Autore: Simona Granieri

  • I verbali di Carobbio “Conte sapeva delle combine”

    I verbali di Carobbio “Conte sapeva delle combine”

    Emergono nuovi elementi a proposito dell’ inchiesta calcioscommesse che coinvolge il Siena, allenato all’epoca dei fatti dall’attuale tecnico della Juventus Campione d’Italia Antonio Conte. L’ex calciatore senese Filippo Carobbio, che viene considerato dagli inquirenti come un elemento attendibile, infatti, ha rivelato alcuni particolari inerenti le combine nelle gare Novara-Siena ed Albinoleffe-Siena, terminate rispettivamente con i punteggi di 2 a 2 ed 1 a 0. In occasione della gara contro il Novara, secondo Carobbio, mister Conte era a conoscenza dell’accordo per raggiungere il pareggio, al punto da farne riferimento nella riunione tecnica pre gara, in cui il tecnico salentino avrebbe detto ai suoi di “poter star tranquilli in quanto era stato già raggiunto l’accordo con il Novara”.

    Per quanto concerne la gara contro l’Albinoleffe, invece, sembra che gli “accordi” risalgano addirittura all’ 8 Gennaio 2011, in occasione della gara di andata disputata a Siena, in cui l’allenatore in seconda Stellini chiese a Carobbio e Terzi di prendere accordi con gli avversari in merito alla gara di ritorno, in modo da “lasciar punti a chi ne avesse maggiormente bisogno”. Un accordo che venne raggiunto con il coinvolgimento di Bombardini e Garlini, che mostrarono la loro disponibilità e, così, la gara di ritorno (ultima del campionato di serie B 2010-2011, ndr) terminò proprio con la sconfitta di misura per i toscani, “per evitare i clamori di un risultato eclatante” e la conseguente vittoria per i lombardi, che riuscirono, così, a conquistare l’accesso ai play out. Anche in tale occasione, secondo quanto riferisce Carobbio, nella settimana prima della gara“si parlò molto fra giocatori, allenatore e società”.

    Antonio Conte © Valerio Pennicino/Getty Images

    Ed è proprio sul coinvolgimento della società toscana che l’ex bianconero fa leva, affermando con decisione che le riunioni tecniche avvenivano alla presenza di allenatore, vice, preparatore dei portieri e collaboratore e, pertanto, “è evidente che la società sapeva, anche perchè ricordo di averne parlato con Daniele Faggiano, un dirigente, braccio destro di Perinetti”.

    Se la versione di Carobbio – rilasciata lo scorso 29 Febbraio – venisse giudicata attendibile dalla Procura di Cremona, dunque, la posizione di mister Conte verrebbe incrinata seriamente, poichè all’accusa di omessa denuncia si aggiungerebbe quella ben più grave di diretto coinvolgimento nelle combine. Nel caso in cui gli venisse attribuita solo l’omessa denuncia rischierebbe fino ad un anno di squalifica, mentre nel caso in cui venisse accertata la sua partecipazione nelle combine la durata della squalifica ammonterebbe a tre anni.

    Tuttavia, il mister juventino non è ancora mai stato sentito dalla Procura e, soprattutto, le dichiarazioni di Carrobio non sono state mai confermate dalle versioni rilasciate dagli altri calciatori del Siena di Antonio Conte interrogati, come Terzi, Ficagna e Vitiello. Da altri verbali, infatti, emergerebbero versioni contrastanti con quella di Carobbio, in cui si evidenzierebbe la volontà di Conte di vincere l’ultima gara per raggiungere il primo posto in classifica e prendersi una rivincita, così, sull’Atalanta che lo aveva esonerato in precedenza.

    In riferimento all’ultima gara di campionato, poi, secondo Filippo Carobbio la vicenda di Albinoleffe-Siena non sarebbe affatto un episodio isolato ma, bensì, una prassi consolidata che si verifica in ogni ultima giornata di campionato, di cui sono a conoscenza “tutti gli addetti ai lavori del mondo del calcio”. Una situazione che l’ex senese definisce “un meccanismo più grande di me”: un meccanismo che, se confermato, rischia di gettare nuove ombre sulla credibilità di questo sport, scrivendone l’ennesima pagina nera.

  • Divorzio Lazio Reja “sono stanco, non cambio idea”

    Divorzio Lazio Reja “sono stanco, non cambio idea”

    Dopo il divorzio annunciato e poi ritirato nella stagione in corso, questa volta per Edi Reja è tempo di salutare definitivamente la Lazio, affermando a chiare lettere di “essere stanco” e di non aver alcuna intenzione di “cambiare idea”. Il tecnico goriziano, infatti, ha voluto far luce sui motivi della sua decisione, analizzando i fattori che lo hanno indotto a scrivere la parola fine sulla sua avventura in biancoceleste. Non gli screzi con il presidente Lotito o con la dirigenza – al contrario di quanto si poteva ipotizzare – bensì le pressioni eccessive provenienti dall’ambiente circostante, dalla piazza romana così esigente nonostante i risultati positivi della sua Lazio.

