Autore: Simona Granieri

  • Carlton Myers: addio al Basket di un’artista del canestro

    Carlton Myers: addio al Basket di un’artista del canestro

    Un “artista del canestro”, un giocatore unico, uno sportivo diverso dagli standard. Una persona sensibile, dallo spiccato talento musicale – per il sax – figlio di un musicita caraibico e di una donna Pesarese, nato a Londra ma cresciuto in Romagna, a Rimini.

    Carlton Myers, nel giorno del suo quarantesimo compleanno annuncia l’addio al Basket professionistico. E lo fa in un modo insolito, in un luogo molto particolare, durante una conferenza stampa presso l’auditorium della comunità di Recupero antidroga di San Patrignano, sotto gli occhi emozionati della moglie e dei suoi genitori, arrivati a sorpresa per stargli vicini in un giorno tanto importante, e di altre 1500 persone: “Ho invitato quelli che per me sono stati un punto di riferimento. Ognuno di loro mi ha dato qualcosa. Sono cresciuto grazie alle loro esortazioni, critiche, aiuti e tirate d’orecchie”.

    Fra i presenti, anche il presidente della Feder Basket Dino Menegnin, Bosha Tanjevic, Sasha Danilovic, e Gianni Petrucci, presidente del Coni, che ha raccontato così la sua visione di Myers, come uomo e come atleta: “Fui io a sceglierlo come portabandiera azzurro per le Olimpiadi di Sidney 2000 – ha raccontato Petrucci -. Mi attirai qualche critica, ma avevo visto in lui un grande carisma, cosa che riconobbero anche quei tanti atleti che alle Olimpiadi gli chiedevano gli autografi. Infatti si è rivelato un campione dentro e fuori dal campo. Nello sport c’è chi ha mente e chi ha mentalità. Lui era ed è mente e per me è ancora oggi un mistero perché non sia andato in Nba”.

    Carlton Myers ha voluto condividere con i ragazzi della comunità diretta dal suo amico Andrea Muccioli il ricordo dei suoi straordinari 25 anni di carriera, dall’esordio nel Rimini – la sua città – allo storico scudetto con la Fortitudo Bologna nel 2000, alle vittorie di Coppa Italia e Supercoppa sempre con la Fortitudo, al trionfo con la Nazionale agli Europei del 1999 in Francia, all’incarico di portabandiere Azzurro alle Olimpiadi di Sidney 2000, alle ultime stagioni con Scavolini Pesaro (per cinque anni), all’ultimo campionato disputato in Legadue a Rimini. Lui, che detiene ancora il prestigioso record per i punti segnati in una sola partita, ben 87, e per i falli subiti in gara, 21.

    Così, Carlton Myers si congeda dai parquet ufficiali: “Mi avete dato consigli e aiuti, mi avete criticato ma siete tutti stati utili al mio cammino. La svolta è avvenuta dopo la sconfitta contro la Benetton in gara 1 di finale scudetto nel 2000. Arrivai a casa, avevo paura, ho gridato e Dio mi ha sollevato cambiandomi completamente. Il peggior nemico di un atleta è l’atleta stesso. In certi atteggiamenti di Balotelli mi rivedo, è un ragazzo pieno di rabbia e di voglia di rivincita. Ultimamente ha avuto qualche ricaduta, ma sono sicuro che potrà riprendersi”.

    La rabbia, la voglia di emergere e la fede. Tre aspetti essenziali nel profilo del campione italo-caraibico. Tre aspetti che si possono riscontrare anche nel suo “passo d’addio” al Basket. Durante la conferenza stampa Myers, fortemente credente, ha voluto leggere un passo della Bibbia per lui particolarmente significativo, per poi chiedere ai presenti di alzarsi in piedi e recitare insieme una preghiera, non ricercando applausi, ma “apertura dei cuori”, prima di dichiarare, emozionato, “E’ il momento di smettere”.

    La rabbia e la voglia di emergere, poi, come quella dei ragazzi difficili della comunità, che lottano per avere una seconda possibilità nella vita, per vincere una battaglia importante contro la droga. Ecco perchè la scelta del luogo non è stata casuale, perchè Carlton Myers considera ed ha sempre considerato lo sport come una metafora della vita, uno sport da vivere con semplicità e sano spirito di competizione, un modo per evadere dai problemi e per rialzarsi dalle cadute nella vita, una strada da seguire anche per i giovani della comunità di San Patrignano, per riprendere in mano la propria esistenza.

