Autore: Simona Granieri

  • Calcioscommesse, minacciavano giocatori. Arrestati ultrà del Bari

    Calcioscommesse, minacciavano giocatori. Arrestati ultrà del Bari

    Arrestati all’alba di oggi tre capi ultrà del Bari, ritenuti responsabili di aver fatto pressione sulla squadra pugliese nello scorso campionato di serie A, per indurla a perdere tre partite di campionato, rispettivamente contro Chievo, Cesena e Sampdoria, quando il Bari si trovava ormai all’ultimo posto in classifica ed era condannato alla retrocessione. Le manette sono scattate, dunque, per Roberto Sblendorio e Raffaele Lo Iacono, mentre il  terzo ultrà Alberto Savarese ha ottenuto gli arresti domiciliari: l’operazione è stata condotta dai carabinieri del Comando Provinciale, che hanno eseguito l’ordine d’arresto emanato dalla Procura di Bari che sta indagando su uno dei tre filoni di inchiesta relativa al calcioscommesse.

    Jean Francoise Gillet | © Marco Luzzani/Getty Images

    In particolare, il reato contestato ai tre capi ultrà è la violenza privata aggravata ai danni di alcuni calciatori del club biancorosso (avrebbero preso a schiaffi un calciatore, ndr) finalizzata ad assicurarsi una cospicua vincita puntando proprio sulle sconfitte del Bari nelle tre gare del campionato 2010-2011, ed i fatti in questione sono stati ricostruiti soprattutto grazie alle deposizioni rilasciate dall’ex portiere barese Jean Francoise Gillet (ora in forza al Bologna, ndr) e del difensore Marco Rossi (ora al Cesena, ndr) che, nel corso degli interrogatori, avrebbero comunque confermato che la squadra avrebbe respinto le minacce dei capi ultrà anche se, stando ai risultati ottenuti sul campo, il Bari perse quelle ultime tre gare disputate: in partocolare, Bari – Chievo del 20 Marzo terminò con il risultato di 1-2, Cesena – Bari del 17 Aprile terminò per 1-0, mentre Bari -Sampdoria del 23 Aprile 2011 terminò con il risultato di 0-1, decretando la matematica retrocessione dei pugliesi in serie B.

    Nello specifico, stando alle testuali dichiarazioni dell’ex capitano barese Gillet, le “richieste” dei tre capi ultrà sono state le seguenti: “Siete ultimi, avete fatto questo campionato di… non vi è mai successo niente, nessuno ha preso mazzate e cose varie, domani dovete perdere”, mentre il portiere rispose seccamente “No, non esiste”, negando qualsiasi tipo di “collaborazione” ed accondiscendenza alle loro minacce-richieste e, così, i tre ultrà lasciarono intendere che, da quel momento e fino al termine del campionato, “considerando che viveva a Bari, sarebbe potuta accadergli qualsiasi cosa”.

  • “Delio Rossi mente” Behrami difende Ljajic

    “Delio Rossi mente” Behrami difende Ljajic

    L’episodio del raptus in panchina di Delio Rossi, nella gara fra Fiorentina e Novara dello scorso 2 Maggio, in cui il tecnico Viola si è scagliato contro il suo giocatore Adem Ljajic, colpevole di aver adoperato un atteggiamento irrispettoso al momento della sostituzione, continua a portar dietro di sè pesanti strascichi polemici.

    Subito dopo l’increscioso episodio, il tecnico Delio Rossi, infatti, ha giustificato il suo comportamento violento sostenendo che il calciatore avrebbe “offeso la sua famiglia” ed in particolare la madre morta o un figlio handicappato, mentre lo stesso Ljajic ha smentito seccamente tali accuse, invocando la prova televisiva per leggere il suo labiale, a conferma del fatto che le uniche parole da lui adoperate sono state ironiche ed in riferimento alla sostituzione appena effettuata dal mister, dicendogli testualmente: “Bravo, sei proprio bravo” ed applaudendo a mò di scherno.

    Ljajic, inoltre, per dar maggior peso alla sua “difesa” precisa di “esser pronto a lasciare il calcio qualora le immagini tv mostrassero pesanti offese nei confronti della famiglia di Delio Rossi“. Parole decise quelle del calciatore, finalizzate a smentire l’immagine di ragazzo viziato, e sottolineando, di contro, l’umiltà delle sue origini, e la sua infanzia vissuta ai confini con il Kosovo, laddove cadevano le bombe della guerra Balcanica. La violenza del tecnico, dunque, non sarebbe una reazione ad una pesante provocazione del calciatore, ma uno scatto di nervosismo spropositato, nei confronti del calciatore serbo che, comunque, ha mostrato freddezza nel non reagire fisicamente, restando fermo in panchina. In tal senso, dunque, Ljajic precisa di esser “orgoglioso di non aver reagito all’attacco, dimostrando che i miei genitori mi hanno insegnato l’educazione”, confermando di non aver alcuna intenzione di perdonare il tecnico che, mentre lo colpiva, gli avrebbe urlato contro: “Sei uno stronzo, ti ammazzo!”