    Una piazza che, però, non è riuscita a valutare positivamente l’operato di Reja e dei suoi ragazzi, nonostante per due stagioni consecutive siano riusciti a centrare la qualificazione in Europa: risultati che sembrano non bastare all’ambiente laziale, “come se non avessimo fatto nulla, è triste pensare che un quarto posto non valga niente”. Le ragioni del suo addio, dunque, potrebbero essere sintetizzate con riferimento a due aspetti cruciali: la negatività dell’ambiente e le eccessive pressioni della piazza, che lo hanno ferito in alcune circostanze, come nel caso in cui – dopo le sue dimissioni prima della gara contro l’Atletico Madrid in Europa League (poi ritirate, ndr) – lo definirono“un vigliacco”.

    Edy Reja © Dino Panato/Getty Images

    La decisione di Reja, dunque, è stata comunicata informalmente al presidente Claudio Lotito, con il quale in questi giorni il tecnico è rimasto in continuo contatto telefonico, anche alla luce del fatto che, dopo l’incontro di martedì scorso a Formello, il presidente ha invitato Reja a “prendersi una settimana di riflessione” prima di qualsiasi decisione definitiva. La settimana in questione è quasi terminata e la decisione di Reja non pare assolutamente esser cambiata, come lui stesso ribadisce perentoriamente: “Non resto e non torno indietro”, declinando, così, anche la proposta del presidente di rinnovare il contratto per una stagione ancora, in prospettiva di una serie di rinforzi importanti nel mercato estivo per tentare concretamente la qualificazione alla Champions League nella prossima stagione.

    Chiuso il capitolo Reja, quindi, per Lotito e Igli Tare è tempo di guardare avanti, sondando il terreno per individuare il tecnico laziale della prossima stagione: i nomi sul taccuino sembrano essere principalmente quelli di Gianfranco Zola, Roberto Di Matteo ed anche Pierluigi Casiraghi. Sul nome di Zola, però, in queste ore è giunta una secca smentita da parte del suo agente, Fulvio Marrucco, che ha rivelato chiaramente che – dallo scorso mese di Febbraio – “non c’è stato più alcun contatto con Lotito”. Se la pista Zola dovesse essere abbandonata, dunque, potrebbe essere considerata primaria quella che conduce all’attuale tecnico del Chelsea, che domani disputerà la finalissima di Champions League contro il Bayern, anche alla luce del passato di Di Matteo alla Lazio, in cui militò per tre stagioni, proprio prima di prendere la strada di Londra. Infine, l’alternativa Casiraghi, ex biancoceleste, che ha avuto la sua principale esperienza in panchina alla guida della Nazionale Under 21: sul suo conto, dunque, i dubbi sarebbero legati proprio alla mancanza di esperienza in una squadra di club di alto livello, con le conseguenti pressioni provenienti dalla piazza laziale.

  • Lippi in Cina, è il nuovo allenatore del Guangzhou

    Lippi in Cina, è il nuovo allenatore del Guangzhou

    La notizia era nell’aria ma, da oggi, è ufficiale: Marcello Lippi, ct dell’Italia Campione del Mondo 2006, è l’allenatore del Guangzhou Evergrande, squadra cinese di Canton, vincitrice della scorsa Super League – da neo promossa – con in panchina il sudcoreano Lee Yang-soo.

    Il contratto che legherà l’ex commissario tecnico Azzurro alla formazione cinese avrà una durata di due stagioni e mezza, considerando che il campionato cinese termina nel mese di Novembre, e prevederà un ingaggio di primissimo livello, da ben dieci milioni di euro netti a stagione per il tecnico viareggino, che sarà accompagnato dal suo collaboratore storico, Narciso Pezzotti, ma anche da Massimo Maddaloni, dal preparatore dei portieri (ed ex portiere della Juventus di Lippi, ndr) Michelangelo Rampulla, e dal preparatore atletico Claudio Gaudino.

    Marcello Lippi | © AFP/Getty Images

    L’aspetto economico della nuova avventura, dunque, non può essere considerato affatto secondario, ma Marcello Lippi nella sua prima conferenza stampa in terra cinese mira a sottolineare il suo grande entusiasmo per questa esperienza che sta per intraprendere, con l’obiettivo di lasciare il segno e riprendere le vecchie abitudini, ossia le vittorie: “La società mi chiede di vincere il campionato e di fare bene nella Champions d’Asia ed io sono qui per questo, anche se ci sarà bisogno della passione e dell’impegno di tutti”.