    Il RECORD DI 87 PUNTI
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  • Del Piero si ferma, Roma a rischio

    Del Piero si ferma, Roma a rischio

    Le sfortune, come sempre, non vengono mai da sole. In casa Juve, soprattutto quando si tratta di infortuni muscolari, le cattive notizie sono sempre in agguato. Sempre di estrema attualità, sempre pronti a colpire pedine importanti, andando a condizionare pesantemente le scelte di Gigi Del Neri.

    In Nazionale, nel corso dell’amichevole contro l’Ucraina, Giorgio Chiellini è stato costretto ad uscire dopo soli 17 minuti, a causa di una contrattura al retto anteriore della coscia destra, le cui condizioni sono state valutate nella giornata di oggi con una serie di esami specialistici. I primi accertamenti di ieri avevano ipotizzato uno stop di 10 giorni circa, ossia l’assenza del difensore sia contro la Roma che contro il Genoa, con un probabile rientro il 17 Aprile nella partita contro la Fiorentina. Questa mattina, però, gli accertamenti strumentali più approfonditi al Cto di Torino hanno mostrato quadro ancora più serio:  la lesione di primo grado del muscolo retto femorale della coscia destra, con relativa prognosi per il completo recupero di circa 30 giorni.

    Come se non bastasse, stamane l’attualità (non certo positiva) riguarda anche le condizioni di capitan Del Piero.

    Durante la seduta di allenamento mattutina, verso le 11.50 circa, nel corso del secondo tempo della partitella amichevole fra la prima squadra ed alcuni membri delle compagni giovanili (Primavera ed Allievi), infatti, Alex Del Piero – schierato in attacco in coppia con Luca Toni – ha avvertito un forte fastidio all’adduttore sinistro, dopo un’azione allungo, che lo ha costretto a lasciare anzitempo il campo sostituito dal giovane Primavera Libertazzi, rientrando negli spogliatoi con una smorfia impressa sul viso di grande disappunto, sconfortato ed a tessa bassa, accompagnato dallo staff medico e dal dottor Stefanini. Per la cronaca, la partitella è poi terminata 2-0 con reti di Barzagli e Milos Krasic, sotto gli occhi attenti e preoccupati di Marotta, Nedved e Paratici, presenti a bordo campo proprio durante il secondo tempo dell’amichevole.

    Nel primo pomeriggio di oggi il capitano verrà sottoposto agli accertamenti del caso, ma le dinamiche dell’infortunio non sembrano lasciar spazio a troppo ottimismo, lasciando Del Neri ad una preoccupazione in più in vista della già delicatissima sfida di domenica sera all’Olimpico contro la Roma. Alex ce la metterà tutta per esserci, almeno in panchina; questo è certo, data l’importanza della sfida per la classifica, in particolare in un momento difficile per la squadra, lo scontro a distanza con l’amico-rivale Francesco Totti, il fascino di una “classica” di sempre, la coscienza dell’importanza del suo peso nello spogliatoio, come essenziale guida e punto di riferimento per i compagni.

    Se non dovesse essere “arruolabile”, sembra scontato che la coppia d’attacco sarà Toni-Matri, rinunciando forzatamente alla fantasia del capitano e puntando sulla fisicità e la generosità del primo, e sull’istinto da gol dell’ex cagliaritano, particolarmente galvanizzato dall’esordio con gol in maglia Azzurra.

    Nell’allenamento mattutino di Vinovo, inoltre, si sono allenati a parte anche i giocatori rientranti dagli impegni con la Nazionale Italiana, impegnati soltanto in una sgambata defaticante, oltre che Paolo De Ceglie e Jorge Martinez. Quest’ultimo, infatti, sta proseguendo il suo iter riabilitativo previsto per smaltire l’affaticamento all’adduttore sinistro.

    Dubbi anche per il francese Armand Traorè, che oggi non si è allenato in campo ma solo in palestra a causa di un affaticamento ai muscoli adduttori della coscia destra. Se non dovesse essere disponibile, per sostituirlo Del Neri potrebbe avere due soluzioni: schierare Fabio Grosso nel suo ruolo, oppure Grygera, che verrebbe spostato a sinistra.

    In casa Juve, oltre agli infortuni, tiene banco anche la questione rinnovi contrattuali. In questi giorni è il turno di Claudio Marchisio, un patrimonio sportivo inestimabile, cresciuto ed allevato in casa, con ben 16 anni di esperienza bianconera, dai pulcini alla prima squadra. Il suo contratto scade nel 2014, ma lui vorrebbe una maggiore chiarezza da parte della società per il rinnovo. La situazione, per ora, è in fase di stallo, ma potrebbero esservi degli incontri nei prossimi giorni.

