abramovic. Si spiegherebbe, così, la necessità di trovare una nuova casa a Londra, dove potersi trasferire con tutta la famiglia, cani compresi.

  • Calcioscommesse, Doni interrogato 3 ore in Figc

    Calcioscommesse, Doni interrogato 3 ore in Figc

    E’ stato un lungo interrogatorio, durato circa tre ore, quello cui è stato sottoposto questa mattina Cristiano Doni, ex capitano dell’Atalanta, davanti ai rappresentanti della procura federale della Figc, nello studio milanese di Via Montenero del suo legale, l’Avvocato Salvatore Pino, in merito all’ormai nota inchiesta della procura di Cremona sul Calcioscommesse, denominata “Last bet”, che ha coinvolto – tra gli altri – l’ex centrocampista nerazzurro, in particolare per alcuni match della scorsa stagione, come Atalanta-Piacenza, Atalanta-Ascoli e Padova-Atalanta.

    In merito all’interrogatorio odierno, pare non ci sia “nulla di nuovo da segnalare”, considerando che – secondo quanto emerso – Doni avrebbe confermato ciò che aveva già sostenuto durante l’interrogatorio reso alla procura di Cremona, ed in particolare nei confronti dell’autorità giudiziaria della città lombarda.

    In particolare, secondo quanto è emerso, questa mattina il calciatore non avrebbe rivelato alcun elemento che possa condurre al coinvolgimento di altri soggetti al di fuori di quelli già segnalati, anche se avrebbe riferito alcuni particolari ed alcuni dettagli particolarmente interessanti per la giustizia sportiva.

    Cristiano Doni arrestato nell'inchiesta Last Bet | ©Claudio Villa/Getty Images

    Il legale di Doni, inoltre, al termine dell’interrogatorio non ha voluto confermare che si sia discusso della partita tra Atalanta e Pistoiese, di oltre dodici anni fa, dell’agosto 2000, che secondo lo stesso Doni sarebbe stata oggetto di “combine”. Il legale Salvatore Pino, però, si è semplicemente limitato a sottolienare che, in riferimento a tale partita, si tratterebbe comunque di “un episodio già prescritto”.

    Al termine dell’interrogatorio, durato appunto tre ore circa, l’ex capitano dell’Atalanta ha comunque preferito non sottoporsi alle domande dei cronisti, andando via subito in taxi: dopo la decisione comunicata dal presidente del Coni Gianni Petrucci – presa di comune accordo con il presidente della Figc Giancarlo Abete – in merito alla necessità di non prendere assolutamente in considerazione l’ipotesi amnistia, probabilmente l’umore di Doni e degli (ormai ex) giocatori coinvolti non sarà affatto dei migliori.

  • De Rossi “Esclusione? Nessuna lite con Kjaer, solo una disattenzione”

    De Rossi “Esclusione? Nessuna lite con Kjaer, solo una disattenzione”

    La pesante sconfitta rimediata dalla Roma contro l’Atalanta domenica scorsa nella trasferta di Bergamo, sembra aver lasciato il segno in casa giallorossa, soprattutto a causa di un’esclusione eccellente decisa dal tecnico Luis Enrique, quella di Capitan Futuro, Daniele De Rossi. Un episodio inspiegabile in apparenza, soprattutto in un momento comunque positivo per il centrocampista della Roma, che da poco aveva ragiunto la tanto agognata intesa per il rinnovo contrattuale. Eppure, le rigide regole di Luis Enrique hanno colpito anche lui, dimostrando che il tecnico asturiano non fa sconti a nessuno e, soprattutto, non utilizza “due pesi e due misure” nei confronti dei suoi giocatori.

    L’interrogativo irrisolto, però, riguardava la motivazione alla base dell’esclusione in extremis di De Rossi dalla formazione titolare ed anche dalle riserve. Nell’immediato pre-partita, dopo aver appreso che De Rossi si sarebbe accomodato in tribuna, infatti, ha iniziato a circolare qualche voce, poi più insistente, circa un presunto litigio fra Daniele De Rossi e Kjaer, che sarebbe sfociato anche in uno scontro fisico. In seguito, invece, hanno preso a circolare informazioni di altro genere, riguardanti un ritardo – di circa dieci minuti – da parte di Daniele De Rossi alla riunione tecnica fissata da Luis Enrique con la squadra alle ore 13. Un ritardo che il tecnico giallorosso avrebbe interpretato come sintomo di mancanza di concentrazione da parte del centrocampista e, per questo, avrebbe deciso di escluderlo dalla formazione relegandolo in tribuna.

    daniele de rossi | © MARCELLO PATERNOSTRO/AFP/Getty Images

    De Rossi, convocato comunque da Cesare Prandelli per l’amichevole di domani contro gli Usa, dal ritiro azzurro ha cercato di sgombrare il campo dalle numerose (e infondate) illazioni, precisando di non voler svelare quale fosse stato il “misfatto”, per rispetto al suo allenatore che non gradisce che i giocatori raccontino ai giornalisti ciò che accade all’interno dello spogliatoio, ma di voler smentire ciò che non è veritiero.