    Deciso e pragmatico come sempre, volenteroso ed emozionato nel calarsi in questa nuova realtà, con l’obiettivo di portare lo stile di gioco italiano in Cina, profondendo il massimo impegno e la massima professionalità per raggiungere un traguardo tanto ambizioso. Di certo, i capitali da investire al club cinese non mancheranno e Marcello Lippi potrà far leva proprio sulle risorse della società per attrarre alla sua corte nomi di prestigio, da associare a quello della “stella” argentina Cuenca, giunto dal Fluminense per ben 26 milioni di euro a stagione.

    In attesa di probabili rinforzi “internazionali”, l’avventura di Lippi è già ai nastri di partenza, e domenica prossima siederà già in panchina, nell’undicesima giornata di campionato, nella gara contro gli ultimi in classifica del Qingdao Jonoon.

  • Juventus, inaugurato il J-Museum

    Juventus, inaugurato il J-Museum

    Tempismo impeccabile, senza alcun dubbio: dopo la festa per il trionfo in campionato, la Juventus celebra se stessa e la sua storia gloriosa nel Museo della propria casa, lo Juventus Stadium: uno spazio interamente bianconero, in cui trasuda lo spirito della società, in cui si respirano i 115 anni di storia del club. L’inaugurazione di ieri è stata l’ennesima celebrazione dello scudetto appena conquistato, con la presentazione della coppa tricolore che va ad aggiungersi agli altri trofei già in bacheca, e la squadra bianconera al gran completo, insieme ad alcune vecchie glorie di rilievo, da Edgar Davids a Ciro Ferrara, da Stefano Tacconi ad Antonello Cuccureddu, da Fabrizio Ravanelli a Massimo Mauro, Moreno Torricelli, Roberto Bettega, Pietro Anastasi e tanti altri.

    Al completo, poi, anche la dirigenza della società, con in testa in presidente Andrea Agnelli, che definisce con orgoglio la Juventus come “una delle quattro potenze d’Europa”, ma anche l’amministratore delegato Beppe Marotta, il consigliere Pavel Nedved, il presidente dello J-Stadium Paolo Garimberti (presidente Rai, ndr), oltre che John Elkann presidente della Fiat e dell’Exor – titolare del pacchetto di maggioranza della Juventus S.p.A. – che si è detto “colpito per gli stimoli che questo museo può dare, per tutti i grandi momenti che la Juve ha dato e per la solidità che la squadra ha mostrato nel corso della sua storia”.

    Inevitabile, dunque, che nel giorno dell’ennesima parata bianconera le dichiarazioni dei presenti fossero all’unisono rivolte a celebrare la straordinaria cavalcata degli uomini di Antonio Conte, ma anche già proiettate alla finale di Coppa Italia contro il Napoli, che potrebbe regalare subito un trofeo da aggiungere alla suggestiva stanza dei trofei del museo: un locale già ricco di coppe scintillanti, ma anche di video vintage in perfetto connubio con la più recente tecnologia interattiva, che rende possibile vivere le partite a contatto virtuale con le glorie della storia juventina. Il museo, poi, presenta anche una sezione dedicata alla tragedia dell’Heysel del 1985, con un totem in ricordo delle 39 vittime ed, in tal senso, alla cerimonia di inaugurazione erano presenti anche i loro parenti.

    A celebrazione delle glorie juventine, invece, è stata adibita una speciale hall of fame, con i plastici degli stadi in cui la Juventus è scesa in campo, e con le maglie dei 36 giocatori bianconeri che hanno collezionato più presenze, fra cui spicca, naturalmente, il recordman assoluto, il simbolo della storia, Alessandro Del Piero, a quota 704.

    Da ricordare, poi, anche la sezione dedicata ai Pallone d’Oro dei giocatori bianconeri, con l’ultimo – in ordine cronologico – conquistato da Pavel Nedved nel 2003, ma anche la stanza dei “palloni storici”, in cui compare, naturalmente, anche quello dell’ultimo scudetto conquistato.

    John Elkann e Andrea Agnelli | © Giuseppe Cacace/Getty Images

    Un museo di sicuro interesse per i tifosi, che rappresenta una celebrazione di quanto è stato, e di quanto sarà, mantenendo fermi i passaggi cruciali della storia della società, che verranno riproposti dall’enciclopedia interattiva, che racconta tutte le tappe della squadra, con un inevitabile riferimento anche alla parentesi Calciopoli, impresso anche su un pannello speciale, che riporta la frase eloquente “Dal Paradiso all’Inferno e ritorno”, per non dimenticare.