    Per ora, però, tutti i pensieri sembrano orientati soltanto alla Roma, nella speranza di non dover più aggiornare il bollettino medico, o di farlo solo con notizie incoraggianti.

  • Marotta – Del Neri un anno dopo

    Marotta – Del Neri un anno dopo

    Il binomio Marotta – Del Neri, lo scorso anno di questo periodi, sembrava un mix perfetto di sapienza tattica e grinta, proprie del veterano che ha calcato i campi di tutte le categorie – il mister friulano – e della lucida capacità organizzativa e gestionale, propria di un uomo tanto pacato nei toni quanto capace di raggiungere al meglio gli obiettivi prefissati – il direttore generale Beppe Marotta.

    Accadeva un anno fa, nella Sampdoria dei miracoli, in riva al mar Ligure, sull’onda dei gol di Pazzini e Cassano, il pupillo del patron Garrone e della curva blucerchiata, in una squadra che raggiunse il prestigioso traguardo dei preliminari di Champions.

    Il binomio da esportazione, però, qualche chilometro più a Nord, ai piedi delle Alpi, lontano dalla brezza marina, annaspa in una situazione dai contorni e dalle prospettive tutt’altro che definite. Il tempo (solo un anno) ha cambiato molte cose, le aspettative sono state, almeno per ora, ampiamente disattese. Nel calcio, però, a pagare per le colpe (sue e degli altri) è sempre l‘allenatore, il più esposto a qualsiasi intemperia.

    Ecco, così, che il duo inossidabile sembra scalfito dalle correnti, anche se – almeno nelle dichiarazioni ufficiali – la “mente” sembra non voler abbandonare il suo “braccio”. Marotta, dunque, difende l’operato di Gigi Del Neri, sgombrando il campo dai rumors del toto-allenatore Juventino per la prossima stagione. Una presa di posizione doverosa e necessaria a difendere, almeno con le dichiarazioni di circostanza, una scelta in cui si è creduto, un progetto ideato, proposto e portato avanti in prima persona.

    Fra Spalletti, Conte, Gasperini, Mancini e Lippi, per ora, interessa solo l’operato di Del Neri. “Ora c’è Luigi Del Neri, è giusto farlo lavorare con la dovuta tranquillità, anche se è nella mia responsabilità decidere delle sorti di un allenatore. Stiamo vivendo un’annata un po’ particolare, un momento di rinnovamento che non ha ancora trovato il suo culmine in quello che sono i cambiamenti. Certo, mancano i risultati, la gente vuole dei risultati ed è giusto che sia così, chiediamo solo un pò di pazienza perchè dal punto di vista societario tutte le componenti fanno il massimo sforzo per regalare ai tifosi quello che desiderano”.

    Inevitabile una punta di imbarazzo nel dover affrontare una scelta tanto delicata, un disagio dovuto all’ambiguità della situazione: essere responsabile di una scelta, essere responsabile dell’abbandono di tale scelta. Per questo, Marotta dribbla le domande dirette sulla rosa dei possibili candidati alla panchina: “Lippi? Spalletti? Sono due ottime persone ma preferirei evitare ogni risposta”.

    L’immediata attualità, intanto, si chiama sfida all’Olimpico contro la Roma, domenica sera. Un test importante per misurare, già nell’immediato, se quella “dovuta tranquillità nel lavorare” potrà essere concessa o meno al tecnico. “Spero che la Juventus riesca ad imprimere un significato importante alla sfida non solo in termini di risultato ma anche di prestazione”, ha dichiarato Marotta, “Mi auguro che sia uno spot per il calcio dal punto di vista dello spettacolo. La posta in palio è sicuramente di primo livello per cui mi aspetto una partita corretta da parte dei protagonisti in campo e apprezzata dal pubblico”.

    C’è da scommettere che, in cuor suo, Marotta desideri, forse più di chiunque altro, che la Juventus riesca ad imprimere quella “svolta”, almeno in queste ultime partite: è questo l’unico modo possibile per Marotta per sponsorizzare la riconferma (ad oggi assolutamente improbabile) di Del Neri.

  • E’ morto “Bob” Lovati portiere e bandiera della Lazio

    E’ morto “Bob” Lovati portiere e bandiera della Lazio

    Lutto per il mondo del calcio, ed in particolare per la Lazio: è morto, oggi, all’età di 84 anni Roberto – Bob – Lovati, storico portiere biancoleste dal 1955 al 1961, vincitore della Coppa Italia del 1958, dopo aver vestito anche le maglie di Pisa, Monza e Torino.

