Autore: Simona Granieri

  • Futuro Del Piero, “cartellino ritorna mio per qualche giorno”

    Futuro Del Piero, “cartellino ritorna mio per qualche giorno”

    Ormai è diventata una piacevole abitudine quotidiana per i tifosi di Alessandro Del Piero visitare la sua pagina Facebook ed essere, così, aggiornati direttamente da lui a proposito di cosa accadrà nel suo prossimo futuro. Dopo aver postato i vari incoraggiamenti agli Azzurri alla vigilia di ogni partita dell’Europeo, dopo aver segnato con un ulteriore saluto il suo passo d’addio ufficiale alla Juventus – lo scorso 30 Giugno – è arrivato il momento di cambiare immagine del profilo, compiendo un tuffo nei suoi ricordi d’ infanzia, legati alla stagione 1987-1988, quando ebbe il suo primo cartellino, all’età di tredici anni, per l’A.C. San Vendemiano, la squadra del suo Paese, nella provincia trevigiana. Alessandro, dunque, ha pubblicato sul social network proprio l’immagine di quel cartoncino rosa, che riportava la scritta “settore giovanile e scolastico”, intestato a “Del Piero Alessandro”, riportando prima il cognome e poi il nome, come si usa fare a scuola.

    Futuro Del Piero, il suo cartellino resterà libero ancora per poco | ©Paolo Bruno/Getty Images

    Ricordi di una vita fa, per lui, anche se sonno passati 24 anni da quel momento che, per il giovane Alessandro (non ancora Alex, ndr) significava davvero molto: avere una squadra, una maglia con il proprio nome, un borsone con il logo della propria società, un numero da associare alla propria posizione in campo. Era solo il primo passo verso quella che è stata una carriera straordinaria e plurititolata, verso un percorso da incorniciare che lo ha reso uno dei calciatori più importanti della Serie A di tutti i tempi, oltre che il simbolo dell’ultimo ventennio bianconero.

    E’ bello, dunque, immergersi in ciò che era, nel ricordare il punto di partenza, per dare ancora più valore a quello che è stato. Parlare al passato, però, non è appropriato perchè per Alessandro Del Piero (questa volta prima il nome e poi il cognome, ndr) nel futuro ci sarà ancora qualche sfida importante e stimolante. Lo ha confermato lui stesso, con una frase che lo lascia intendere chiaramente: “Oggi, 24 anni dopo quel cartellino è ritornato a casa senza alcun proprietario, a parte me. Ci resterà solo per qualche giorno…”

    Solo qualche giorno, dunque, e poi conosceremo la sua prossima destinazione, la sua nuova maglia ed il nome della squadra che lo accoglierà a braccia aperte perchè, nonostante i 38 anni compiuti, Alessandro Del Piero ha ancora tante motivazioni da esprimere in campo, ed ha ancora la voglia di giocare, di divertirsi in campo, di rincorrere il pallone, fare gol e mostrare la sua celebre linguaccia. Tutto ciò ha determinato la sua scelta di lasciare la sua casa di sempre, la Juventus, perchè non lì non c’era più spazio per lui in campo, non lo vedevano più come calciatore.

    Lui vuole “Giocare ancora” e lo ha espresso in maniera più che chiara, intitolando così anche il suo ultimo libro, e lo farà di certo all’estero. Per ora, solo questo è dato sapere, anche se l’attesa per maggiori dettagli non dovrebbe essere troppo lunga, considerando che lo stesso Ale ha precisato che il suo cartellino rimarrà libero solo per pochi giorni e che, “nel frattempo, sto già lavorando per farmi trovare pronto quando sarà il momento giusto. Le motivazioni non mi mancano e sto affrontando assieme al mio staff questo primo periodo di preparazione individuale con la gioia di sudare e faticare, per rincorrere il prossimo traguardo”.

    Il prossimo traguardo, dunque, è già all’orizzonte e lui ha iniziato ad inseguirlo, con la tenacia e la determinazione di sempre.

  • Glasgow Rangers “The end”, esclusi da Scottish Premier League

    Glasgow Rangers “The end”, esclusi da Scottish Premier League

    Non c’è storia che tenga, non c’è passato glorioso che permetta di evitare tutto ciò: il club più titolato al mondo, fondato nel 1872 e con ben 114 titoli in bacheca, non esiste più. Era già nell’aria da tempo, ma ora la notizia ha il sapore secco e inappellabile dell’ufficialità. I Glasgow Rangers, infatti, sono stati esclusi dalla Scottish Premier League, il campionato scozzese, a causa di gravissimi problemi finanziari e, dunque, nella prossima stagione con tutta probabilità saranno iscritti al campionato di terza divisione, considerando che, dopo la proposta di iscrizione in seconda divisione, 11 club su 30 si sono schierati contro tale circostanza.

    Per tal ragione, la proposta sarà nuovamente sottoposta a voto, il prossimo 12 Luglio, ma l’esito negativo sembra praticamente scontato così come accaduto nel caso del “primo atto” della vicenda, quando la Scottish Premier League aveva escluso con riserva i Glasgow Rangers, affidando la scelta definitiva al voto dei rappresentanti degli altri club, che si sono orientati verso un “no” .fermo e deciso alla riammissione, senza sconti nè privilegi legati al blasone del club: un orientamento all’insegna della linea dura, dunque, o meglio “hard line” come l’hanno definito i quotidiani britannici.