    A supporto della versione dei fatti dichiarata da Ljajic giungono, poi, anche le parole del compagno di squadra Valon Behrami, in un’intervista rilasciata a Radio Blu. Le parole del calciatore Viola, infatti, hanno rivelato che molti dei compagni di squadra presenti in panchina hanno confermato la versione di Ljajic, smentendo, così, le dichiarazioni di Delio Rossi.

    Delio Rossi | ©Dino Panato/Getty Images

    Per tal ragione, dunque, Behrami si dichiara deluso dall’atteggiamento dell’ormai ex tecnico Viola, che “da questo errore poteva uscire da grande persona se si fosse scusato il giorno dopo l’accaduto, invece non l’ha fatto ed, anzi, ha aggiunto altro parlando degli insulti ricevuti da Ljajic: insulti che Adem ha giurato di non aver mai pronunciato”.

    Tuttavia, secondo le dichiarazioni di Behrami, il nervosismo di mister Rossi non sarebbe relativo soltanto all’episodio della partita contro il Novara, ma affonderebbe le sue radici in un malessere complessivo del tecnico sulla panchina Viola, considerando che – rispetto ai tempi della Lazio in cui Behrami ebbe modo di conoscerlo e di apprezzarlo a livello umano – il tecnico si sarebbe mostrato molto distaccato e chiuso in sè stesso, vivendo poco la città e pensando solo al campo ed al lavoro, probabilmente anche a causa del rendimento negativo della squadra, che lo ha innervosito ed esasperato, portandolo ad agire in questo modo.

    Pertanto, secondo Behrami, quando le acque si calmeranno, per la Fiorentina sarà assolutamente prioritario analizzare attentamente i molteplici errori effettuati nel corso di questa stagione disastrosa, “in cui le cose sono state fatte al contrario” per provare a ripartire con il piede giusto nella prossimo campionato.

  • Conte, allenatori si nasce “lo scudetto è mio”

    Conte, allenatori si nasce “lo scudetto è mio”

    La sua gioia nelle immagini catturate nello spogliatoio di Trieste era il simbolo della tenacia con cui ha affrontato questa stagione, questa sfida bianconera che ha coinciso con il suo “ritorno a casa” anche se in veste diversa. Antonio Conte è il simbolo di questo scudetto, conquistato con la forza del gruppo e la determinazione di chi ha fame di riscatto, di conferme, di vittorie. E’ stato un motivatore ed un tattico, un amico ed una guida, duro ed equilibrato, maniacale nella cura di ogni dettaglio, sia sul campo che fuori. Il suo discorso in allenamento – quando la Juventus era ancora inseguitrice del Milan – ha lasciato piacevoli sensazioni nella mente dei tifosi bianconeri, che hanno riconosciuto nelle parole del tecnico quella grinta necessaria a dare una svolta, per scrivere finalmente un’altra pagine di storia “superstraordinaria” come lo stesso mister ha sottolineato.

    I suoi meriti sono indiscutibili, e questo traguardo raggiunto lo ripaga di tutto il lavoro svolto dalla preparazione estiva ad oggi, mostrando che – nonostante la sua inesperienza sulla panchina di una squadra di primissimo livello – “allenatori si nasce”.

    Un messaggio inequivocabile, che mister Conte ha voluto sottolineare nella sua intervista a Sette, l’inserto del Corriere della Sera, affermando che, per lui, allenare “è una vocazione”, e lo è stato da sempre, fin dai tempi in cui giocava nella Primavera del Lecce ed allenava la squadra di suo fratello. In particolare, ciò che lo rende assolutamente a proprio agio nei panni del tecnico è la capacità di “dare un indirizzo, un metodo, prendere delle decisioni”. La sua fermezza ed il suo mostrarsi “tutto d’un pezzo” sono, poi, qualità aggiuntive che gli consentono di “farsi sentire in mezzo a 60 mila persone, ma senza urlare”, anche se molto spesso ha terminato la gara senza un filo di voce perchè la priorità è che i calciatori lo percepiscano sempre, creando un contatto continuo, affidandosi al fatto che il loro tecnico è lì con loro.