    Lasciando il passato alle spalle e guardando al futuro, però, il tempio della storia bianconera appare come un ulteriore tassello per portare la Juventus a competere, anche a livello di brand, con le grandi del calcio europeo, regalandosi uno spazio autocelebrativo ma, soprattutto, un’ulteriore fonte di guadagni sicuri, da associare ai diversi sold out stagionali dello Stadium.

    L’ulteriore crescita della Juventus passerà, dunque, anche da qui e, da oggi pomeriggio alle ore 14, dopo l’inaugurazione di ieri, il Museo sarà aperto ai tifosi-visitatori che ne rappresenteranno, come sempre, il vero cuore pulsante.

  • Di Canio accusato di razzismo, la FA apre indagine

    Di Canio accusato di razzismo, la FA apre indagine

    Brutta storia per Paolo Di Canio, ex stella della Lazio e del West Ham ed attuale allenatore dello Swindon, club inglese che ha centrato – proprio con Paolo in panchina – la promozione dalla League Two alla League One, ossia la serie C inglese. Nonostante il successo sportivo appena raggiunto, infatti, la Football association britannica ha aperto un’inchiesta per accertare alcuni comportamenti razzisti che l’ex biancoceleste avrebbe adottato nei confronti di un giocatore di colore che ha militato nella propria squadra, alias Jonathan Tehoue, che lo Swindon aveva rilevato in prestito a stagione già in corso, e che poi ha lasciato il club prima della fine del campionato, nel mese di marzo, soprattutto perchè non riusciva a trovare spazio in campo, raccogliendo solo una presenza dal primo minuto. In quell’occasione Di Canio aveva parlato apertamente di demeriti sportivi del giocatore, precisando che l’esclusione era stata motivata solo da “una decisione tecnica, perchè non è bravo come pensavo”, mentre le accuse di razzismo piovuto in questi giorni sembrano voler trovare un collegamento anche con quella decisione.

    Paolo Di Canio | © Getty Images

    In particolare, i fatti riguarderebbero il discorso di fine stagione pronunciato da Di Canio alla squadra (quindi non in presenza di Tehoue, ndr) in cui avrebbe pronunciato frasi razziste all’indirizzo di Tehoue, che i suoi ex compagni di squadra gli avrebbero, poi, riferito. Le parole di Di Canio hanno ferito molto l’ex calciatore dello Swindon, che si è subito rivolto al presidente del club, Nicholas Watkins, che avrebbe predisposto dapprima un’indagine interna, per sentire la versione dei fatti dello stesso allenatore, prima che scattasse il coinvolgimento della Federazione. In tal caso, però, non è emersa ancora con chiarezza quale sia stata la posizione del club in merito alla vicenda ed alle responsabilità del coach, anche perchè Di Canio ha deciso di non rilasciare alcuna dichiarazione in proposito e la stessa società pare essersi chiusa nel più assoluto riserbo in attesa degli sviluppi dell’indagine della Federazione, limitandosi a riferire, tramite un proprio portavoce, che “la vicenda è nelle mani dei nostri avvocati”.

    La vicenda, dunque, appare ancora tutta da accertare, anche se sui tabloid inglesi ed, in particolare sul Daily Mail, in questi giorni non mancano i ripetuti riferimenti al “credo politico” di Paolo Di Canio, più volte ostentato quando giocava in maglia laziale, mostrando il saluto romano, tipicamente fascista, alla Curva Nord. In tali occasioni, Di Canio ha precisato di “essere fascista e non razzista” ma, se l’inchiesta della F.a. inglese dovesse andare avanti, gli occorrerà una difesa ben più solida, anche in virtù del fatto che in Inghilterra l’ accusa di razzismo porta con sè non solo sanzioni dal punto di vista sportivo ma anche sanzioni penali e pecuniarie, come già accaduto nel caso dell’attaccante del Liverpool Suarez, protagonista di insulti razzisti contro Evra del Manchester United puniti  con otto turni di squalifica ed un’ammenda da quaranta mila sterline, oltre che nel caso di John Terry, protagonista di ingiurie nei confronti di Anton Ferdinand del Qpr, un caso che, anche se ancora aperto (dovrebbe concludersi nel prossimo mese di Luglio, ndr) fece perdere al difensore del Chelsea la fascia da capitano della Nazionale di Sua Maestà.