    Glasgow Rangers | © Clive Brunskill/Getty Images

    Prima di porre in liquidazione il club, però, si era provato ad evitare tale situazione con il tentativo in extremis da parte di Charles Green, ex proprietario dello Sheffield United, per tentare di riappianare il buco di ben 93.5 milioni di euro di debiti nei confronti del fisco britannico, ma non è stato sufficiente: il piano di rientro proposto, infatti, è stato rigettato e la società è stata, appunto, messa in liquidazione, con la successiva costituzione di un nuovo consorzio – guidato dallo stesso Charles Green – che ha acquistato gli assets della società per la cifra di 6 milioni di euro circa.

    Cancellati i Glasgow Rangers,  che nello scorso campionato 2010-2011 avevano vinto il loro ultimo scudetto, di riflesso non esisterà più il derby con gli storici rivali del Celtic Glasgow, quello che veniva denominato “Old Firm“.

    Una situazione che, dunque, per cause di forza maggiore andrà ad interrompere il consolidato duopolio, che – dal 1985 (anno in cui il titolo venne conquistato dall’Aberdeen dell’allora giovane Alex Ferguson, ndr) ad oggi – ogni anno ha visto o il Celtic  o i Rangers conquistare il titolo scozzese, in una monotona quanto affascinante alternanza, che ha regalato agli stessi Rangers ben 54 titoli di Scozia complessivi.

    I rivali storici del Celtic, peraltro, hanno votato contro la riammissione dei Rangers, motivando con dovizia di particolari la loro decisione sul sito ufficiale del club, mirando a sottolineare come “la decisione di negare ai Rangers l’iscrizione alla prossima Scottish Premier League sia importnatissima, perchè il Celtic ha un piano strategico ed economico indipendente dalle sorti degli altri club”. 

    Nonostante ciò, però, l’esclusione dello storico club dalla serie A scozzese comporterà un inevitabile effetto boomerang negativo sul campionato, che costringerà tutti gli altri club ad “unire le forze” in una necessaria sinergia per tentare di non far calare drammaticamente i ricavi commerciali dell’intero movimento, connessi al “venir meno” di uno dei club di maggiore appeal anche a livello internazionale, che porterà sicuri effetti negativi anche a livello di introiti da merchandising.

  • Cavani, segnali alla Juve “Napoli disposto a trattare”

    Cavani, segnali alla Juve “Napoli disposto a trattare”

    Sarà stata solo una battuta, o forse qualcosa di più, ma l’esternazione di Edinson Cavani è destinata a divenire un bel boomerang o, perlomeno, a far parlare molto in questi roventi giorni di calciomercato. Una precisa domanda, una risposta ironica e scherzosa, che però potrebbe lasciare intendere qualcosa sul suo futuro, coinvolgendo il Napoli e le sue innumerevoli corteggiatrici.

    La dichiarazione è stata rilasciata all’emittente uruguayana Surayado, rispondendo ad una punzecchiatura del conduttore, che gli aveva chiesto come si sentisse ad avere un valore di 100 milioni di euro: Edinson ha ribattuto con una punta di sorpresa, ed ha “passato la palla” indirettamente al Presidente De Laurentiis, affermando che – se dovesse arrivare qualche concreta offerta per lui al Napoli – il presidente si siederebbe al tavolo delle trattative con calma e ragionevolezza, e sarebbe anche disposto a chiedere meno, perchè “a lui piace giocare e sparare certe cifre ma è un bravo uomo d’affari, disposto a trattare”.

    Parole importanti, dunque, che potrebbero lasciare il segno poichè potrebbero essere lette come un chiaro “segnale” da parte del Matador, rivolto ai grandi club a lui potenzialmente interessati, affinchè non abbiano timore di farsi avanti con il presidente partenopeo perchè, in fondo, il margine di trattativa esiste. Una rassicurazione inviata all’indirizzo di tutti quei top club che sognerebbero ad occhi aperti l’ingaggio di uno degli attaccanti più forti in circolazione: Juventus, Manchester City e Chelsea su tutte.

    Edinson Cavani  apre al Calciomercato| © FILIPPO MONTEFORTE/AFP/GettyImages

    Per quanto riguarda il club bianconero, l’operazione Cavani è, naturalmente, un’opzione di primo livello nella ricerca del famigerato top player d’attacco, al pari dell’olandese Robin Van Persie (il primo nella lista di mister Conte, ndr) e preferita rispetto all’altro uruguaiano Luis Suarez del Liverpool che, invece, sarebbe una scelta più “economica”. Finora, però, Paratici e Beppe Marotta  erano stati frenati dalla dichiarata volontà del Napoli di trattenere il calciatore o, comunque, di valutarlo con una cifra esorbitante. I sondaggi e le trattative per Suarez, dunque, potrebbero lasciare posto ad un avvicinamento alla società napoletana nei prossimi giorni, perlomeno per “risondare” il terreno e valutare le effettive possibilità di trattativa esistenti.

    Cavani, inoltre, rispetto a Robin Van Persie e Luis Suarez ha l’indiscutibile vantaggio di conoscere già perfettamente il campionato di serie A, e di avere un ingaggio inferiore rispetto a quello delle altre due opzioni, considerando che il suo attuale stipendio al Napoli è di 2 milioni di euro a stagione più bonus e che potrebbe essere sufficiente un ritocco di circa un milione in più a stagione per fargli gola.

    La Juventus dovrà sferrare l’attacco decisivo se vorrà accaparrarselo prima che le concorrenti inglesi facciano la loro parte e potrebbe decidere di inserire nella trattativa anche qualche contropartita tecnica che potrebbe essere gradita al Napoli: oltre ad un’offerta cash di 25 milioni di euro, potrebbe cedere il cartellino del centrocampista brasiliano Felipe Melo (ed in tal caso non si tratterebbe di un grande sacrificio, ndr) e della punta Alessandro Matri, che per la squadra partenopea potrebbe essere vista come un parziale sostituto del Matador.