    Antonio Conte | © AFP/Getty Images

    Nonostante questo scudetto conquistato in maniera tanto convincente lo abbia consacrato nell’Olimpo dei grandi, mister Conte non dimentica i suoi inizi, e non tralascia di ringraziare colui che ha rivestito un ruolo chiave nel suo percorso di crescita sportiva, proprio in concomitanza con il suo approdo alla Juventus dei primi anni ’90, in veste di centrocampista di belle speranze: Giovanni Trapattoni, mister bianconero di quegli anni, per Antonio Conte è stato “come un padre, ha capito le mie difficoltà e restava dopo gli allenamenti per migliorarmi nella tecnica”. I risultati, poi, si sono riscontrati sul campo, considerando che per lunghi anni Antonio Conte ha vestito la maglia numero 8 del centrocampo bianconero, divenendone uno degli uomini simbolo, oltre che il capitano pre-Del Piero.

    Come ci si potrebbe attendere da un uomo pragmatico come lui, però, la felicità e la soddisfazione del momento non sono altro che un antipasto, un preludio ed uno stimolo a continuare a lavorare duramente, per crescere ancora, per “continuare a stupire me stesso e gli altri”.

    Gli obiettivi sono già fissati, anche perchè il prossimo 20 Maggio lo attende già la finale di Coppa Italia contro il Napoli che gli potrebbe consentire una straordinaria “doppietta” all’esordio in serie A, un’impresa che riesce soltanto ai grandi, e che gli consentirebbe di eguagliare un altro suo maestro, ossia Marcello Lippi.

    In ogni caso, dunque, questo tricolore juventino non è un punto di arrivo, poichè “tutto per me è un punto di partenza”. Non a caso, la Juventus avrebbe già pronto per lui il rinnovo contrattuale fino al 2016, con conseguente adeguamento, per affidargli anche un ruolo di più ampio, anche manageriale, in stile Ferguson, in cui potrebbe partecipare direttamente alle decisioni di mercato, collaborando con Beppe Marotta, Paratici e Pavel Nedved.

    Il bello deve ancora venire, parola di Antonio Conte.

  • Del Piero e lo scudetto del “Noi c’eravamo”

    Del Piero e lo scudetto del “Noi c’eravamo”

    Le gioie più grandi sono quelle che partono da lontano, quelle che si attendono, che si sognano, che sembrano utopie: per Alessandro Del Piero questo trentesimo scudetto vinto sul campo è stato tutto ciò. E’ stato una rincorsa partita da Rimini, dal campionato 2006-2007, dal pomeriggio che Alessandro ricorda per “l’odore di pop corn e di piadina attorno allo stadio” e che, in campo, segnò l’inizio di una scalata durata sei anni, fra pendii ripidi e pareti scivolose. Sensazioni che può comprendere solo chi le ha vissute e che, insieme al Capitano, è passato dall’esultanza di un Mondiale vinto al sacrificio della serie B: Gigi Buffon e Mauro Camoranesi, ma anche David Trezeguet, Pavel Nedved e tutti gli altri comprimari che hanno partecipato alla caduta “senza sapere che fine avremmo fatto” e che, quando l’hanno saputo, insieme al tecnico Deschamps, “l’hanno accettato lottando per rialzarsi”.

    Un vero Capitano non dimentica nessuno e, soprattutto, non chi ha corso al suo fianco, in questo percorso ad ostacoli costellato di momenti in cui l’orizzonte della rinascita sembrava offuscato da nubi plumbee, che rendevano quasi impossibile “ritrovare la strada”. Quella strada che, dopo la promozione dalla serie B conquistata in scioltezza nonostante i punti di penalizzazione, sembrava agevole da percorrere e che, invece, ha nascosto tante insidie e difficoltà, soprattutto dopo il buon terzo posto del primo campionato di Ranieri, cui sono seguiti cambi di allenatori (Ranieri, Ferrara, Zaccheroni, Del Neri), campionati deludenti, esclusioni dalle competizioni europee.

    D’improvviso, però, le luci dell’alba hanno iniziato a rischiarare il cielo, fin dall’inizio di questo campionato 2011-2012, partito con l’emozione dell’inaugurazione della “Casa bianconera”, con i due simboli della Storia juventina al centro del campo dello Juventus Stadium, seduti su una panchina a rievocare il momento della nascita della Vecchia Signora: Giampiero Boniperti ed Alessandro Del Piero, il passato ed il presente, per ritrovare – da dentro – l’essenza di questa maglia, lo spirito dell’essere vincenti. Uno spirito mostrato fin da subito, grazie alla grinta di Antonio Conte in panchina, che ha permesso di ritrovare la via maestra: una guida pragmatica, che ha incarnato fin dall’inizio i valori che servivano a questo gruppo, ossia l’unione di intenti e lo spirito di squadra. Con mister Conte allenatore, dopo le prime partite di inizio campionato, Alessandro Del Piero ha accettato di sedere in panchina, accontentandosi delle “briciole” dei minuti finali, mentre fuori dal campo il presidente annunciava all’Assemblea degli azionisti il suo addio a fine stagione.