  • Marchisio e lo “scudetto di tutti” pensando alla Coppa Italia

    Marchisio e lo “scudetto di tutti” pensando alla Coppa Italia

    Il tempo dei festeggiamenti scudetto è già archiviato in casa Juventus – almeno per ora – considerando che ieri la squadra è tornata a Vinovo per preparare la finale di Coppa Italia in programma allo stadio Olimpico di Roma domenica sera contro il Napoli: obiettivo “double”, dunque, per chiudere al meglio un’annata straordinaria e renderla super, per salutare ancora una volta il Capitano con un trofeo da alzare al cielo. Tutti questi sono i temi della finale dell’Olimpico in casa bianconera, ma anche la fame di Conte che, di certo, non si sazia solo con la vittoria del campionato, considerando che il tecnico ha ridato all’ambiente la mentalità giusta per vincere, dopo tanti anni di digiuno, facendo leva proprio su “quel fuoco e quella voglia che ci hanno portato a compiere questo percorso che è iniziato con lo scudetto ma che vogliamo portare avanti con la Coppa Italia”.

    Questa l’analisi compiuta da uno dei maggiori protagonisti del campionato bianconero, Claudio Marchisio, già proiettato alla finalissima di domenica, di cui sottolinea la temibilità dell’avversario partenopeo, rimarcando la difficoltà delle partite disputate in campionato contro la squadra di Walter Mazzarri, sia nella gara di andata che di ritorno, definendo le due gare contro gli azzurri “due periodi importanti del nostro campionato”: all’andata il centrocampista osservò la gara dalla tribuna, percependo la difficoltà del match, che poi terminò con un rocambolesco pareggio, mentre al ritorno – allo Juventus Stadium lo scorso 1 Aprile – osservò dal campo la vittoria bianconera, che segnò un passo fondamentale verso l’obiettivo finale.

    Claudio Marchisio con la coppa © GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images

    La serata di domenica sarà, dunque, un match da vivere appieno, ma con la consapevolezza delle difficoltà che potrà riservare, data la forza degli avversari e le loro motivazioni in campo; pertanto, la Juventus dovrà puntare ancora una volta sulle sue caratteristiche migliori, ossia la voglia di vincere, la solidità del gruppo ed il gioco, le tre “chiavi di volta” della stagione bianconera, che ha avuto diverse impronte, come lo stesso Marchisio ricorda nell’intervista rilasciata a Sky, sottolineando, in particolare, il contributo di coloro che hanno avuto meno visibilità, ma che sono stati comunque determinanti ed “impressionanti” secondo il centrocampista bianconero. In particolare, gli arrivi del mercato di Gennaio, Marco Borriello (in gol a Cesena) e Martin Caceres (determinante proprio nelle gare di coppa Italia), ma anche Emanuele Giaccherini, rivelatosi duttile e prezioso quando è stato chiamato in causa, ed il giovane Marrone, che ha trovato il gol nella passerella finale contro l’Atalanta mostrando ottime prospettive future.

    Se quello della Juve è stato lo “scudetto di tutti”, secondo il “Principino”, il merito è anche loro, così come è stato fondamentale il contributo “delle persone che ci hanno sempre dato una grossa mano, che hanno fatto sì che non ci mancasse nulla, dimostrando grande amore nei nostri confronti”.
    Il percorso intrapreso è appena cominciato e merita di essere portato avanti, aprendo un ciclo – in accordo con quanto sostenuto dal compagno di reparto Andrea Pirlo – e puntando a rinforzarsi anno dopo anno, per competere al livello delle più grandi, considerando il ritorno della Juventus nell’Europa che conta, ossia la Champions League.

  • Dalla festa alle lacrime, Del Piero “Grazie di tutto”

    Dalla festa alle lacrime, Del Piero “Grazie di tutto”

    Il momento dei saluti è sempre il più triste perché porta con sè, in poche istantanee, i ricordi di quello che è stato, di quello che si è condiviso, di un percorso intrapreso insieme. Nel caso di un uomo simbolo come Alex Del Piero, diciannove anni con la stessa maglia, la commozione, le lacrime, i cori di ringraziamento sono solo l’esternazione tangibile di un rapporto profondo, quasi familiare, con tutti coloro che lo hanno ammirato e sostenuto, prima come ragazzo, poi come uomo, come calciatore decisivo in campo, come
    simbolo di una squadra e dei valori che quella maglia incarna.

    Era doveroso un tributo, come quello che l’intero Juventus Stadium gli ha riservato domenica scorsa, ma era doveroso anche un bagno di folla, per salutare meglio coloro che non erano presenti nel “tempio”: d’altronde, mister Conte lo aveva “ordinato” ai calciatori, incitando tutti a festeggiare a dovere questo scudetto affinchè rimanesse bene impressa nella memoria l’atmosfera di euforia ed entusiasmo che, da Trieste in poi, si è propagata da Torino all’intera Italia bianconera.