    Le dichiarazioni di Cavani potrebbero aver aperto, dunque, uno spiraglio, ma sarà compito dei bianconeri provare, ora, ad insinuarsi.

  • Le interviste degli Azzurri, fra delusione e fiducia per il futuro

    Le interviste degli Azzurri, fra delusione e fiducia per il futuro

    Una finale persa in maniera tanto pesante, con un passivo di quattro gol e l’impressione di non avere le giuste energie per lottare in campo, lascia il segno, fa male, soprattutto a caldo, dopo un Europeo giocato con grande cuore e grinta, dopo aver mandato a casa Inghilterra e Germania, dopo averci creduto e sperato davvero. E’ stata una Nazionale sorprendente, con il cuore oltre l’ostacolo, con idee propositive, che ha saputo unire l’Italia per quasi un mese, facendole riscoprire la bellezza e l’unicità di momenti vissuti intensamente, ritrovando l’amore per la maglia Azzurra, aldilà delle rivalità di club, come si evince anche dalle interviste degli Azzurri nel post partita.

    Il merito principale è sicuramente del portatore di valori positivi, colui che è unito questo gruppo, il Ct Cesare Prandelli, che ha analizzato la sconfitta, ma ha focalizzato la sua attenzione anche sul futuro, sulle prospettive, sulle speranze: nonostante il passivo pesante e la sensazione di palese inferiorità rispetto alla Roja, Prandelli sottolinea il gap fisico fra Italia e Spagna, complimentandosi con i suoi per la generosità mostrata durante tutto il torneo, evidenziando, però, gli scarsi tempi di recupero in fase di preparazione della finale, che probabilmente ha condizionato gran parte della gara, anche alla luce degli infortuni muscolari – di diversa entità – di Chiellini, Thiago Motta, Balzaretti ed Abate. Non è un alibi, tutt’altro: è uno spunto di riflessione rivolto a tutto il sistema calcio-italiano, affinchè in futuro si possa garantire una maggiore attenzione in fase di preparazione di tornei tanto importanti, senza dover elemosinare un po’ di spazio in più ai club. Le parole del ct, comunque, sono l’espressione della sua volontà di continuare questo progetto, in cui crede fortemente, continuando a far crescere questo gruppo che, nonostante la finale persa, con questo torneo di Polonia ed Ucraina, ha avuto modo di unirsi e cementarsi ancor di più: una base solida, un progetto su cui lavorare ancora, per crescere ancora in vista dell’appuntamento Mondiale 2014 in Brasile, con il punto fermo di Prandelli in panchina, come lui stesso ha confermato, precisando che “il mio stato d’animo era quello che era, ma non ci sono mai stati problemi con la Federazione”.

    Oltre al mister, nel post partita ha parlato anche il capitano e simbolo di questa Italia, con la delusione naturale di chi vede quattro gol infilarsi dentro la propria porta senza poter far nulla per evitarlo, ma con la giusta lucidità dell’esperienza che porta sulle spalle, che gli rende meno amaro digerire una sconfitta tanto netta piuttosto che una partita persa all’ultimo minuto, oppure ai calci di rigore: per tal ragione, Gigi Buffon riconosce il merito degli avversari, complimentandosi con loro, per il loro valore “inestimabile”, non dimenticando di ringraziare i tifosi che sono stati vicini alla squadra, sostenendola sempre, e ricordando loro che “per noi è un orgoglio regalargli emozioni, abbiamo dato tutto quello che avevamo”. 

    Anche Daniele De Rossi, uno dei guerrieri di questo centrocampo Azzurro, è visibilmente deluso per la sconfitta ma riconosce la netta superiorità degli avversari iberici, con l’aggravante dell’uomo in meno per gli Azzurri, dopo l’infortunio di Thiago Motta: una circostanza che ha reso inevitabile la sconfitta, ed  anche il passivo tanto pesante, mostrando che la Spagna è riuscita ad arrivare “più pronta all’appuntamento con la finale”. Tuttavia, per Daniele De Rossi esiste la convinzione che questa Italia può crescere ancora, perchè anche contro la stessa Spagna, nella prima partita del girone – a Danzica – “se avesse vinto non avrebbe rubato nulla”.

    Delusione degli Azzurri | © GABRIEL BOUYS/AFP/GettyImages

    Grande amarezza per Leonardo Bonucci, uno dei più affranti dopo il triplice fischio finale, non riuscendo a trattenere le lacrime nonostante tutti i compagni provassero a consolarlo: “E’ una batosta, perdere una finale ci sta, ma così fa male” anche se, nonostante la tristezza, anche il difensore vede uno spiraglio di luce per il futuro, “dobbiamo lavorare per arrivare ai loro livelli, ma siamo sulla strada giusta, ci siamo scrollati di dosso l’etichetta di catenacciari”. 

    Analisi lucida, poi, anche da parte di Giorgio Chiellini ed Andrea Barzagli, gli altri due componenti della difesa Azzurra: per Chiellini, grande amarezza per l’infortunio muscolare (il terzo in un mese, ndr) che, anche se in un punto diverso rispetto a quello subito nella gara con l’Irlanda, evidenzia la difficoltà del fisico a recuperare, considerando i ritmi forsennati e la stanchezza accumulata. Per Giorgio, però, c’è la consapevolezza che “bisogna essere orgogliosi di questo Europeo e vederlo come un punto di partenza”. Sulla stessa linea d’onda anche Barzagli, che guarda già al domani, sottolineando che “l’Italia ha giocatori giovani ed una buona mentalità, non incontreremo sempre la Spagna”.