    Pertanto, Daniele De Rossi precisa di non aver fatto a botte con Kjaer nè di aver litigato con altri compagni: ricorda, inoltre, di essere stato sempre una persona “attenta  e professionale”, mentre domenica scorsa sarebbe stato “un po’ disattento”. Specifica, dunque, di non aver offeso nessuno, e di non  aver mancato di rispetto al suo tecnico: non ritiene, dunque, di doversi scusare nei suoi confonti, anche perchè ha sempre manifestato – anche pubblicamente – la massima stima nei suoi confronti. Capitolo chiuso, dunque: almeno così pare.

  • Dino Zoff, 70 anni e non sentirli

    Dino Zoff, 70 anni e non sentirli

    Settant’anni e non sentirli, o meglio, non dimostrarli: per uno sportivo del suo livello, probabilmente, è più semplice mantenere la forma fisica e celare l’età anagrafica, ma nel caso di Dino Zoff, è proprio il caso di sottolinearlo. Proprio quest’ oggi, 28 febbraio, il portierone della Juventus e della Nazionale campione del mondo del 1982 compie i settanta, e li festeggerà in perfetto stile “Zoffiano”, all’insegna del low profile e della sobrietà, con una cena con gli amici più stretti e gli affetti più cari.

    Un compleanno che, però, in molti vogliono comunque ricordare, perchè Dino Zoff nell’immaginario collettivo italiano è stato e rimane un’ “istituzione”, un “monumento”, la fotografia dell’Italia vittoriosa del 1982, con la Coppa del Mondo alzata al cielo di Madrid, prima che la Nazione intera iniziasse i festeggiamenti che attendeva da troppi anni. Allora, Zoff aveva già 40 anni, ma disputò un mondiale perfetto, da capitano orgoglioso di vestire quella maglia qual’era: anche allora, l’età anagrafica era solo un dato superfluo.

    Nel giorno del suo compleanno auguri a parte, Dino Zoff non tralascia di analizzare il momento attuale del nostro calcio: naturale per uno come lui sempre “sul pezzo”, anche dall’esterno. Inevitabile, dunque, un riferimento alle furibonde polemiche del post Milan-Juventus, che hanno coinvolto, in particolar modo, il “pupillo” di Zoff, il suo erede, sia nella Juventus che in maglia Azzurra, il portierone Gigi Buffon, che lui stesso – a cavallo fra il 1998 ed il 2000 – ha allenato in Nazionale. Zoff, dunque, non può che schierarsi al fianco di Gigi Buffon sulla questione delle dichiarazioni da lui rilasciate nel post gara, finite poi nell’occhio del ciclone, soprattutto a causa della grande ipocrisia che pervade gli ambienti “ben pensanti” della nostra Italia.

    Dino Zoff | © Grazia Neri/Getty Images

    L’ex numero uno della Juventus e della nazionale, con il suo solito e consueto pragmatismo, invece, sostiene che Gigi abbia fatto bene a esprimersi con sincerità e, soprattutto, che non sarebbe stato tenuto – anche se avesse visto che la palla avesse varcato la linea di porta – a “denunciare” l’accaduto al direttore di gara: “Sarebbe stato grave se l’arbitro gliel’avesse chiesto e lui avesse negato; ma nessuno lo ha interpellato“.

    Per quanto riguarda, poi, gli aspetti prettamente calcistici, Zoff ha le idee chiare sulla lotta al vertice fra bianconeri e rossoneri, soprattutto dopo il pareggio di San Siro: “Hanno entrambi il 5o % di possibilità di conquistare il tricolore“.

    Oltre alle questioni legate alla lotta al vertice, Zoff non si esime dal commentare la situazione in casa Lazio, un club che gli sta molto a cuore, dopo averlo allenato per cinque stagioni: sulla situazione-panchina, legata alle note vicende delle incomprensioni Reja-Lotito, Dino Zoff rivela di non aver mai dubitato che Reja restasse in biancoceleste: “Era prevedibile, per quanto mi riguarda non mi sono mai preoccupato“.