    Alessandro Del Piero | © Giuseppe Bellini/Getty Images

    E’ rimasto nel silenzio più composto e dignitoso, da vero capitano, trovando dentro di sè la forza per continuare a esser presente fino alla fine, dando il suo contributo proprio nel momento topico della stagione, ponendo la sua firma nella partita contro l’Inter e, poi, sulla punizione che ha regalato la fondamentale vittoria contro la Lazio nei minuti finali. La sua esultanza, la sua linguaccia, la sua corsa liberatoria di quella sera di Aprile hanno significato tanto, hanno racchiuso le sensazioni di un uomo che ha portato nel cuore questi colori per tutta la vita, che ha deciso di vivere la Juventus in tutto e per tutto, che ha fatto dello stile Juve il suo stile: ecco perchè, dopo la serata emozionale del 6 Maggio, Alessandro Del Piero scrive sul suo sito che “questa è la nostra festa, conquistata fino all’ultima goccia di sudore”, rivolgendosi anche ai tifosi, quelli veri, che sono rimasti vicini alla squadra nonostante le difficoltà, e che hanno esultato per un gol in serie B così come per il gol scudetto. Le sue parole vengono da lontano, e sono il simbolo di un cerchio che si chiude nel migliore dei modi: “Io c’ero, voi c’eravate. Noi c’eravamo. E ci siamo, finalmente”. Anche se, a ben guardare, i tempi verbali adoperati sono solo il passato ed il presente, senza alcun riferimento al futuro, al domani così incerto per lui.

    Dopo una tale gioia il momento dei saluti e degli “Arrivederci” appare ancora lontano anche se, ad oggi, è distante solo due partite, la prossima contro l’Atalanta e la finale di Coppa Italia: la tristezza non deve prendere il posto della gioia incontenibile di queste ore, anche se i segnali della proprietà non sembrano rassicurare coloro che sperano ancora in un prolungamento, in un’altra firma “nero su bianco” del Capitano, considerando che il Presidente Agnelli lo ha definito uno dei simboli della Storia Juventina, augurandogli di concludere la sua ventennale avventura anche con la conquista della Coppa Italia, lasciando poco spazio alle illusioni di chi spera in un suo gesto che, oggi più che mai, sembra assolutamente dovuto.

    Ecco perchè il tempo più importante, come Alessandro stesso ha ricordato, è solo il presente, per non lasciare che nulla possa rovinare l’intensità di questa gioia tanto agognata, assaporando al massimo ogni momento, per lasciarlo impresso nella memoria, per sempre.

  • Autopsia Morosini, miocardite ipotesi morte

    Dopo il momento del dolore, dello sconcerto e dell’ultimo saluto, è il momento della verità sulla morte di Piermario Morosini, venticinquenne calciatore del Livorno stroncato improvvisamente il pomeriggio di sabato 14 Aprile, accasciandosi sul campo di calcio di Pescara, proprio durante la partita del campionato di serie B fra la squadra livornese  e quella adriatica. Giungono in queste ore, infatti, i primi risultati dell’ autopsia su Morosini – durata circa otto ore – condotta nei giorni seguenti alla sua scomparsa, che hanno mostrato un’ area cicatriziale nella zona ventricolare sinistra, che potrebbe essere una prova della causa che ha fermato il cuore di “Moro”, ossia una miocardite.

    Piermario Morosini | © Giuseppe Cacace/Getty Images

    Per avere una conferma ulteriore sarà necessario attendere l’esito degli esami più approfonditi, ossia quelli istologici, che potrebbe giungere fra un cinquantina di giorni circa: nel caso in cui l’ipotesi miocardite venisse confermata anche dall’analisi sui tessuti, la spiegazione più plausibile alla morte del giovane calciatore sarebbe che il suo apparato cardiocircolatorio sarebbe andato “in tilt” proprio a causa dell’infezione che avrebbe provocato un “danno materiale ed interrotto il circuito, causando fibrillazioni ventricolari”, così come ha spiegato il medico legale Cristian D’Ovidio. In particolare, alla luce di quanto ha precisato lo stesso dottor D’Ovidio, la corrente elettrica nel cuore “va in una certa direzione”, mentre la miocardite avrebbe provocato una sorta di “corto circuito”.

    Se tale ipotesi fosse confermata, dunque, resterebbe da capire quale possa essere stata l’infezione alla base della miocardite: secondo quanto emerge, potrebbe essere stata causata anche da un banale raffreddore o mal di gola, e il percorso “evolutivo” della problematica potrebbe esser rimasto nascosto ai controlli medico-sportivi effettuati perchè spesso tali danni sono “minimi e confondibili con anomalie congenite che si rivelano soltanto quando il circuito viene interrotto in modo tragico” così come spiega il dottor Angelucci, l’anatomopatologo dell’Università di Chieti, ossia l’istituto presso il quale è stata svolta l’autopsia.