    Infine, le parole del presidente Federale Abete, che assumono importanza proprio per confermare la centralità del progetto Prandelli, e per dar solidità al suo rapporto con la Nazionale in prospettiva futura, limando quei motivi di dissapore che sono stati presenti in passato, e cercando di lavora all’unisono per rafforzare il movimento Azzurro, partendo dalla base e culminando, poi, nella Nazionale maggiore.

    La Federazione, per voce del suo presidente, ha confermato il percorso intrapreso con Prandelli, mostrando l’ intenzione di “metterlo nelle migliori condizioni affinchè il suo lavoro sia positivo”. Lo spazio della Nazionale, dunque, sarà un aspetto assolutamente essenziale da considerare, anche durante la stagione, perchè solo così il movimento Azzurro potrà crescere ancora, ritagliandosi un proprio spazio vitale, perchè merita di farlo, in quanto patrimonio di tutti.

  • Futuro di Prandelli: addio alla Nazionale? Ecco i motivi

    Futuro di Prandelli: addio alla Nazionale? Ecco i motivi

    Questa sera Cesare Prandelli vivrà il suo appuntamento con la Storia, nello stadio di Kiev, affrontando la Nazionale campione d’Europa e del Mondo in carica, dopo aver condotto gli Azzurri laddove nessuno, alla vigilia di questo Europeo, aveva pronosticato, neppure nel migliore degli auspici. Eppure, la sua gestione complessiva di questo biennio era stata positiva, con una qualificazione raggiunta in scioltezza e qualche buon risultato nelle amichevoli di primo piano, come la vittoria contro la stessa Spagna nel match di Bari, e di qualche momento buio, come la sconfitta in amichevole contro l’Irlanda del Trap, e contro la Russia pochi giorni prima del via della competizione continentale. Per gli Azzurri, però, le amichevoli da sempre non sono un “indicatore reale” che consenta di testarne la reale forza e, dunque, la valutazione del “corso Prandelliano” dev’essere effettuata alla luce delle partite ufficiali, dove il bilancio è nettamente in positivo.

    Ha saputo valorizzare due giocatori dal potenziale immenso ma dalle difficoltà caratteriali, Balotelli e Cassano, superando gli ostacoli che il suo predecessore Marcello Lippi aveva deciso di non affrontare, ha saputo compattare un gruppo in fase di ricambio generazionale, puntando sulle certezze regalate dal campionato – il gruppo Juventus – ed inserendo qualche elemento di spicco con le giuste motivazioni di chi gioca per la prima volta una competizione tanto importante. Ha avuto il coraggio di scommettere sul suo pupillo Viola, Riccardo Montolivo, nonostante fosse reduce da una stagione tribolata, ed è stato ripagato con buone prestazioni, ha affidato il polso dello spogliatoio ad un leader naturale come Gigi Buffon, ed ha trovato una guida sicura e determinata, ha cementificato gli umori di un gruppo turbato dalle vicende scommessopoli scavando nell’orgoglio personale di ognuno, ma sempre con equilibrio, pacatezza, eleganza, un rivoluzionario in giacca e cravatta, con la forza delle idee, della non retorica.

    Cesare Prandelli è un signore e, per questo, non si scompone di fronte a nulla, mostrandosi sempre impeccabile, coerente con il suo “codice etico“, portatore di valori positivi, di idee di calcio propositive, lasciando i veleni in secondo piano. Eppure, qualche malumore lo ha vissuto anche lui, per le accuse “gratuite” ricevute in fase di preparazione di questo Europeo, così come per le polemiche che hanno anticipato la partenza per gli Europei: segnali di screzi, nuvole scure all’orizzonte che potrebbero incrinare il suo futuro in Azzurro, da questa sera in poi.

    In conferenza stampa il ct ha usato parole moderate in tal senso, com’è nel suo stile: “Io non ho parlato di divorzio, ma faccio le mie riflessioni sulla qualità della vita”. Qualità della vita che significa tanto, perchè porta con sè la serenità necessaria per lavorare al meglio, senza inutili tensioni, come quelle legate alle “accuse di nepotismo” nei confronti del ct, legate alla sua scelta di coinvolgere nell’entourage Azzurro suo figlio Nicolò: “sassolini che tengo nelle scarpe, ma mi ha fatto male leggere certe cose”.

    Polemiche cui si aggiunse la sua frase provocatoria, di evitare la partecipazione dell’Italia agli Europei per “evitare di dar fastidio”: un’esternazione che fu una semplice provocazione, legata al blitz della Polizia a Coverciano, ed alle frasi del premier Monti circa la necessità di chiudere il calcio, ma che diede fastidio a molti, probabilmente anche ai piani alti del nostro sistema calcio. I rapporti con le istituzioni calcistiche sono, poi, un altro “punto caldo” per Cesare Prandelli, alla luce della difficoltà della Nazionale a ritagliarsi un proprio spazio nel corso della stagione, in un calendario fitto di impegni dei club che hanno sempre la priorità, fagocitando ogni spazio, lasciando solo le briciole.

    Cesare Prandelli | © Handout/UEFA via Getty Images

    Per ora, dunque, il futuro di Prandelli è all’insegna dell’incertezza, lasciando ogni valutazione al “dopo”, a mente fredda: “Non pongo alcuna condizione, il rapporto con la Figc è ottimo. Nessuno vuole andare via, ma la qualità della vita degli ultimi due mesi mi porta qualche riflessione. Che cosa mi ha dato più fastidio? Parliamone con sincerità tra qualche giorno, quando sarà finito l’Europeo”.