    Infine, una battuta conclusiva sul caso De Rossi, escluso dalla formazione titolare da Luis Enrique perchè presentatosi in ritardo alla riunione tecnica del pre-partita: Zoff, in tal caso, non commenta direttamente l’episodio, ma con una battuta lascia intendere quale sia il suo pensiero in proposito: “Con me nessuno arrivava mai in ritardo, è una cosa che mi fa piacere perchè singifica che ho lavorato bene ed ho fatto la persona seria“.

    Persona seria, dunque, ma anche uomo di gran classe, non solo tecnica; una persona vecchio stile, e mai personaggio al contrario di molti calciatori d’oggi, con un forte senso della dignità, dell’orgoglio e del senso del rispetto verso sè stessi e verso gli altri. Un rispetto che tutti gli hanno sempre tributato per ciò che ha sempre e impeccabilmente rappresentato, e che, nei rari casi in cui è venuto a mancare, (in occasione delle critiche da parte di Berlusconi dopo la sconfitta in finale ad Euro 2000 contro la Francia, ndr) non ha esitato a reclamare, in maniera discreta ma decisa, dimettendosi dall’incarico di cittì.

    La dignità prima di tutto: l’esempio di un uomo come lui serve molto ancora oggi al nostro Paese. Auguri grande Dino Zoff.

  • Prandelli e il codice etico, sì a Buffon e De Rossi, no a Balotelli e Osvaldo

    Prandelli e il codice etico, sì a Buffon e De Rossi, no a Balotelli e Osvaldo

    L’amichevole della Nazionale Azzurra contro gli Stati Uniti, in programma mercoledì prossimo, giunge come intermezzo fra le polemiche accesissime del campionato e la necessità di concentrarsi su quello che si connota come l’ultimo test prima dell’esordio agli Europei di Polonia ed Ucraina.

    Le polemiche, però, non si spengono facilmente nel nostro calcio e, dunque, anche le convocazioni del cittì Cesare Prandelli sono state criticate a causa di alcune esclusioni eccellenti, e per alcuni presunti “trattamenti privilegiati” nei confronti di alcuni senatori dello spogliatoio, regolarmente convocati anche in presenza di una violazione del famigerato codice etico.

    In particolare, le polemiche in questione, si sono concentrate su quattro Azzurri, i primi due perchè assenti dalla lista dei convocati, gli altri due perchè presenti: Balotelli, Osvaldo, Buffon e De Rossi.

    Balotelli, infatti, è stato escluso dalle convocazioni di Prandelli per aver violato il codice etico in occasione dell’episodio della scarpata all’indirizzo di un giocatore del Tottenham, accaduto con la maglia del Manchester City, che lo ha costretto ad osservare ben quattro giornate di squalifica in Premier League: il ct, infatti, sostiene di aver in mente, per gli Europei, una Nazionale con Balotelli titolare, ma che gli dia le giuste garanzie, ossia che non lo sottoponga al rischio di restare in inferiorità numerica per falli di reazione.

    Discorso analogo vale, poi, per il romanista Osvaldo, anch’egli escluso dalla lista dei convocati per l’amichevole contro gli Usa per alcuni comportamenti ritenuti non consoni da parte di Prandelli, anche se il ct rivela di non aver parlato direttamente con il giocatore in occasione della decisione di non convocarlo, ma di essere a disposizione (sia di Osvaldo che di Balotelli, ndr) per qualsiasi chiarimento e confronto telefonico in merito.

    Cesare Prandelli | © Getty Images

    Prandelli, dunque, prova a “dare i giusti riferimenti ai suoi ragazzi”, per aiutarli a crescere, ma in alcuni casi le sue scelte, o meglio le sue valutazioni, sono state fraintese. In particolare, nel post Milan-Juventus, con le infuocate interviste del dopo partita, una parte dell’opinione pubblica ha visto in maniera negativa la convocazione di Gianluigi Buffon, portiere e capitano Azzurro, reo di aver parlato con assoluta sincerità, senza nascondersi dietro alle solite ipocrisie che condiscono spesso le dichiarazioni dei post-partita. Buffon, come ormai noto, ha sostenuto infatti di “non essersi reso conto che il pallone fosse entrato nella propria porta a seguito della deviazione del milanista Muntari, e che – anche nel caso in cui se ne fosse accorto – di certo non avrebbe aiutato l’arbitro”.