    La squadra ha seguito di buon grado l’invito del suo mister, festeggiando sul pullman scoperto che ha attraversato le strade di Torino, partendo proprio dallo stadio e proseguendo per Porta Susa, Via Micca, Piazza Castello, terminando il suo percorso al Parco del Valentino: lo ha fatto cogliendo a pieno lo spirito della celebrazione, agitando simboli con il numero “30”, riproponendo il cerimoniale della consegna della Coppa scudetto, intonando i cori da stadio, fomentando i 400 mila assiepati ai bordi delle strade, sulle pensiline dei tram, sui tetti delle edicole. Atmosfera da brividi, di un’intensità difficilmente descrivibile a parole, che si percepiva sui visi dei presenti, ragazzi, bambini, anziani, intere famiglie giunte per celebrare il ritorno della Signora alle vecchie abitudini.

    Del Piero e Buffon festeggiano | Il Pallonaro

    Ma non solo: in una perfetta altalena di emozioni, fra la dolcezza e la nostalgia, fra l’euforia ed il velo di malinconia, su quel pullman scoperto c’era – anche e soprattutto – il Capitano, con la sua tuta gialla, il suo sorriso emozionato e discreto, la sua voglia di godersi ancora l’affetto della sua gente, che lo invoca, lo fotografa, gli tributa applausi all’insegna di “Grazie di tutto, Del Piero grazie di tutto”: il suo sguardo incrocia per qualche istante gli occhi di chi, fino a quel momento, lo aveva seguito e ammirato solo da lontano, apprezzando l’essenza profonda che quell’uomo di 38 anni ha rappresentato per i colori della Juventus. Noi che lo abbiamo visto sbocciare come un fiore a primavera, consacrato nell’Olimpo dei più grandi, che lo abbiamo visto piangere di dolore per l’infortunio del ’98, soffrire per le critiche e l’astinenza da gol, che lo abbiamo visto segnare a Bari, tenendo per sé l’immenso dolore interiore. Lo abbiamo visto diventare campione del Mondo e poi scendere in serie B, sempre con la fascia da capitano stretta al braccio, con l’umiltà di sempre, con lo stile di pochi. Lo abbiamo visto riportare per mano la sua squadra in serie A, diventare papà di Tobias, poi di Dorotea e di Sasha, raccogliere la standing ovation del Bernabeu, commuoversi per l’ultimo gol, l’ultimo giro di campo, l’ultimo saluto alla curva che lo osanna, e che piange più di lui nel giorno dei saluti. Lo abbiamo visto, sul pullman scoperto, stringere forte la Coppa dello scudetto, alzarla più volte al cielo, al fianco di Gigi Buffon amico-compagno di tante battaglie che, insieme agli altri, gli ha dedicato più volte il “suo” coro, quello più significativo e rappresentativo: “Un Capitano, c’è
    solo un Capitano”.

    Un altro sorriso sul suo viso, le mani alzate a salutare la folla, in un tripudio di decibel ed emozioni, e poi il gesto più bello ed intenso, un inchino, ennesimo segno di gratitudine al popolo bianconero, di infinito amore e stima reciproca, un legame che resterà indelebilmente simbiotico. Un’immagine realmente emozionante, di quelle che restano impresse nella memoria per sempre, di quelle che regalano la piacevole sensazione di aver vissuto e goduto appieno l’atmosfera di un momento che rimarrà nel cuore, nonostante
    gli eventi futuri, perché la Storia rimane, sempre e per sempre.

    Foto di Simona Granieri

  • Neymar stellare, Ganso fa il fenomeno. Video

    Neymar stellare, Ganso fa il fenomeno. Video

    Uno show incredibile quello del Santos negli ottavi di ritorno di Coppa Libertadores disputati ieri, con la roboante vittoria ottenuta dai brasiliani per 8 a 0 ai danni dei boliviani del Bolivar, riuscendo a ribaltare nettamente il risultato di 2 a 1 della gara di andata disputata a La Paz, a 2800 metri di altezza. In grandissimo spolvero le stelle della squadra brasiliana, e su tutti la coppia Neymar Ganso , entrambi autori di una doppietta: per Neymar è stata raggiunta  la quota di 106 gol, divenendo il miglior marcatore del Santos nell’epoca post-Pelè, a soli vent’anni d’età

    Una gara che, il talentino verdeoro Neymar, ha disputato “con il sangue agli occhi”, come lui  stesso ha dichiarato a fine partita, sottolinenado che “quando il Santos decide di giocare a calcio non ha rivali” e mostrando tutte le sue caratteristiche tecniche ed il suo genio, irridendo a tratti gli avversari, forse anche per vendicare l’increscioso episodio dell’arancia che, nella gara di andata in Bolivia, gli era stata tirata addosso dagli spalti.