    Parole che lasciano puntini sospensivi su quello che sarà, da domani in poi il futuro di Prandelli: restare o andar via? Accettare la sfida di continuare la sua rivoluzione, in campo e fuori, rispettando il suo contratto fino al Mondiale 2014, o abbandonare la nave, magari con una soddisfazione in tasca, come fece Marcello Lippi nel 2006?

    Qualche indiscrezione di mercato annuncia che, sulla sua decisione, potrebbe pesare la corte di un grande club, che potrebbe far leva proprio sulla sua voglia di lavoro quotidiano sul campo: dall’Inter, in caso di fallimento di Stramaccioni, alla “sua” Juventus, in caso di allontanamento di Conte nell’ipotesi di processo sportivo.

    Per ora, però, ogni energia del tecnico di Orzinuovi è sulla finalissima di Kiev: l’appuntamento con la Storia non può attendere.

  • Del Piero saluta la Juventus, “rimarrò sempre uno di voi”

    Del Piero saluta la Juventus, “rimarrò sempre uno di voi”

    Il giorno è arrivato, il fatidico 30 Giugno 2012: ai più, probabilmente, non farà effetto, anche perchè si tratta solo di una data scritta su un contratto in scadenza, che da domani non avrà più alcun valore legale, ma per Alessandro Del Piero questa data significa qualcosa e, come spesso accade, ha voluto condividere pensieri e sensazioni con i suoi tifosi.

    Del Piero saluta la Juventus ed il suo scritto inizia dicendo che questa “non è una notizia”, per non dare troppo risalto ad un momento che, in fondo, è molto personale, ma quando arriva la fine di qualcosa, anche solo “ufficialmente”, è inevitabile che si ripensi a tutto quello che è stato, a tutto quello che si è vissuto, andando indietro con la memoria, ripercorrendo le tappe e gli avvenimenti che, nel caso di Alessandro e della Juventus, sono stati davvero innumerevoli in diciannove anni di sodalizio.

    Tante gioie, tanti momenti di grande intensità, vittorie, soddisfazioni, riconoscimenti personali: un binomio che ha creato una “storia”, un pezzo importante del club bianconero, che da oggi diventa “passato”. Anche qualche amarezza, soprattutto legata alle vicende contrattuali delle ultime due stagioni: Alex non accenna esplicitamente a nulla, ma lo lascia trapelare fra le righe, con il solito garbo e la consueta eleganza, lasciando soltanto tre puntini sospensivi per far intendere a cosa si riferisca.

    Tutto questo, però, diviene secondario rispetto al momento più bello, a quell’abbraccio meraviglioso della sua ultima partita a Torino, il 13 Maggio, il giorno della festa scudetto, con il suo saluto allo stadio, le sue lacrime trattenute a fatica, il suo inchino al pubblico; un tripudio di intensità e di emozioni sincere, una fotografia che racchiude tutto, dall’affetto alla stima reciproca, dalla tristezza alla nostalgia tipica del momento dei saluti, un’ “istantanea che voglio portare sempre con me, stampata nel cuore, incancellabile“.

    Del Piero saluta la Juventus | © GIUSEPPE CACACE/AFP/GettyImages

    Alex, così, decide di restituire ai suoi tifosi un’altra fotografia, reale, per ringraziarli ancora di tanta vicinanza, per ricambiare l’affetto di chi, in questi lunghi anni, lo ha sempre sostenuto ed osannato, aspettandolo all’uscita dal campo di allenamento, anche con le più avverse condizioni meteorologiche, pur di avere un suo autografo, una sua dedica, uno scatto insieme a lui. Una foto, quella pubblicata sul suo sito, scattata nel giorno in cui – prima della partenza per le vacanze – ha svuotato il suo armadietto e si è fatto ritrarre dietro le transenne del campo di Vinovo, con le braccia alzate a mò di saluto, sorridente, nonostante tutto.

    Il momento della nostalgia è già stato consumato, è necessario guardare avanti, come lui stesso ricorda. Ci sarà qualcun’altro ad indossare la maglia numero dieci bianconera, che per la prima volta porterà un cognome diverso dal suo; ci sarà un successore che sogna di farlo da quando era bambino, così com’è stato per lui diciannove anni fa, e che proverà a ripercorrere la sua straordinaria storia, divenuta ormai leggenda.

    Alessandro Del Piero, però, rimarrà juventino per sempre, perchè lo è sempre stato, fin da bambino, e perchè certi legami sono indissolubili: tiferà per i suoi compagni, tiferà per i suoi tifosi, tiferà per quella maglia che ha desiderato e rispettato “senza deroghe e senza sconti”, che ha amato e “che amerà sempre“, perchè anche se da domani l’ufficialità dice che non sarà più un giocatore della Juventus, “rimarrò sempre uno di voi.

    Saranno i tifosi, dunque, il ponte principale fra Alex e la Juventus, il legame che continuerà nonostante la lontananza, nonostante il suo futuro – per il momento ancora incerto –  sarà con un’altra squadra, all’estero. Saranno loro il trait d’union che permette di sperare in un suo ritorno, in vesti diverse naturalmente: Alex, per ora, ringrazia tutti e saluta, ma il suo non è un addio. Arrivederci Campione.