    Quegli anni in biancoceleste, però, gli rimasero davvero nel cuore, così da decidere di fermarsi a Roma – lui lombardo di Cusano Milanino – ricoprendo vari ruoli, anche di spicco in società, e divenendo un vero punto di riferimento, soprattutto nei momenti più difficili. Allenatore delle giovanili, preparatore dei portieri, vice-allenatore, tecnico della prima squadra (per 110 partite), osservatore, e poi anche dirigente.

    Essenziale la sua presenza da “mediatore” nella Lazio scudettata del ’74, fondamentale per mitigare le personalità forti dei tanti campioni presenti in quel gruppo. Così come altrettanto importanti e gradite erano le sue frequenti visite a Formello, all’insegna di sorrisi e “pacche sulle spalle” per tutti, lui che – a detta di chi lo conosceva bene – “la vita ha saputo godersela davvero”, “amante delle donne e del buon vino”.

    Grande dolore oggi in casa Lazio per la perdita della storica bandiera biancoleste, espresso con un comunicato ufficiale di ricordo e di profondo cordoglio: “Oggi ci lascia una persona straordinaria, che aveva stretto con la Lazio un legame indissolubile. La S.S.Lazio, il suo Presidente Claudio Lotito, i giocatori, i tecnici e tutto lo staff biancoceleste si stringono attorno alla famiglia ed esprimono il proprio cordoglio”.

  • Derby siciliano: ritornano i tifosi del Palermo a Catania. Infortunio Pinilla, dubbi per Ilicic

    Derby siciliano: ritornano i tifosi del Palermo a Catania. Infortunio Pinilla, dubbi per Ilicic

    I Derby, è noto, sono una partita a sè, esulano dalle logiche e dalle previsioni, senza possibilità di pronostico. Il derby siculo numero 80 della storia, Catania – Palermo, non sfugge alla classificazione di partita ad alta tensione. Gli spunti d’interesse sono molteplici: il Palermo vuol proseguire la sua fase di ripresa, completando il rilancio della gestione Cosmi, dopo l’exploit della precedente giornata contro la capolista Milan; il Catania, invece, è alla ricerca di preziosi “punti tranquillità“, che lo possano allontanare dalle zone calde della bassa classifica. 

    Ci si augura, però, che l’importanza del match generi solo una positiva tensione agonistica, e che l’incontro possa disputarsi all’insegna della correttezza sugli spalti, soprattutto in occasione della riapertura del Massimino ai tifosi palermitani, dopo i folli scontri del 2007 che portarono alla morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti.

    Dalle tifoserie ci si aspetta, dunque, una reale prova di maturità, ed un’ulteriore conferma dei buoni segnali registrati in occasione della gara di andata a Palermo, quando -con la presenza dei Catanesi al Barbera – non si riscontrò alcuna problematica di ordine pubblico: d’altronde, come recitavano alcuni striscioni “Non ci può essere derby senza rivali!”.

    Che sia una partita corretta sugli spalti è – fra gli altri – anche l’auspicio del patron del Palermo, Maurizio Zamparini: ”Spero sia una partita di calcio, un evento sportivo con la giusta rivalità ma all’insegna della correttezza; mi auguro che la violenza sia lontanissima dal Massimino. Chi è favorito? Dico 60% Catania, il fattore campo è molto importante in queste sfide. Tra i rossoazzurri non temo nessuno in particolare, quello che mi inquieta è la loro voglia di combattere. Noi tecnicamente siamo una buona squadra. Se scenderemo in campo con la loro stessa determinazione avremo grandi possibilità di ottenere un risultato positivo”.

    In casa rosanero, l’allenatore Serse Cosmi sta preparando meticolosamente la sfida, anche se costretto a ranghi ridotti fino ad oggi. Da domani, avrà a disposizione tutti i Nazionali, ma dovrà monitorare la situazione infortuni.

    Mauricio Pinilla, durante un allenamento con la sua nazionale cilena, ha riportato una lesione di primo grado al vasto mediale della coscia sinistra, che – con grande probabilità – lo costringerà a saltare il derby di domenica.

    Apprensione, inoltre, per le condizioni dello sloveno Ilicic, uscito solo dopo 30 minuti di gioco della partita di ieri fra Irlanda del Nord e Slovenia, terminata 0-0, valida per le qualificazioni ad Euro 2012 del gruppo C (quello dell’Italia). Lo staff medico palermitano attende il rientro del giocatore per svolgere gli esami di controllo, anche se dalle dichiarazioni del procuratore di Ilicic, è trapelato un po’ di ottimismo: “Ho sentito Josip ieri e mi ha confidato che, fin dall’inizio dell’incontro, aveva avvertito una fitta alla parte posteriore della coscia, che non gli aveva impedito comunque di proseguire la sua partita. Successivamente però nel corso del match si è ripresentato il dolore e il ragazzo ha optato per richiedere il cambio per evitare ulteriori possibili complicazioni. Peccato perché ho visto la partita ed era partito molto bene sfiorando la rete in un paio di occasioni”.