    Si attendono, dunque, ulteriori conferme dalle analisi nel prossimo mese, così come si attendono sviluppi sulle indagini che mireranno ad accertare eventuali responsabilità nei soccorsi.

  • Cagliari – Juve alle 20:45 in contemporanea con Inter – Milan

    Cagliari – Juve alle 20:45 in contemporanea con Inter – Milan

    Ora è ufficiale: la prossima giornata di campionato, la penultima di serie A, vedrà la contemporaneità delle gare fra Cagliari e Juventus e Milan ed Inter, per garantire equo trattamento alle due contendenti allo scudetto. In tal senso, dunque, la Lega ha scelto la strada della ragionevolezza, andando oltre le logiche imposte dagli accordi con le televisioni che, da sempre, remano contro alla contemporaneità dei grandi match, prediligendo il cosiddetto campionato spezzatino, spalmato su più giorni e su più fasce orarie.

    maurizio beretta | © Vittorio Zunino/Getty Images

    Il finale di campionato al cardiopalma che si sta profilando, però, impone che vengano tutelate in primis le esigenze sportive, di campo, piuttosto che le logiche di profitto dei colossi televisivi, Sky in testa, che si era fermamente opposta allo slittamento della gara della Juventus per evitare di perdere preziosi introiti derivanti dalle due gare. Pertanto, il Derby della Madonnina e la gara del Nereo Rocco di Trieste si giocheranno entrambi alle 20.45, alla luce dello slittamento anche di Cagliari Juventus dall’ orario delle 15, concordato nel mese di Aprile, all’orario serale.

    A soli 180 minuti dal termine del campionato, dunque, nella 37 esima giornata in calendario, sarà possibile assistere a scene – peraltro tipiche di finali di stagione tanto concitati – caratterizzate da radioline ed altri mezzi di comunicazione a bordo campo ed in panchina: un occhio in campo ed un orecchio altrove, sull’asse Milano-Trieste.

    Una decisione che appare senza dubbio “saggia” e che, comunque, soddisfa sia la Juventus capolista che il Milan inseguitore, anche in virtù del fatto che il presidente della Lega Calcio Maurizio Beretta, curando i rapporti diplomatici, prima di comunicare la decisione ufficiale, ha ritenuto opportuno consultarsi proprio con Beppe Marotta ed Adriano Galliani in rappresentanza dei due club, ottenendo da entrambi il parere favorevole, anche perchè – già nelle interviste post partita di ieri – soprattutto in casa bianconera vi era stato un indirizzo favorevole al posticipo della gara con il Cagliari, espresso apertamente sia da mister Conte che da Claudio Marchisio.

    Una buona notizia che, dopo la probabile nottata insonne, farà piacere all’ambiente juventino.

  • Papera di Buffon, campionato riaperto ma non è solo colpa di Gigi

    Papera di Buffon, campionato riaperto ma non è solo colpa di Gigi

    A volte basta un piccolo errore, una macchiolina scura in un mare di luce a compromettere tutto: è stato questo il pensiero prevalente fra gli juventini, a cinque minuti dalla fine della maledetta partita contro il Lecce, che i padroni di casa conducevano per 1 a 0, con gol di Marchisio nel primo tempo, e che si sono lasciati strappare di mano, nonostante la superiorità numerica. Questa Juventus è condannata a correre, a sudare ogni minuto di gioco, a vincere dilagando: non può amministrare le gare, non è nelle sue corde. Se prima di ieri era una sensazione, tutto ciò ha preso forma di certezza, assoluta. Eppure, senza quel retropassaggio a Buffon da parte di Barzagli e senza lo stop sbagliato grossolanamente dal portiere più forte al mondo, si parlerebbe probabilmente di tutt’altro. Perchè, in sostanza, il Lecce di ieri non ha mai impensierito la difesa bianconera, nonostante nel secondo tempo la squadra di Conte sia apparsa, diversamente dal solito, meno grintosa, meno concentrata, meno “arrabbiata” e meno prolifica in zona gol, con un Quagliarella spento, un Vucinic svagato e un Vidal in calo fisico. A tutto ciò, poi, si è aggiunto il rilassamento conseguente all’espulsione di Cuadrado che, piuttosto che penalizzare il Lecce, ha cambiato l’inerzia della gara proprio a favore dei salentini, considerando che hanno potuto giocare con la testa libera di chi sente di non aver nulla da perdere. Alla Juventus, invece, è capitato l’esatto opposto, subendo quello che nel tennis viene definito “braccino”, ossia la paura di vincere, l’ansia di sentire la pressione tutta su di sè.