    Una frase che, per molti, ha simboleggiato un affronto al codice etico di Prandelli ed un elogio alla non correttezza in campo: Prandelli, però, probabilmente non è di questa opinione, considerando il fatto che ha comunque convocato Buffon, non riscontrando alcuna violazione al suo codice comportamentale. Anzi, il ct ha giustificato il suo capitano, al quale non ha alcuna intenzione di togliere la fascia, sostenendo che durante la gara, in trance agonistica, risulta impossibile fare valutazioni lucide sui singoli episodi, e che non si può pretenedere che un calciatore in tali occasioni aiuti gli arbitri.

    Oltre a quella del portierone bianconero, un’altra convocazione è finita, poi, sotto l’occhio delle polemiche: quella di Daniele De Rossi. Secondo alcuni, infatti, il cittì non avrebbe dovuto convocare il romanista, seguendo la linea già imposta da Luis Enrique, che lo ha escluso nel match – poi perso rovinosamente contro l’Atalanta – a causa di un presunto ritardo (di dieci minuti) alla riunione tecnica delle ore 13. Prandelli, però, non ha ritenuto opportuno ricalcare la linea dura del tecnico asturiano ed ha deciso di convocare De Rossi per la gara di mercoledì.

    Nell’ultimo match prima del debutto Europeo, dunque, la rigidità non sempre può trovare spazio: a volte il pragmatismo è più importante.

  • Panchina d’oro a Guidolin, a Tesser quella d’Argento

    Panchina d’oro a Guidolin, a Tesser quella d’Argento

    Una grande soddisfazione per Francesco Guidolin, tecnico dell’Udinese, dopo aver ricevuto il prestigioso riconoscimento della panchina d’oro a Coverciano, per la stagione 2010-2011: una degna celebrazione per il percorso fin qui compiuto, e proseguito con la straordinaria stagione dell’Udinese, che anche ieri è riuscita a conquistare i tre punti contro il Bologna, vincendo per 3-1.

    Un riconoscimento importante che Guidolin sostiene di “aver inseguito per tanti anni” ritenendo, ora, di meritarlo e di sentirsi gratificato dall’aver ottenuto tale premio, reso ancora più importante e significativo dal fatto di essere assegnato direttamente dagli allenatori ai loro stessi colleghi.

    Per tal motivo, Guidolin ci tiene a ringraziare i colleghi che lo hanno votato, ma anche i suoi giocatori e la società dell’Udinese, che “lo tratta da re“, facendolo sentire sempre gratificato. Infine, la dedica: “ai miei genitori, le persone più importanti della mia vita“.

    La panchina d’argento per la serie B, invece, è stata asseganta all’ex tecnico del Novara, Attilio Tesser, in riferimento alla promozione in Serie A ottenuta lo scorso anno con la squadra piemontese: una sorta di premio di consolazione per il bravo Tesser, sostituito in panchina da Emiliano Mondonico.

    Francesco Guidolin | © Getty Images

    Oltre ai due premi assegnati come ogni anno, è stato previsto un particolare riconoscimento per Azeglio Vicini, ex ct della Nazionale Azzurra (guidò l’Italia nel Mondiale giocato in casa del 1990, ottenendo la terza posizione, ndr): a Vicini, infatti, è stata consegnata la “panchina d’oro” come “premio alla carriera”, ossia come riconoscimento per il lungo impegno profuso sotto un unico filo conduttore, “la passione stravolgente dimostrata per il gioco del calcio”.

    Gli altri premi assegnati hanno riguardato, invece, dei riconoscimenti per tecnici meno in vista, ma che hanno ottenuto nella scorsa stagione dei risultati importanti nelle rispettive categorie; per la prima divisione, è stato premiato con la panchina d’oro Vincenzo Torrente, allenatore del Gubbio, mentre per la seconda divisione è stato premiato con la panchina d’argento il tecnico del Trapani Rocco Boscaglia.

  • Chievo – Cesena 1-0, le pagelle. Moscardelli decisivo

    Chievo – Cesena 1-0, le pagelle. Moscardelli decisivo

    Il gol di Moscardelli contro il Cesena ha consentito al Chievo di conquistare tre punti importantissimi in chiave salvezza, portandosi a quota 33 punti, e conquistando il secondo successo consecutivo dopo quello ottenuto domenica scorsa a Genova.

