Autore: Cristiano Previ

  • Serie A, il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto

    Serie A, il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto

    Siamo alla fase cruciale della stagione in Serie A, siamo all’ultimo step che pare anticipato rispetto alle previsioni di quest’estate. Tuttavia gli ultimi 20 minuti di Roma-Juventus hanno detto poche cose ma in modo netto e conciso. La Juventus è la squadra più forte in questo momento e i punti di vantaggio sulla Roma sono veritieri, ma il vantaggio costruito da madama è molto probabilmente figlio di una gestione diversa e più condizionata, da parte di Rudi Garcia sui suoi uomini.

    Gli ultimi venti minuti del match di ieri sera hanno fatto capire anche al più nostalgico tifoso giallorosso che, se vuoi competere con una squadra quadrata e impenetrabile, dal punto di vista del rendimento, come la Juventus devi attingere da tutte le tue forze senza guardare nomi o cognomi di chi hai in rosa. Non è un caso infatti che il miglior calcio espresso dalla Roma nel finale di partita sia avvenuto dopo i cambi di Francesco Totti e Daniele De Rossi.

    Francesco Totti e Daniele De Rossi in panchina | Foto Twitter
    Francesco Totti e Daniele De Rossi in panchina | Foto Twitter

    Nessuno discute la classe e l’immensa portata caratteriale che ha la presenza del capitano giallorosso in campo, tuttavia se la condizione ballerina di Totti non è al top in una sfida così importante forse è meglio far giocare chi tecnicamente è più debole ma può portare maggiore dinamismo. La stessa cosa vale per De Rossi, in 20 minuti ha fatto due entrate sulle gambe degli avversari che, se fosse stato un match di coppa europea, sarebbero stati sanzionati con due gialli e la conseguente espulsione, segno di una esagerata foga agonistica e di poca tranquillità nell’affrontare l’avversario. Oltre a questo i giocatori giallorossi, tutti, dovevano fare la partita della vita per riaprire il campionato a cominciare proprio dai due calciatori simbolo ed invece la riscossa è avvenuta da chi è partito dalla panchine e la rete che ha riaperto il match è arrivata dal giocatore più saggio e che per tutti i novanta minuti è apparso più tranquillo, al pari proprio dell’avversario.

    La lite tra il primo ed il secondo tempo tra Holebas e De Sanctis poi, aumenta la sensazione che per la Roma era la partita della vita nella testa dei giocatori, ma che non sono riusciti a trasformare quanto avevano in testa sul terreno di gioco, segno di grande inferiorità nei confronti di chi ormai da tre anni è regina indiscussa della Serie A e che pur cambiando tecnico e modulo di gioco (non ieri sera) ha una capacità mentale di mangiarsi l’avversario, chiunque esso sia, mostruosa almeno in Italia.

    Il bicchiere è mezzo pieno per i giallorossi perché in quei venti minuti finali hanno l’esempio di quello che devono fare nelle prossime partite, correre, aggredire, segnare, vincere riposarsi e poi ricominciare. Ma è una cosa che si può fare solo se hai fiducia dei tuoi mezzi e se usi le energie di tutti senza badare ai cognomi di chi hai in rosa, in questo Garcia la scorsa stagione era stato bravissimo, in questa sembra diventato succube delle scelte. Ad inizio stagione guardando qualitativamente le due rose tutti eravamo d’accordo nel dire che la Roma aveva raggiunto la Juventus, poi però una ha sfruttato tutti i suoi uomini compresi quelli che sembravano perduti per sempre (Pepe) l’altra no.

    Per la Roma il bicchiere è mezzo vuoto perché nello scontro diretto in casa ha perso l’occasione di togliere punti alla Juventus e staccare il Napoli, due piccioni con una fava, inoltre ha dato un altro punto di vantaggio ai bianconeri. Perché se il campionato di Serie A finisse a pari punti gli scontri diretti diventerebbero determinanti, quindi oggi la Roma deve finire la stagione con un punto in più della Juventus quindi da 9 punti siamo passati a 10.