  • Buffon furioso, la grinta di un vero capitano

    Buffon furioso, la grinta di un vero capitano

    Lo hanno definito il “giallo Buffon” e così è stato, almeno fino alle interviste post gara che hanno svelato l’arcano, la ragione della sua rabbia furiosa al triplice fischio finale della partita vinta dagli Azzurri contro la Germania. Immagini quasi surreali, di totale contrasto fra gli umori festanti del gruppo Azzurro e dei tifosi italiani ed il volto scuro del capitano, che abbandona il campo in tutta fretta, spintonando via chi prova ad abbracciarlo, come Demetrio Albertini ed il secondo portiere Morgan De Sanctis (ed anche la mascotte dell’Europeo, ndr) per correre negli spogliatoi, a sbollire la tensione in solitudine. Niente festeggiamenti per l’ennesima vittoria contro i tedeschi che, alla vigilia, sembravano un ostacolo quasi insormontabile, niente celebrazioni per una finale Europea che mancava da dodici anni e che è stata centrata contro tutti i pronostici e nonostante le tensioni e le difficoltà con cui questa spedizione in Polonia e Ucraina è stata preparata, niente sorrisi, neppure accennati.

    Eppure, dopo i gol di Mario Balotelli, Gigi aveva esultato alla grande, come spesso gli capita di fare, con gli occhi spalancati dalla gioia per il risultato eccezionale che stava maturando, per il modo in cui gli Azzurri stavano fronteggiando un avversario fino a ieri imbattuto: grinta e caparbietà, lucidità e voglia di stare in campo con raziocinio, di stupire tutti con le idee di gioco. Lo sguardo determinato del numero uno, però, lasciava intendere di come il nostro capitano ci credesse fin dall’inizio, di come bramasse raggiungere questo obiettivo, di regalare un altro sogno al popolo italiano, come nel mondiale di sei anni fa: lo ha detto lui stesso, svelando di aver trascorso la notte della vigilia di Italia-Germania a rivedere su You Tube i video delle piazze in festa nel post Italia-Inghilterra dei quarti di finale, per caricarsi con la passione e l’entusiasmo dei tifosi. Quell’ intensità “assorbita” dai video, Gigi Buffon ieri l’ha trasferita in campo, partendo dalla sua concentrazione assoluta nel cantare l’inno Nazionale, con gli occhi chiusi ed a voce alta, e poi la grande carica mostrata in campo, la reattività sui pericoli tedeschi, la lucidità nel guidare il reparto difensivo.

    Gigi Buffon | © Shaun Botterill/Getty Images

    Buffon sente la maglia Azzurra come pochi altri, crede nei suoi sogni (come lui stesso aveva scritto su Facebook alla vigilia, ndr) e trasmette il suo sentimento in ogni gesto, come un capitano, più di un capitano: una guida per lo spogliatoio, un motivatore, un consigliere per i più giovani. Sente su di sè l’onore e l’onere del suo ruolo, e lo esercita in maniera impeccabile, anche a costo di rimproverare l’amico e compagno di squadra Claudio Marchisio dopo il 3 a 0 fallito, richiamandolo a gran voce per rimarcare che tali occasioni non devono essere sprecate, soprattutto in una semifinale perchè “l’Europeo non è una cosa seria, di più”.

    Per tutte queste ragioni, un leader navigato come lui, che sul campo ha vissuto gioie incredibili e delusioni cocenti, ha preferito non festeggiare la vittoria di ieri, semplicemente perchè non era soddisfatto della sofferenza vissuta nel finale, quando qualche leggerezza di troppo avrebbe potuto costarci molto cara, con il rigore di Ozil nel primo minuto di recupero, e con altri tre ancora da giocare, che aveva messo a rischio un match dominato e controllato per novanta minuti. “In una partita così, in cui si gioca per qualcosa di unico, per un traguardo così prestigioso, non è giusto che si soffra negli ultimi cinque minuti e si scherzi con il fuoco” – questo il Buffon-pensiero – considerando che, se i tedeschi avessero trovato il pareggio nel finale, ai supplementari la gara “sarebbe finita 9-2 per loro”.

    Anche se appariva in netto contrasto con il sentimento di giubilo generale, dunque, la rabbia del nostro capitano deve essere letta in maniera totalmente positiva, intendendola come grande fame di vittoria, come voglia di guidare i giovani del gruppo a crescere ancora, anche a costo di “rompergli le scatole”, trasmettendo loro l’importanza di riuscire a chiudere le gare al momento giusto, con il necessario cinismo che consente di non correre rischi inutili in match tanto delicati. Il tempo dei sorrisi potrebbe arrivare tra pochi giorni ma, per ora, teniamoci stretto il nostro “ Buffon Furioso“, in parallelo con il celebre Orlando di Ludovico Ariosto: la sua mentalità vincente è il cuore pulsante dello spogliatoio Azzurro.

    Video della rabbia di Buffon al termine di Italia-Germania:

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  • Italia Germania, Del Piero carica gli Azzurri ricordando Dortmund

    Italia Germania, Del Piero carica gli Azzurri ricordando Dortmund

    Italia Germania significa emozioni e ricordi, per gli italiani di tutte le generazioni: c’è chi pensa allo storico 4 a 3 del mondiale del 1970, c’è chi rivive con la memoria la finale di Madrid del 1982, c’è chi si ferma all’evento cronologicamente più recente, più vivo, la semifinale mondiale 2006 di Dortmund, quella del “si va a Berlino”, con il gol di Fabio Grosso a pochi minuti dalla fine del secondo tempo supplementare, ed il suggello di Alex Del Piero, per il 2 a 0 della sicurezza, con quella corsa forsennata dell’allora numero 7 Azzurro alla ricerca di quell’assist perfetto che gli ha, poi, permesso di realizzare uno dei suoi gol più importanti ed emozionanti, proprio nel tempio dei padroni di casa tedeschi, con il successivo urlo liberatorio sotto la tribuna dove sedevano i suoi familiari e la moglie Sonia.