    Buone notizie, invece, per Migliaccio, Cassani e Miccoli, che nell’allenamento pomeridiano delle 15 (a porte chiuse), si alleneranno in gruppo, avendo recuperato completamente dai rispettivi infortuni.

    In casa Catania, buone notizie per l’allenatore Diego Simeone da Izco e Biagianti, tornati ad allenarsi in gruppo dopo una lunga assenza, così come in via di miglioramento sono le condizioni di Capuano, Martinho e Sciacca, che hanno svolto ieri una seduta differenziata.

    Intanto, è partita forte la prevendita per il match, con cinquemila tagliandi venduti in soli due giorni: si preannuncia il record stagionale di presenze al Massimino di Catania. I tifosi etnei, forse, sperano nel precedente positivo dello scorso anno, quando – esattamente nella stessa data, il 3 Aprile – il Catania vinse per 2 a 0 con doppietta dell’argentino Maxi Lopez, nel giorno del compleanno dell’attaccante rossoazzurro.

  • Fiorentina, il ritorno di Frey, migliora Jovetic

    Fiorentina, il ritorno di Frey, migliora Jovetic

    In vista della sfida di domenica prossima contro il Cesena, buone notizie dall’infermeria Viola.

    Dopo cinque mesi dall’intervento subito per la ricostruzione del legamento crociato anteriore, a seguito dell’infortunio riportato nel mese di Novembre in allenamento, Sebastian Frey è pronto a riprendere il suo posto fra i pali. Nella giornata di ieri, infatti, il portiere francese è stato visitato ad Arezzo dal professor Cerulli, e l’esito positivo dei controlli, che ne hanno attestato l’idoneità sportiva agonistica, gli ha dato il “via libera” per rendersi disponibile per la trasferta di Cesena.

    A fronte di un fondamentale ritorno ormai completato, altre positive notizie riguardano le condizioni di Stevan Jovetic: l’attaccante montenegrino si è sottoposto ieri ad una visita di controllo in Germania, presso la clinica dove è stato operato due volte, per testare le condizioni del suo ginocchio infortunato dal mese di Agosto. I test di verifica proseguiranno anche nei prossimi giorni, ultimando le cure fisioterapiche e studiando, in accordo con lo staff medico della Fiorentina, il piano di rientro in allenamento. I tempi di rientro sono, comunque, ormai prossimi. Dopo una stagione fermo ai box, Jovetic scalpita per rientrare al più presto: “Sto bene, è tutto a posto. “Final­mente torno, ne ho una voglia enorme “. Inoltre, le buone notizie ricevute gli permettono di lasciarsi alle spalle i mesi più duri, ormai trascorsi: “Fi­nalmente vedo la discesa…vedo la di­scesa pur sapendo che adesso è il tempo del lavoro e di stringere i denti”.

    L’obiettivo è tentare di averlo a disposizione per la fine di Aprile, per la partita contro l’Udinese, oppure – procedendo con maggior cautela – per la gara contro l’Inter.

    In attesa del rientro alla base dei molti Nazionali, prima di rituffarsi negli impegni di campionato, questa sera l’attenzione sarà puntata sulla finale di ritorno di Coppa italia Primavera, in cui i giovani Viola affronteranno all’Olimpico i pari età giallorossi. A Firenze, la gara d’andata terminò 1-1: in caso di esito positivo, la Coppa Italia Primavera potrebbe essere il secondo trofeo della gestione Della Valle, dopo lo scudetto Allievi conquistato due stagioni fa.

  • Stadio Juve: dall’ottica manageriale al bene della squadra

    Stadio Juve: dall’ottica manageriale al bene della squadra

    Quando i risultati del campo sono negativi, quando la stagione è deludente e la squadra galleggia a metà classifica, rischiando di restare – per il secondo anno consecutivo – fuori dall’Europa che conta, data l’incertezza sulle prossime strategie di mercato e su come gestire l’ennesima rivoluzione estiva, ecco che la Juventus gioca la carta del “nuovo stadio“.

    I lavori sono quasi ultimati, a Luglio 2011 dovrebbe essere prevista l’inaugurazione, e con l’avvio della prossima stagione la Juve potrà dare il calcio d’inizio nel nuovo stadio. La dirigenza, quindi, tende a sottolineare l’importanza in termini di ritorno economico del progetto.