    Neymar | © YASUYOSHI CHIBA/AFP/GettyImages

    Per Ganso, invece, due marcature di pregiatissima fattura, una su colpo di tacco ed un’altra su calcio di punizione magistrale: gli altri quattro gol dell’incontro sono stati realizzati, invece, da Elano (il gol di apertura ed il 6 a 0), da Kardec al 30′, e da Borges, che ha messo ha segno il definitivo 8 a o al minuto 61.

    Nei quarti di finale della Copa Libertadores il Santos incontrerà, dunque, gli argentini del Velez Sarsfield, che hanno ottenuto il tagliando  qualificazione in virtù del pareggio per 1 a 1 ottenuto contro l’ Atletico Nacional, mentre le altre squadre che hanno raggiunto i quarti della “Copa” sono gli argentini del Boca Juniors, il Vasco da Gama, il Corinthians, il Fluminense (che ha sconfitto l’Internacional per 2 a 1), i paraguayani del Libertad (che hanno eliminato il Cruz Azul) e l’Universitad de Chile (che ha eliminato il Deportivo Quito vincendo con un roboante 6 a 0 la gara di ritorno).

    Con il mercato in Europa pronto ad entrare nel vivo le giocate della coppia Neymar Ganso non possono che far aumentare le proprie quotazioni facendo rivivere i tormentoni della scorsa estate.

    Il video di Santos Bolivar terminata per 8 a 0:

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  • Luis Enrique addio Roma. Montella favorito su Villas Boas

    Luis Enrique addio Roma. Montella favorito su Villas Boas

    L’addio era nell’aria, ma l’ufficialità si è avuta solo ieri, con lo stesso Luis Enrique che ha salutato la squadra sul campo di Trigoria dopo l’allenamento, anche se condurrà la Roma nell’ultima gara di campionato contro il Cesena. Nella prossima stagione, dunque, il tecnico asturiano non siederà più sulla panchina giallorossa, e ne ha spiegato lui stesso i motivi, parlando con chiarezza alla squadra riunita al centro del campo di allenamento: un discorso durato circa dieci minuti, in cui si è assunto le colpe del fallimento di questa stagione, ritenendo di non aver dato il 100 % per valorizzare la squadra, considerando questa esperienza come “una sconfitta, ma non me la prendo con nessuno”.

    Eppure, l’addio del tecnico non può essere ricondotto a pressioni negative da parte dei vertici societari che, anzi, fino all’ultimo hanno difeso la loro scelta, con lo stesso Franco Baldini che – durante una contestazione all’Olimpico – aveva lasciato intendere in maniera provocatoria che, se fosse andato via Luis Enrique, avrebbe lasciato la Roma anche lui stesso. Una delusione, dunque, per lo stesso Baldini che ha osservato da una delle terrazze che dominano il campo di allenamento il saluto del tecnico spagnolo, anche se il d.g. romanista si è affrettato a ribadire che, nonostante tutto, “il progetto Roma non è assolutamente fallito anche perchè aveva come obiettivo proporre un certo tipo di gioco, che in alcune gare della stagione la squadra ha saputo mostrare”.

    Luis Enrique, dunque, dopo l’ultima di campionato tornerà con tutta probabilità ad allenare in Spagna, mentre la Roma dovrà trovare al più presto un successore, che sia in grado di restituire stimoli alla squadra e di condurla ai risultati che quest’anno non sono giunti: in pole position nella “volata panchina” potrebbe esserci, pertanto, un tecnico che – a differenza di Enrique, esordiente in serie A e non abituato alle pressioni del nostro calcio – conosce bene il campionato ed, in particolare, la piazza romanista e le sue esigenze.

    Luis Enrique | © AFP/GettyImages

    Il nome in questione è quello dell’ex aeroplanino Vincenzo Montella, attaccante della Roma scudettata di Capello, allenatore-traghettatore del post-Ranieri lo scorso anno, e tecnico rivelazione della stagione con il Catania, cui ha saputo conferire un ottimo gioco, ammirato da tutti ed in grado di valorizzare al massimo i talenti a sua disposizione, oltre che risultati importanti, che hanno condotto la squadra etnea ad una salvezza più che serena.