    Alessandro Del Piero ha raccontato più volte le sue sensazioni di quella fantastica serata di sei anni fa, ma non si stanca di ripeterle nel giorno della semifinale europea con un punto di vista molto personale: “Ogni fotogramma di quella sera vale tantissimo, ed è impresso nella mia mente, ho rivisto in televisione tante volte quelle immagini: si vede mia moglie Sonia che piange di gioia e subito dopo una bimba tedesca che piange perchè ha perso”. Volti di vincitori e vinti, l’essenza del calcio, ma quel match – secondo Alex – “resta la partita migliore di quel mondiale, nonostante quella contro la Francia fu l’emozione più grande sollevando la Coppa”.

    Inevitabile, dunque, che nel giorno della sfida che vale l’accesso alla finale continentale, Alessandro Del Piero riscopra il suo “cuore Azzurro” ed esprima tutta la sua vicinanza ed il suo sostegno ai suoi ex compagni di Nazionale, ai quali li lega un rapporto di sincera amicizia, proiettandosi – probabilmente anche con un velo di nostalgia per il tempo che passa – al delicatissimo match di questa sera, che vivrà in veste di tifoso, in diretta dagli Usa dove attualmente si trova in vacanza.

    Del Piero è fiducioso, motivando con ragioni tecniche la sua convinzione, sottolineando l’importanza della solidità del gruppo azzurro che si traduce visibilmente anche sul campo, dove gli uomini di mister Prandelli hanno mostrato gioco ed identità di squadra, oltre che una grande solidità cresciuta di partita in partita. Anche i tedeschi, però, secondo Alex, hanno grandi qualità, in particolare negli uomini che lui stesso definisce come “più temibili”: Ozil, Muller e Gomez.

    Italia Germania Del Piero in gol nel 2006 | DAVID HECKER/AFP/Getty Images

    Il perno dell’Italia, invece, si chiama Andrea Pirlo, suo compagno alla Juventus nella scorsa stagione, che – nonostante la stanchezza per una stagione giocata con grande costanza – “si è mantenuto a livelli eccezionali, come quelli del campionato con la Juventus”, così come gli altri bianconeri – Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Marchisio, Giaccherini – che Ale dichiara di seguire con un affetto speciale, “perchè oltretutto fino al 30 Giugno sono ancora miei compagni di squadra”.

    Dopo tanti riferimenti al suo passato colorato di Azzurro e di bianconero, impossibile non accennare a ciò che sarà, dopo il fatidico 30 Giugno, la data fissata per la scadenza del suo contratto con la Juventus: come detto, per ora, l’ex capitano juventino è in America in una sorta di vacanza-lavoro, perchè proprio negli Usa ha già ripreso ad allenarsi agli ordini dei suoi preparatori atletici, con sedute in palestra ed in piscina e lunghe corse sulla sabbia, in attesa di ritrovare il suo compagno preferito, il pallone. Per ora, un semplice in bocca al lupo alla Nazionale Italiana perchè “sono un atleta, conosco le scaramanzie e quindi so che non si deve aggiungere niente di più”.

  • Sampdoria Benitez fumata nera, spunta ipotesi Giampaolo

    Sampdoria Benitez fumata nera, spunta ipotesi Giampaolo

    L’accordo sembrava vicino, le premesse lasciavano intendere un esito positivo ma, nella trattativa Sampdoria Benitez sembra che qualcosa sia andato storto e, dunque, le possibilità di vedere il tecnico spagnolo sedere sulla panchina blucerchiata nella prossima stagione in serie A sono improvvisamente sfumate. L’incontro fra le due parti si era tenuto a Londra, nei giorni scorsi, e poi i contatti erano proseguiti ininterrottamente fino a ieri, il giorno della “fumata nera”, quando la Sampdoria ha comunicato sul suo sito ufficiale che, con gran dispiacere di entrambe le parti, “la scrivente e il tecnico iberico hanno convenuto che i tempi per una collaborazione non sono ancora maturi”.

    Una formula che lascia intendere che, forse, in un prossimo futuro potrebbe esserci un nuovo spiraglio, oppure un altro riavvicinamento fra le parti ma per ora, nulla di fatto. Pare che i motivi alla base del mancato accordo siano stati legati alle divergenze sulla politica di calciomercato da impostare, considerando che Rafa Benitez avrebbe chiesto rinforzi importanti come “condicio sine qua non” per accettare l’incarico, mentre la Sampdoria avrebbe risposto di non poter sopportare ingenti esborsi di mercato nella prima stagione del ritorno in serie A, dicendosi pronta a qualche sacrificio ma non ad una rivoluzione.

    La Sampdoria dovrà, dunque, tornare in pista per individuare un’alternativa a Benitez e, pertanto, potrebbe tornare in auge la soluzione Didier Deschamps che, come annunciato, sta vivendo un momento non felice sulla panchina dell’ Olympique Marsiglia, considerando la politica di austerity voluta dal presidente del club francese, che impone grande oculatezza sul mercato e, dunque, limita al massimo ogni velleità di rinforzi per la prossima stagione, nonostante la squadra, reduce dal decimo posto in Ligue 1, ne abbia effettivo bisogno. Il discorso Deschamps dovrebbe, però, essere affrontato dalla Sampdoria in tempi molto stretti, anche perchè sembra che sia in corso una trattativa fra lo stesso tecnico e la federazione francese, che lo avrebbe scelto come possibile successore di Laurent Blanc: in tal caso, quindi, appare difficile che possa decidere di preferire l’avventura in blucerchiato.