    Gigi Buffon | © Getty Images

    E’ una squadra cresciuta in fretta, molto in fretta, che non ha mai vissuto queste situazioni (solo Pirlo, Del Piero, Buffon hanno già vinto un campionato, ndr) e che, dunque, può non avere la freddezza determinante, anche se – finora – non aveva mai sbagliato nulla, soprattutto in questo finale di stagione, con ben otto vittorie consecutive all’attivo. Quel che preoccupa, e che dispiace, è che l’errore tecnico di ieri sia capitato proprio ad un grande uomo squadra come Gigi Buffon: di certo, lui ha le spalle sufficientemente larghe per superare questo “infortunio”, ha l’esperienza e la forza d’animo del campione, e riuscirà ad oltrepassare il momento delicato.

    Nonostante la rabbia a caldo e la delusione del post partita, sarebbe totalmente ingiusto metterlo sul banco degli imputati, anche alla luce dell’ottima stagione fin qui disputata, delle parate che – in particolare ad inizio stagione – hanno spesso salvato risultati in bilico. Un errore così non può e non deve capitare, soprattutto perchè, in un gara tanto “incerta”, non bisogna rischiare nulla, non bisogna azzardare dribbling (come quello che Gigi stesso ha mostrato nel primo tempo, ndr) nè creare situazioni al limite, pericolosi per l’esito della gara e per le coronarie dei tifosi. Invece, tutto ciò è successo nel finale thrilling, in cui sembrava ci fosse il sottofondo musicale dei film horror più riusciti, e l’immagine più eloquente dell’incredulità generale è stata l’espressione di mister Conte, con le mani nei capelli, rosso in viso, con lo sguardo basso.

    Nonostante la serata negativa e la cocente delusione del gol incassato, il segnale positivo per i bianconeri proviene dal bel gesto dei compagni di squadra che hanno subito mostrato vicinanza al loro portierone, che si è scusato immediatamente assumendosi le proprie responsabilità, evidenziando ancora una volta unità e solidità del gruppo. La Juventus, con un solo punto di vantaggio sul Milan a due giornate dal termine, dovrà assolutamente ripartire da questo: dalle sue caratteristiche, dalla sua fame di vittoria, dal suo Dna. Lotta e corsa fino all’ultimo respiro, non mollando mai. O meglio, non mollando più.

    Il video della papera di Buffon

    [jwplayer config=”15s” mediaid=”136226″]

     

    Campionato riaperto, colpa solo di Buffon?

    • Si, il suo errore è determinante (56%, 83 Voti)
    • No, tutta la squadra ha le sue responsabilità (44%, 64 Voti)

    Totale Votanti: 147

  • Lazio – Siena 1-1, i biancocelesti perdono il treno Champions

    Lazio – Siena 1-1, i biancocelesti perdono il treno Champions

    Era la partita della vita alla vigilia, ma la Lazio di Edi Reja, ormai, non riesce più a vincere: dopo la pesantissima sconfitta contro l’Udinese della scorsa settimana, giunge un pari contro il Siena, per 1 a 1, che va stretto alle ambizioni dei biancocelesti, che vedono allontanarsi il Napoli – vittorioso nell’anticipo di ieri – nella lotta per il terzo posto, e la stessa Udinese, vincente nella gara disputata oggi con il Cesena.

    Nella gara dell’Olimpico la Lazio mostra, così, tutte le fragilità evidenziate nelle ultime uscite, dalla scarsa determinazione alle disattenzioni difensive, che consentono il gol del vantaggio al Senese Mattia Destro, nonostante nella prima mezzora la squadra di Reja avesse provato a condurre la partita, con ben sette occasioni da gol, più o meno nitide, in particolare con Tommaso Rocchi, non precisissimo sotto porta anche a causa della gran giornata del portiere dei toscani Pegolo, che in alcune circostanze si mostra realmente insuperabile. La legge del calcio, dunque, è inesorabile: gol sbagliato (e nel caso della Lazio si dovrebbe parlare di gol parati, ndr) gol subito: contropiede del Siena innescato da D’Agostino per Rossi, che crossa alla perfezione per Mattia Destro che riesce a superare Biava e Diakite e realizza il gol dello 0 a 1, suo personale undicesimo centro in serie A.

    In avvio di ripresa, occasione immediata per il pareggio della Lazio, ma Kozak è impreciso e Pegolo lo ipnotizza ancora; nei primi venti minuti del secondo tempo ancora occasioni per la Lazio, ma Pegolo chiude sempre lo specchio della porta, finchè giunge il secondo episodio chiave del match: al minuto 21 Candreva si infila in area senese e rimedia un fallo da rigore. Dagli undici metri tira Ledesma che, con freddezza, riesce a battere Pegolo realizzando il definitivo pareggio per 1 a 1.