    Non è casuale, inoltre, che ad esprimersi sull’argomento sia proprio l’amministratore delegato Jean Claude Blanc, notoriamente ben più attento e competente sulle questioni economiche e gestionali che sulle questioni di campo.

    A margine del corso “Stadium Management”, svoltosi in Federcalcio, l’a.d. francese ha voluto precisare quanto la Juventus tenga fortemente alla realizzazione del progetto stadio, che sta sorgendo sulla stessa superficie (di 355.000 metri quadri complessivi) dell’ex stadio Delle Alpi. Il nuovo stadio di proprietà,  prevede la realizzazione di 41.000 posti a sedere, e si inserisce in un progetto urbanistico di ampio respiro, che riguarderà l’area Continassa nel quartiere Vallette. L’intento dei progettisti è che l’impianto possa integrarsi al meglio nell’area urbana, con zone fruibili, piazze, parcheggi, aree commerciali (gallerie di negozi, centri commerciali), spazi verdi, per una superficie di circa 34.000 metri quadri, e che sia “vivibile” non solo durante le partite, ma per tutta la settimana, con eventi ed iniziative variegate, per tifosi e semplici visitatori.

    Un progetto ambizioso e d’avanguardia, precursore dei tempi, almeno in Italia, ispirato liberamente al modello inglese e tedesco, già ampiamente consolidato negli anni. Per tali ragioni, la dirigenza vuol sottolinearne l’assoluta importanza: “Il nuovo stadio sarà determinante per portare ricavi aggiuntivi alla società. Tali ricavi serviranno, poi,  per fare maggiori investimenti sulla squadra, che resta ovviamente il cuore del progetto”.  Inoltre, con la costruzione dell’impianto, la Juventus si mostra attenta all’ottica di lungo periodo, realizzando un nuovo canale di introiti, un nuovo polo di attrazione e rivoluzionando il concetto stesso di stadio italiano, puntando a restituire ai tifosi uno spazio sicuro e gradevole, finalmente anche per le famiglie.  “Lo stadio nuovo è il punto d’inizio di un circolo virtuoso – ha aggiunto Blanc – e risulterà determinante in ottica ‘fair-play’ finanziario, contribuendo soprattutto a rendere la squadra più competitiva”.

    Dalle dichiarazioni, però, emerge in primo piano l’orientamento all’ottica manageriale, in cui è possibile intravedere di riflesso-  in secondo piano, soltanto consequenzialmente – anche l’aspetto calcistico, ossia il “bene della squadra, il cuore del progetto, il renderla più competitiva”.

    E’ senz’altro ammirevole come la Juventus si sia dimostrata tanto lungimirante nell’intraprendere un simile investimento, mostrandosi come “apri pista Italiana” di una nuova impostazione gestionale dei club calcistici, ma è altrettanto importante che i notevoli sforzi intrapresi per la costruzione della “nuova casa” non risultino vanificati dall’opacità delle prestazioni di gioco.

    In Italia, si sa, la mentalità calcistica è strettamente connessa al risultato, da sempre orientata al brevissimo periodo, e gli umori dei tifosi sono fortemente dipendenti dalle prestazioni, e più che mai vulnerabili. Sarebbe opportuno importare il modello inglese, oltre che nel management calcistico, anche per l’acquisizione di una mentalità differente, più orientata al tifo “sportivo” piuttosto che agli isterismi da curva, ma – questo – è un processo molto più complesso ed intricato rispetto alla costruzione di uno stadio. Pertanto, per evitare che un tale capolavoro architettonico rimanga semivuoto, con scarsa partecipazione dei tifosi in termini di presenze allo stadio, e per garantire che un simile teatro possa ospitare competizioni di prestigio, all’altezza del blasone del club, è necessario adottare un’ottica lungimirante anche sulla gestione di campo.

    Orientando le prossime scelte in modo mirato, puntando su veri campioni, riconfermando tutti gli uomini guida dello spogliatoio (Chiellini, Buffon, Del Piero, Marchisio), scegliendo una guida tecnica realmente all’altezza del progetto e delle ambizioni, e ritrovando quello spirito antico che – da sempre – ha reso la Vecchia Signora avanguardista del calcio Italiano. Soprattutto sul campo.

  • Muore ‘superstite’ di Superga Iginio Ballarin

    Muore ‘superstite’ di Superga Iginio Ballarin

    Iginio Ballarin, 94 anni, ‘superstite’ della tragedia di Superga, si è spento quest’oggi a Mira in provincia di Venezia, dove da tempo viveva.