    Il Catania, però, secondo quanto espresso dallo stesso presidente Pulvirenti, non pare così intenzionato a lasciarsi scappare il tecnico campano, soprattutto alla luce del fatto che lo lega al club rossoazzurro un altro anno di contratto: pertanto, tutte gli accostamenti di Montella alla Roma, secondo il presidente catanese, sarebbero “solo chiacchiere”.

    L’alternativa, in caso di mancato approdo di Montella, potrebbe essere il portoghese Villas Boas, soprannominato Special Two: sulla questione, il suo manager Carlo Goncalves si è definito possibilista, anche se ha preferito rimandare eventuali dichiarazioni al termine del campionato, affermando che “solo dopo la fine del campionato prenderemo in considerazione le varie offerte che arriveranno”.

    L’ambiente giallorosso, però, sembra reagire in maniera molto fredda alla soluzione portoghese sulla panchina, preferendogli nettamente Vincenzo Montella: un modo per dire che il tempo degli “esperimenti” è finito.

  • Juve ritorno Giovinco, il Parma alza il prezzo

    Juve ritorno Giovinco, il Parma alza il prezzo

    Con lo scudetto ormai conquistato, il pensiero alla festa scudetto contro l’Atalanta, e la Coppa Italia nel mirino, la Juventus inizia a pensare a come rafforzare la propria rosa in vista della prossima stagione che, in ogni caso, sarà differente da quella che è in procinto di concludersi, se non altro per la partecipazione alla Champions League, che imporrà alla dirigenza bianconera qualche innesto importante. Fra questi, un capitolo a parte lo merita la questione Sebastian Giovinco, fantasista classe 1987, in comproprietà con il Parma. La formica atomica in questo campionato in Emilia ha saputo mettersi in gran luce, realizzando 15 gol e conducendo il Parma ad una salvezza più che tranquilla, mostrando un processo di crescita assolutamente significativo, soprattutto in termini di continuità di rendimento: Antonio Conte non ha mai nascosto la sua stima e la sua grande considerazione per il talentino cresciuto nelle giovanili bianconere, anche perchè lo considera molto ben adattabile alla sua concezione tattica.

    Sebastian Giovinco | © Claudio Villa/Getty Images

    La Juventus, dunque, avrebbe tutta l’intenzione di riscattare Giovinco, anche se – considerando gli altri investimenti che dovrà compiere sul mercato – non vorrebbe spendere una cifra eccessiva per il cartellino. D’altro canto, il Parma sembra intenzionato a realizzare un buon guadagno dall’operazione, così come ha confermato lo stesso d.s. Leonardi che ha annunciato che “la Juventus non avrà vita facile nel riscattare Giovinco”. La questione economica è la seguente: il Parma valuta 20 milioni di euro il cartellino complessivo di Sebastian Giovinco e, dunque, la Juventus dovrebbe versare 10 milioni per il completo riscatto; la Juventus vorrebbe spendere molto meno anche se, d’altra parte, vorrebbe evitare il pericolo di giungere “alle buste” perchè, in tal caso, ci sarebbe il rischio di lasciarsi scappare il giocatore, che il Parma potrebbe poi vendere al migliore offerente, considerando che le pretendenti non mancano affatto. In molti, infatti, accostano il nome di Giovinco al Napoli di De Laurentiis, anche alla luce di alcune dichiarazioni sibilline di Claudio Pasqualin, procuratore di Giovinco, che qualche mese fa ebbe un incontro con Riccardo Bigon, in cui il dirigente partenopeo volle mostrare tutta l’ammirazione e la considerazione da parte del Napoli nei confronti del giovane attaccante; in tal senso, il procuratore di Giovinco rivela che: “Un giorno ne parlammo, fu una chiacchierata, quanto bastò per sapere che c’era stima nei confronti del ragazzo.

    L’apertura al Napoli, potrebbe esser considerata come una pista di disturbo, un modo per “metter pressione” alla Juventus ed indurla ad affrettare i tempi e a rivedere le considerazioni economiche per evitare che l’operazione Giovinco possa sfumare: una circostanza che,  nel club di Corso Galileo Ferraris vogliono evitare fermamente soprattutto perchè – nel caso in cui l’addio di Alex Del Piero divenisse malauguratamente realtà  – l’arrivo (anzi, il ritorno) di Sebastian Giovinco sarebbe una soluzione primaria, anche considerando che, al contrario di quanto accaduto nella sua prima esperienza in maglia bianconera, non sarebbe più considerato “vice”, secondo nella gerarchia dei fantasisti al “totem-Alex”, ma potrebbe giocarsi le sue carte ad armi pari con gli altri attaccanti in rosa, considerando e facendo leva proprio sull’unicità delle sue caratteristiche tecniche, oltre che sulla sua voglia di “tornare a casa” dimostrando di essere diventato grande.