    Il finale è confuso e concitato, ma gli attacchi della Lazio sono sterili e improduttivi, a parte il brivido della traversa colpita da Kozak: la gara termina, così, con il pari che per il generoso Siena di Sannino significa aritmetica salvezza e per la grigia Lazio di Reja si traduce nella beffa del sorpasso subito da parte di Udinese e Napoli.

    Pagelle di Lazio Siena:

    Lazio:

    Bizzarri 5.5 Sostituisce lo squalificato Marchetti, non sembra perfetto in occasione del gol realizzato da Destro

    Scaloni 5 Spento, stanco e poco attento

    Diakite 5.5 Qualche responsabilità sul gol realizzato dal Siena, per il resto sbaglia poco

    Biava 5 Soffre la presenza di Destro e i suoi scatti

    Garrido 5 Dovrebbe spingere, ma non lo fa praticamente mai

    Konko 5 Generoso e volenteroso in fase di corsa, ma non è preciso

    Ledesma 6.5 Uno dei migliori dei suoi, per la precisione dei passaggi, e per la freddezza dagli undici metri che regala il pari

    Gonzalez 6 Si fa notare per qualche tiro da fuori che, però, non impensierisce Pegolo

    Mauri 5.5 E’ il simbolo del campionato della Lazio di quest’anno; quando lui girava e segnava gol eccezionali la Lazio volava: ora, invece, il centrocampista appare stanco, così come tutta la squadra

    Candreva 7 In crescita fisica e si vede: bei dribbling ed iniziative personali che gli consentono di procurarsi anche il rigore

    Rocchi 6 L’impegno e la volontà non gli fanno difetto, la precisione sotto porta oggi, invece, gli manca. Viene sostituito da Kozak a causa di un infortunio nel primo tempo

    Siena:

    Un intervento di Gianluca Pegolo, migliore in campo | © Getty Images

    Pegolo 8 In assoluto il migliore in campo: para di tutto e di più, tranne il rigore di Ledesma. “Eccezionale veramente”

    Belmonte 5 Distratto nel retropassaggio al portiere con Kozak in agguato, oltre che in altre occasioni in cui non è preciso

    Pesoli 6 Approssimativo sulla marcatura di Rocchi, ma poi cresce nella ripresa

    Contini 6.5 Attento in marcatura, neutralizza Kozak

    Rossi 6.5 Buona prova, di sostanza

    Mannini 6 Generoso corridore, buona prestazione

    Vergassola 6 Le sue giocate sono sempre preziose

    Bolzoni 5.5 Corre e lotta, gara all’insegna della generosità anche se a volte la precisione gli manca

    D’Agostino 6.5 Si mette in evidenza per le sue intuizioni preziose, come l’apertura dell’azione che porta al gol di Destro

    Brienza 5.5 Oggi avrebbe potuto fare di più

    Destro 7 Grande gara, da protagonista: segna il gol del vantaggio senese, si batte in area, procura falli e fa salire la squadra

  • Lazio – Siena, Reja lancia le due punte

    Lazio – Siena, Reja lancia le due punte

    Lazio Siena di questa sera sarà un match molto delicato per i biancocelesti, che hanno l’obbligo di vincere per restare attaccati al treno-terzo posto, ma le scelte di formazione di Edi Reja saranno influenzate necessariamente dalle squalifiche comminate dal giudice sportivo ai biancocelesti Marchetti ed Andrè Dias a seguito della rissa finale della gara del Friuli di Udine di domenica scorsa. Nonostante le difficoltà di questo finale di stagione deludente, la Lazio ha, però, l’obbligo di lottare fino al termine del campionato per la conquista di un obiettivo tanto ambito, se non altro per evitare di vanificare l’ottimo campionato disputato fino ad un mese fa. In tal senso si leggono le dichiarazioni di uno degli uomini di maggiore esperienza dello spogliatoio laziale, Cristian Brocchi, che, anche se indisponibile per la gara di stasera, carica i compagni: “La gara con il Siena è la nostra ultima spiaggia e dobbiamo mettercela tutta”. Parole che troveranno certamente d’accordo il tecnico Edi Reja che ha provato a dare carica ai suoi in vista della sfida di questa sera considerando che, almeno sulla carta, non appare proibitiva, anche alla luce del fatto che gli uomini di Sannino sono praticamente salvi, anche se la matematica non lo garantisce ancora.

    Il campionato, però, ci ha abituato spesso a sorprese clamorose ed i senesi, dal canto loro, potrebbero scendere in campo per conquistare proprio quei punti tranquillità che li separano dalla salvezza; pertanto, la Lazio dovrà esser abile a metter in campo quelle motivazioni e quella grinta in più che, nelle ultime uscite, le hanno fatto difetto, cercando di sfruttare anche il fattore campo, considerando che i senesi non hanno mai conquistato i tre punti all’Olimpico nei sette precedenti incontri. In tal senso, nonostante l’emergenza formazione (con otto infortunati e due squalificati, ndr) Reja sembra intenzionato a schierare una squadra con due punte di ruolo, Rocchi e Kozak, e con modulo 4-3-1-2, con Stefano Mauri a supporto sulla trequarti.