    Marco Giampaolo, possibile scelta per la Sampdoria | © Mario Carlini/Iguana Press/Getty Images

    Per tal ragione, il club del presidente Garrone avrebbe deciso di vagliare anche altre soluzioni, come quella che porta a Marco Giampaolo. Di certo, il paragone non regge con i nomi altisonanti di Benitez e Deschamps e si tratterebbe, dunque, di una scelta molto coraggiosa ma che pare esser gradita ai Garrone: i tempi, comunque, stringono perchè il ritiro della squadra per l’inizio della preparazione estiva è fissato per il 15 Luglio a Bardonecchia ed, in quella data, la situazione-panchina dovrà essere già sistemata.

    Intanto, il tecnico della promozione, Beppe Iachini, commenta con una punta di fastidio le numerose voci di toto-allenatore che circolano in questi giorni, precisando che – finora – è ancora lui il tecnico della Sampdoria, anche perchè il club non lo ha ancora informato delle sue future intenzioni: “non ho sentito nessuno dalla Sampdoria. A oggi, per contratto, il tecnico dei blucerchiati sono ancora io, aspetto che mi chiamino poi vedremo cosa succede”. Il contratto di Iachini, infatti, prevedeva il rinnovo automatico in caso di promozione in serie A e, dunque, in ogni caso il tecnico dovrà essere contattato a breve dalla dirigenza doriana per discutere il da farsi in merito.

  • Incontro Sampdoria Benitez, ma spunta alternativa Deschamps

    Incontro Sampdoria Benitez, ma spunta alternativa Deschamps

    Il rilancio della Sampdoria neopromossa in serie A passa dalla scelta del tecnico per la prossima stagione, ricercando un allenatore di peso, di esperienza e di prestigio, che possa tranquillizzare la piazza blucerchiata, ispirando fiducia al popolo doriano dopo una lunga stagione di sofferenze in serie B.

    Il primo nome sul taccuino del presidente Garrone e del suo entourage, da alcuni giorni, è quello di Rafa Benitez, ex tecnico del Liverpool (di successo) e dell’Inter (parentesi assolutamente negativa), che possiede le caratteristiche e le qualità giuste per garantire una gestione di primo livello. Il nodo da sciogliere, però, riguarda l’aspetto “rinforzi”, ossia le trattative di calciomercato in entrata: Benitez, infatti, vorrebbe le garanzie di una rosa competitiva, quantomeno di medio livello, per poterla, poi, plasmare e guidare con le giuste motivazioni.

    Il tecnico spagnolo, infatti, pare non aver posto alcun tipo di vincolo o condizione circa il suo ingaggio (aspetto lodevole considerando i suoi precedenti standard) essendo consapevole dei mezzi a disposizione del club blucerchiato, ed accettando l’offerta ricevuta di due milioni a stagione più eventuali bonus-rendimento, ma vorrebbe qualche certezza maggiore circa le strategie di mercato in programma. In tal senso, secondo quanto riportato dal giornale di Genova “Il Secolo decimonono” quest’oggi è in programma un incontro Sampdoria Benitez proprio per definire al meglio tali aspetti, anche se comunque le premesse per un prossimo “matrimonio” sembrano essere positive, e l’aspetto “determinante” sarebbe proprio la grande voglia di Benitez di tornare a misurarsi in un’esperienza in panchina in Italia, considerando la sua inattività dal 2010, in coincidenza con l’addio all’Inter. In tal senso, lo stesso presidente Garrone si è “sbottonato”, affermando che “Benitez è una delle possibilità, i contatti ci sono stati, è in progress”.

    Rafael Benitez | ©MARWAN NAAMANI/AFP/Getty Images

    In tali circostanze, però, le certezze non esistono ed i cambiamenti degli scenari possono essere repentini e, per tal ragione, la Sampdoria ha il dovere di sondare anche altre piste alternative rispetto a Benitez, nel caso in cui qualcosa dovesse “andar storto”: la prima opzione alternativa, in tal caso, sarebbe Didier Deschamps, ex tecnico della Juventus ed attuale allenatore del Marsiglia, con un contratto in scadenza nel 2014 ma che, secondo quanto riporta l’autorevole “Equipe” potrebbe non presentarsi al raduno della squadra in programma lunedì prossimo, a causa di alcuni forti screzi con la società ed, in particolare, con il direttore sportivo Anigo causati da “visioni” diverse sui programmi della società, impostati all’assoluto contenimento dei costi deciso dal presidente Labrune.

    Una divergenza che potrebbe spingere il tecnico francese a lasciare l’Olympique Marsiglia perchè, alla luce della scarsa competitività della rosa e dell’oggettiva difficoltà a migliorare il decimo posto in classifica della scorsa stagione, verrebbero meno i giusti stimoli e ciò potrebbe far decidere al tecnico francese di esercitare la clausola del suo contratto che gli consente di chiudere il rapporto con il Marsiglia ad ogni scadenza annuale dietro pagamento di una sorta di “penale” fissata per 3,5 milioni di euro.

    Se la trattative con Benitez dovesse incrinarsi, dunque, per i blucerchiati sarebbe pronta un’alternativa di tutto rispetto, ma da cogliere al volo, considerando i numerosi “corteggiatori” del tecnico francese.