    L’uomo, fratello di Dino ed Aldo Ballarin, rispettivamente terzo portiere e terzino del Grande Torino, defunti nella nota tragedia aerea, si salvò indirettamente da quella sciagura che, il 4 Maggio 1949, colpì la gloriosa squadra con lo schianto dell’aereo ALI- I ELCE contro il terrapieno posteriore della Basilica di Superga, mentre era in fase di atterraggio su Torino, riportando a casa la squadra che il giorno prima aveva disputato a Lisbona l’amichevole per l’addio al calcio del capitano del Benfica Josè Ferreira.

    Iginio Ballarin era solito seguire i due fratelli calciatori nelle trasferte più importanti: in quell’occasione, però, aveva dimenticato la carta d’identità. Fu proprio tale disattenzione a salvargli la vita perchè, dopo esser già salito a bordo dell’aereo pronto per il decollo, venne sorpreso da un doganiere senza documenti e fatto scendere.

    Una pure casualità, dunque, gli salvò la vita, così come capitò anche ad altri che non presero parte a quella trasferta, come il portiere di riserva, Renato Gandolfi, sostituito proprio dal terzo portiere Dino Ballarin, il radiocronista Niccolò Carosio, impegnato dalla cresima del figlio, e Vittorio Pozzo, ex C.T. della Nazionale e giornalista dell’epoca. Nella tragedia, invece, persero la vita 31 persone, fra giocatori, alleatori, giornalisti accompagnatori ed equipaggio: fra tutti, il grande capitano Valentino Mazzola.

  • Funerali in curva: oltre il limite della follia

    Funerali in curva: oltre il limite della follia

    In Italia, qualche anno fa, nell’ormai lontano 2001, ci si meravigliava di come fosse possibile portare indisturbatamente, sfuggendo a qualsiasi forma di controllo, uno scooter in curva a San Siro e gettarlo, sempre indisturbatamente, giù dal terzo anello.

    Con l’avvento dei tornelli, oggi una simile impresa apparirebbe, dal punto di vista logistico, forse più difficile da compiere, anche se è ancora all’ordine del giorno vedere in curva la presenza di catene, bastoni, armi vere e proprie, armi improvvisate, ordigni di vario tipo e quant’altro, così com’ è accaduto – per citare l’esempio più eclatante – a Marassi durante il match Italia-Serbia, con l’ingresso indisturbato di Ivan il terribile e dei suoi seguaci che hanno messo a soqquadro l’intero stadio di Genova.

    In Colombia, però, la follia degli ultràs ha superato nettamente ogni minimo senso del decoro e della decenza, con la complicità del servizio di sicurezza.

    Domenica scorsa, allo stadio General Santander di Cucuta, durante il match fra Cucuta Deportivo (la squadra di casa) ed Envigado, valido per l’ottava giornata della prima divisione, a quindici minuti dal termine dell’incontro, in curva ha fatto irruzione un nutrito gruppo di ultràs con in spalla la bara contenente il corpo di un 17 enne tifoso, Cristopher Alexander Sanguino, ucciso proprio il giorno prima da alcuni sicari mentre assisteva ad una partita di calcio.

    Nell’intento degli amici ultràs, un gruppo organizzato dal nome “Barra del Indio”, la “visita allo stadio” era un modo per concedere al giovane compagno deceduto un ultimo saluto alla squadra del cuore, il Cucuta Deportivo, intonando cori in suo onore, ma – agli occhi della restante parte dei presenti allo stadio – si è trattato di una scena sconcertante ed imbarazzante, al punto che, dopo l’ingresso del feretro, l’intero stadio appariva completamente ammutolito dallo stupore. Ed il totale silenzio di incredulità è proseguito anche dopo il gol della squadra di casa, realizzato appena cinque minuti dopo dall’ingresso in curva della bara.

    L’aspetto più imbarazzante della vicenda è, comunque, la totale inerzia delle forze dell’ordine e del servizio di sicurezza dello stadio, che hanno permesso agli ultràs di entrare con il feretro e di rimanere all’interno dello stadio fino al termine dell’incontro, senza neppure accennare il minimo intervento.

    Sotto accusa, dunque, il sistema di controllo in entrata e l’operato degli addetti alla sicurezza, sul quale le forze dell’ordine hanno aperto un’inchiesta per individuare i responsabili oggettivi di una simile “distrazione”, con la promessa di concludere l’inchiesta in tempi brevi. “E’ evidente ch si sia trattato di un increscioso epidodio, ed abbiamo immediatamente avviato delle indagini per capire come sia potuto accadere”, ha dichiarato il comandante Alvaro Pico.  