    Edi Reja | © Getty Images

    In porta, al posto dello squalificato Marchetti (che rientrerà alla seconda giornata del prossimo campionato) vi sarà Bizzarri, mentre nella difesa a quattro saranno schierati Konko, Diakitè, Biava e Scaloni. A centrocampo, invece, spazio al trio Gonzales, Ledesma e Candreva.

    In casa Siena, invece, il tecnico Sannino perde all’ultimo momento il difensore centrale Terzi, che verrà sostituito da Contini, a far coppia con Rossettini. Il modulo dei bianconeri toscani sarà, dunque, un 4-4-2, con Pegolo in porta, Vitiello, Rossettini, Contini, Del Grosso in retroguardia, il centrocampo formato da Mannini, Vergassola, Gazzi e Brienza, e la coppia offensiva composta da Mattia Destro e Bogdani.

    L’arbitro dell’incontro sarà il signor Celi della sezione di Bari, coadiuvato dai guardalinee Nicoletti e Romagnoli.

    Lazio Siena probabili formazioni:

    Lazio (4-3-1-2) Bizzarri; Konko,  Diakitè, Biava, Scaloni; Gonzalez, Ledesma, Candreva; Mauri; Rocchi, Kozak. A disposizione: Berardi, Garrido, Zauri, Lulic, Zampa, Cana, Alfaro. Allenatore: Reja.

    Siena (4-4-2) Pegolo; Vitiello, Rossettini, Contini, Del Grosso; Mannini, Vergassola, Gazzi, Brienza; Destro, BogdaniA disposizione: Brkic, Pesoli, Belmonte, D’Agostino, Bolzoni, Rossi, Larrondo. Allenatore: Sannino.

  • Montpellier – Evian 2-2 con rissa finale, il Psg può tornare in corsa

    Montpellier – Evian 2-2 con rissa finale, il Psg può tornare in corsa

    Il finale di stagione porta con se tensione e esasperazione degli animi, in Italia come negli altri campionati. Un esempio? Basti guardare al finale della gara di Ligue 1 Francese tra Montpellier ed Evian, terminata con il risultato finale di 2 a 2, ma caratterizzata da un clima accesissimo in campo, che ha portato ad una maxi rissa nei minuti finali. Il Montpellier, infatti, è capolista nel campionato francese, e contro l’Evian (ormai senza obiettivi stagionali) sperava di trovare una partita meno ostica, per allungare in classifica in attesa della gara dell’inseguitrice Paris Saint Germain.

    Invece, il match si è rivelato più difficile del previsto, bloccato sul pari per 2 a 2 fino all’episodio chiave del match, ossia l’assegnazione di un calcio di rigore al Montpellier, al minuto 96. Una decisione arbitrale contestatissima dai calciatori dell’ Evian ed, in particolare, dal difensore Mongongu che viene espulso insieme al numero 10 del Montpellier, Belhanda, per reciproche scorrettezze.

    Immagini di Montpellier – Evian | © PASCAL GUYOT/AFP/GettyImages

    Mentre i due si apprestano a lasciare in campo a seguito del cartellino rosso ricevuto, però, continuano a litigare, con reciproci insulti che scaturiscono, poi, in uno spintone del difensore dell’ Evian ai danni di Belhanda che reagisce con un ceffone, facendo scoppiare una mega rissa che, di lì a poco, coinvolgerà tutti i calciatori in campo ed in panchina.

    Dopo i concitatissimi minuti di parapiglia, il gioco riprende con il calcio di rigore a favore del Montpellier, di cui si incarica Camara: la lucidità e la calma, però, gli fanno difetto e, così, si fa parare il penalty dal portiere Andersen, facendo sfumare l’opportunità di portare a casa i tre punti che avrebbero mantenuto a debita distanza i parigini del Psg.

    Ora, invece, il vantaggio del Montpellier sulla squadra di Ancelotti è a quota sei punti, ma il Psg dovrà scendere in campo oggi contro il Saint Etienne e, con una vittoria, si porterebbe a meno tre dalla capolista, con tre partite che separano dal termine della Ligue 1.

    Un finale che, dunque, potrebbe accendersi improvvisamente rivelando qualche clamorosa sorpresa, anche in virtù  delle difficoltà che potrebbe riscontrare il Montpellier che potrebbe essere costretto a disputare le ultime gare di campionato senza la sua stella Belhanda, che rischia tre giornate di squalifica per i fatti di ieri.

    Video Montpellier-Evian di Ligue 1 con maxi rissa nei minuti finali:

    [jwplayer config=”30s” mediaid=”136074″]