    Il Cesena, invece, paga dazio oltre i propri demeriti probabilmente, anche se non può bastare per conquistare la salvezza un atteggiamento di eccessiva prudenza in campo, e l’eccessivo nervosismo dei singoli, sfociato poi anche nell’espulsione che costringe all’inferiorità numerica per gran parte della gara. Per Beretta, dunque, c’è ancora tanta strada da fare per provare a ricostruire il morale dei suoi uomini e riaccendere la fiammella della speranza.

    PAGELLE CHIEVO CESENA

    Chievo

    Sorrentino 6 Non ha corso pericoli, a parte l’intervento in uscita su Comotto che gli poteva costare un infortunio alla caviglia.

    Andreolli 6 Sicuro negli interventi, preciso come tutto il reparto difensivo clivense, ma l’attacco del Cesena ha collaborato a rendere la vita non troppo complessa

    Sardo 6 Interessante la fase offensiva, il suo proporsi sulla fascia con interessanti cross per le punte

    Jokic 5.5 Per lui qualche amnesia difensiva di troppo, migliora alla distanza, trovando maggiore sicurezza nel secondo tempo, quando la fase offensiva del Cesena scompare

    Acerbi 6.5 Commovente il saluto al papà con la maglietta dedicata: non è stato sicuramente semplice scendere in campo per lui, ma lo ha fatto ed ha giocato con sicurezza e precisione

    Rigoni 6.5 Tornato dopo l’infortunio, gioca una partita di buona grinta, sostanza e determinazione; viene ammonito, probabilmente troppo frettolosamente dal direttore di gara

    Vacek 6 Buona gara, di intensità e quantità , sostituisce Luciano ma  ha caratteristiche differenti, prova a fare il suo compito e lo assolve con sufficiente diligenza

    Hetemaj 6.5 E’ suo il cross che regala l’assist per il gol di Sorrentino, gioca una buona gara, con buone iniziative

    Cruzado 5.5 Gara non particolarmente convincente, non punge e non inventa: fa rimpiangere Thereau

    Paloschi 6 Più movimento che altro, non incide particolarmente sulla gara; generoso ma poco pungente

    Pellissier 6 Punge più degli altri ma ha il demerito di rimediare l’ammonizione che lo costringerà a saltare la gara della prossima settimana contro la Juventus

    Davide Moscardelli © Valerio Pennicino/Getty Images

    Moscardelli 7 Realizza il gol del vantaggio dopo esser partito dalla panchina, si rivela decisivo e determinante

    Cesena

    Antonioli 6 Gara sufficiente, non ha colpe sul gol subìto, per il resto si mostra sicuro negli interventi

    Rodriguez 6 Buona gara finchè il Cesena mantiene la parità numerica, poi soffre di più

    Rossi 6 Entra nella ripresa per tentare di arginare gli attacchi del Chievo

    Comotto 6 Prova ad affacciarsi in fase offensiva, per il resto gioca una gara di buona sostanza

    Lauro 5.5 Rimedia l’espulsione che condiziona la gara del Cesena: distratto e poco preciso

    Santana 6 Parte bene, si rivela un buon elemento  ma manca di continuità nell’arco della gara

    Guana 5 Nervoso, agitato e poco utile in campo: soffre il fatto di essere ex della gara probabilmente

    Colucci 6 Uno dei migliori nel centrocampo di Beretta, si rivela un elemento prezioso ed utile soprattutto in fase di interdizione

    Parolo 6 Gara di grande contributo in fase di impostazione, prova qualche tiro da fuori ma non trova la porta

    Pudil 4.5 Molte sono le colpe sul gol del Chievo, si rivela davvero molto distratto nella marcatura di Moscardelli

    Iaquinta 5.5 Generoso nel provare a caricarsi al squadra sulle spalle, unico a dare profondità; non incide, però, in fase offensiva

    Mutu 5.5 Non una delle sue migliori giornate: esce quando la squadra è in inferiorità numerica per esigenze tattiche, ma non è una grande perdita la sua sostituzione

  • Chievo Cesena 1-0, esordio amaro per Beretta

    Chievo Cesena 1-0, esordio amaro per Beretta

    Chievo Cesena, un match importante per testare le ambizioni salvezza della squadra del neo tecnico Beretta, chiamato a risollevare un ambiente in difficoltà, ed una squadra allo sbando, soprattutto psicologicamente. Il Chievo, in casa, ha l’obbligo di tener botta, per conquistare altri punti importanti in chiave salvezza, fermo restando che, comunque, la squadra di Di Carlo parte da una buona posizione in classifica, con trenta punti all’attivo, e pare in un buon momento di forma dopo la vittoria della scorsa settimana a Genova.