    Oltre all’imbarazzo delle forze dell’ordine, l’episodio ha generato le furibonde reazioni delle dirigenze dei due club in campo e, pertanto, indirettamente coinvolti, ed in generale dell’intero mondo del calcio Colombiano. A tal proposito, il medico del Cucuta Deportivo, Julio Rivera, si è dichiarato “perplesso” dell’accaduto e “preoccupato” per il carente operato degli addetti alla sicurezza in merito ai controlli. “Le autorità annunciano severi controlli per evitare disordini ed atti di violenza negli stadi, e poi finisce che un gruppetto di tifosi riesca ad introdurre in curva un cadavere. E’ assurdo. Probabilmente la Colombia è l’unico posto al mondo in cui un simile fatto può accadere”.

    Chissà se, dopo tanto sconcerto e tanta indignazione, qualcosa cambierà…

    

  • Gilardino capitano: “Che onore”

    Gilardino capitano: “Che onore”

    Nell’Italia rivoluzionata da Prandelli per l’amichevole contro l’Ucraina di domani sera, Alberto Gilardino indosserà la fascia da capitano. Grande soddisfazione per l’attaccante biellese della Fiorentina, soprattutto se giunge in una stagione non propriamente esaltante per la sua squadra, nè per lui a livello personale, afflitto da qualche acciacco ed infortunio di troppo.

    Un “onore”, come lo stesso attaccante ha dichiarato.  “Indossare domani la fascia di capitano è un bel regalo che la Nazionale mi fa, ringrazio, è un grande onore pensando anche ai tanti capitani azzurri con i quali sono orgoglioso di aver giocato, da Fabio Cannavaro a Gigi Buffon”.

    In conferenza stampa, inoltre, l’attaccante Viola ha parlato anche dell’ambiente azzurro, dei meccanismi interni allo spogliatoio, soprattutto nel suo reparto di competenza, l’attacco. Nessun dualismo con Pazzini, nè con gli altri compagni.  “Qui non c’è dualismo, semmai tanta competizione e credo che questo sia un bene per me, per i miei compagni, per l’Italia”. L’unità e la solidità del gruppo e lo spirito di collaborazione reciproca, d’altronde, sono dei cardini fondamentali della filosofia di Cesare Prandelli.

    Così come la voglia di dimostrare l’attaccamento alla Nazionale, anche negli incontri amichevoli. Naturalmente, anche Alberto Gilardino concorda con il ct: “La partita di domani, anche se non è una gara di qualificazione, è importante per noi, abbiamo voglia di dimostrare che possiamo fare bene sempre”, cancellando la parola amichevole e mostrando che si può sempre fare affidamento su questo gruppo.

    Gilardino, comunque, è estremamente motivato a chiudere la stagione nel migliore dei modi, dimostrando  a Prandelli che potrà sempre contare su di lui. “Quest’anno a inizio stagione, ho avuto dei problemi fisici ma ora sto bene e ho tanta voglia di chiudere l’annata alla grande. Tra l’altro Prandelli mi conosce bene, quindi sa che cosa posso dare. Io sottovalutato? Ormai mi sono abituato, e comunque sono sereno. Il c.t. sa che, se lui avrà bisogno di me, io ci sarò”.

    In casa Azzurri, Prandelli ha comunicato che vi saranno sette cambi rispetto alla partita di Venerdì; la formazione annunciata in conferenza stampa è la seguente: Viviano; Maggio, Gastaldello, Chiellini, Criscito; Marchisio, Montolivo, Nocerino; Aquilani; Gilardino, Rossi. Confermato, dunque, il 4-3-1-2, con Prandelli pronto a fare entrare nel secondo tempo tutti gli altri ancora non visti all’opera, con i probabili debutti assoluti per Matri e Parolo.  Ribadendo il concetto, riferito – tra le righe – alla posizione di Antonio Cassano che “nessuno deve ritenersi titolare di diritto perchè le dinamiche del gruppo hanno sempre la priorità assoluta” anche perchè al barese del Milan manca la continuità di gioco e ciò ostacola in modo rilevante la sua tenuta atletica nel corso dei novanta minuti: “Se potesse giocare con maggiore continuità, e lo sa anche lui, potrebbe fare di più”. Invece, Prandelli sottolinea le qualità e l’importanza di Giuseppe Rossi: “In futuro lo vorrei vedere in certe zone del campo dove può essere determinante, data la sua capacità di fare gol anche perchè ha saputo trovare una grandissima consapevolezza nei suoi mezzi”.

    Per quanto concerne i nostri prossimi avversari,  l’Ucraina, sembra certa l’assenza di  Andriy Shevchenko nella partita di Kiev. L’attaccante, infatti, ha comunicato la sua defezione per “problemi familiari di lieve entità”.