    Il primo tempo dell’incontro è nato sotto il segno del grande equilibrio, con uno 0-0 frutto di un atteggiamento attendista da parte di entrambe le squadre, probabilmente anche condizionate dalle pessime condizioni del campo di gioco del Bentegodi, realmente imbarazzanti, che hanno condizionato le manovre di entrambe le squadre, innescando una lunga serie di errori in fase di impostazione, oltre che di errori anche nei passaggi apparentemente semplici.

    Un primo tempo all’insegna dei lanci lunghi per il Cesena, semplificando all’osso la manovra, con la speranza di lanciare i due attaccanti Iaquinta e Mutu, ma la difesa del Chievo ha saputo reggere bene, facendo sì che la gara non regalasse particolari episodi pericolosi nelle due aree di rigore: il più in palla della gara è parso Santana, abbastanza ispirato in fase offensiva, ma la migliore occasione della prima frazione di gioco è capitata a Iaquinta, al minuto 42 sugli sviluppi di un calcio d’angolo però sfumata a causa del non perfetto posizionamento dell’attaccante, che si è ostacolato con il compagno di reparto Adrian Mutu.

    Nel secondo tempo, nei minuti iniziali della rispresa, ancora lanci lunghi, ma con un maggiore ritmo, e qualche inziativa personale in più da parte di Mutu, che al 4′ prova il tiro dal limite dell’area, che finisce a lato della porta difesa da Sorrentino.
    Al 6′, calcio di punizione da posizione interessante per il Chievo, ma la botta di potenza di Acerbi si infrange sulla barriera del Cesena; sugli sviluppi i romagnoli provano la ripartenza ma Pellissier prova a recuperare palla con un fallo, ingenuo, che gli procura l’ammonizione, pesante, perchè l’attaccante era diffidato e salterà il prossimo match in programma allo Juventus Stadium nell’anticipo di sabato prossimo.

    Mario Beretta © Valerio Pennicino/Getty Images

    Nervosismo in campo al minuto numero 10, scontro di gioco fra Lauro e Paloschi, con un fallo del Cesenate (che pare non aver visto l’arrivo dell’attaccante gialloblu) che vale il doppio giallo ai danni del terzino bianconero, che lascia i suoi in inferiorità numerica per gran parte della ripresa, costringendo Beretta a proporre un 4-3-2 molto coperto per limitare i danni. Pochi minuti dopo, però, al 15′ il tecnico cambia ancora assetto, sostituendo Mutu con Marco Rossi, che agisce in linea con Rodriguez e Guana, per dare maggior copertura, lasciando in campo Iaquinta che garantisce maggiore profondità alla squadra in avanti.

    Il Chievo di Di Carlo prova a plasmarsi in maniera ancora più offensiva, sostituendo Cruzado e mandando in campo Moscardelli, per proporre un attacco a tre, con Pellissier, Paloschi e il nuovo entrato pronto ad agire sulla fascia destra, per mettere in difficoltà Pudil, peraltro ammonito qualche minuto prima per fallo su Sorrentino in uscita bassa.

    Al 26′, errore difensivo del Chievo con Jokic, con suggerimento di Iaquinta per Comotto, che manda alto sulla traversa da buona posizione, atterrando sulla caviglia sinistra di Sorrentino in uscita: ottima occasione sfumata per il Cesena. Al 32′, un po’ a sorpresa, passa in vantaggio il Chievo con rete di Moscardelli che firma in spaccata l’ 1-0, sbloccando il risultato della gara su assist di Hetemaj con perfetto cross dalla fascia sinistra. Al 42′ altra potenziale occasione per il Chievo, con Moscardelli che prova a rendersi ancora pericoloso, ma la difesa del Cesena riesce a recuperare in extremis.

    I minuti finali della gara scorrono via con il Chievo in proiezione offensiva per provare a tenere la manovra lontana dalla propria area di rigore, ripartendo anche in contropiede con Moscardelli e Pellissier; l’ultimo brivido della gara è il tiro di Iaquinta sfiorato da Santana che, però, esce a lato: su questa occasione la gara termina al 50′ minuto, decretando la vittoria del Chievo per 1-0, mentre il Cesena, nonostante il cambio in panchina, non riesce a far risultato ed inverire il trend negativo.