    La Juventus vede il bicchiere mezzo pieno perché ha tenuto a bada la lupa che abbaiava famelica nel suo terreno di caccia e ne esce come detto con un altro piccolo margine di vantaggio. L’aver giocato la partita di ieri, in casa della Roma, senza Pogba e Pirlo essere andata in vantaggio per prima e aver rischiato di chiudere definitivamente il discorso è un’iniezione incredibile di autostima.

    Al tempo stesso resta anomalo per la Signora vedere il bicchiere mezzo vuoto, dopo tre anni di successi e di consapevolezze, ma la verità è che a questa squadra manca il killer instinct fatale, quello che dopo la rete di Tevez avrebbe fatto scattare la molla e avrebbe definitivamente ucciso il campionato di Serie A. In Italia potrebbe essere un piccolo problema ma in Europa questo fattore potrebbe essere determinante a cominciare dal ritorno di Champions League a Dortmund, perché la Juventus a Torino aveva avuto le occasioni per chiudere il discorso qualificazione anticipatamente e non lo ha fatto. Il dato positivo su cui deve lavorare Allegri è che se la Juventus gioca in modo tranquillo e con la testa sgombra in casa della Roma può fare altrettanto in casa dei tedeschi e allora di conseguenza il killer instinct può arrivare quando meno te lo aspetti e potrebbe ulteriormente trasformare questa squadra.

  • Sampdoria corsara a Bergamo, verso rotte europee

    Sampdoria corsara a Bergamo, verso rotte europee

    Ottima prestazione di carattere per i blucerchiati di Sinisa Mihajlovic che s’impongono a Bergamo in casa della Dea e restano in rotta verso l’Europa. La Sampdoria vince in recupero sull’Atalanta 1-2 grazie a Muriel e Okaka, ma nella seconda rete c’è anche lo zampino di Eto’o a dimostrazione che la macchina ligure ammirata all’andata inizia a funzionare anche in questo girone di ritorno.

    I bergamaschi avevano più di un buon motivo per essere determinati quest’oggi contro un avversario che era segnalato come poco in forma. Soprattutto dopo la sconfitta interna del Cagliari contro l’Hellas, infatti se l’Atalanta avesse vinto avrebbe distanziato in classifica proprio i sardi relegati al terzultimo posto ed ora invece sempre a soli tre punti di distacco.

    Mihajlovic voleva la vittoria, e così è stato. Le buone intenzioni blucerchiate si sono viste subito, perché la Sampdoria nei primi dieci minuti tiene palla e la fa girare costruendo ma con ancora poca confidenza nel trio Muriel-Okaka-Eto’o. L’Atalanta così dopo i primi spauracchi blucerchiati si fa sotto e trova la rete del vantaggio con Stendardo al 16°, quando Dramè dalla sinistra sfodera un cross basso al centro e il difensore nerazzurro s’infila alle spalle di Regini che non lo cura e realizza l’1-0 indisturbato.

    La Sampdoria sembra accusare il colpo, infatti poco dopo è Carmona a calciare verso la porta, ma Viviano è attento e respinge la conclusione, poi ancora lo stesso Carmona e Bellini potrebbero raddoppiare per la Dea ma non c’è nulla da fare i tiri non inquadrano lo specchio della porta e si va al riposo con i nerazzurri in vantaggio.

    Una buona prestazione di Samuel Eto'o | Foto Twitter
    Una buona prestazione di Samuel Eto’o | Foto Twitter

    Nella ripresa, Mihajlovic conferma la sua attitudine a saper leggere la partita e saper modificare la sua squadra mettendola meglio in campo, infatti la Sampdoria parte con in piglio diverso e soprattutto con una cattiveria diversa. Acquah ed Eto’o sono precipitosi nel concludere a rete peccando di precisione. Di contro i bergamaschi partono a fiammate in contropiede e al 51° sugli sviluppi di un calcio d’angolo ancora Stendardo svetta di testa a colpo sicuro ma la palla impatta contro Romagnoli prima di uscire ancora in calcio d’angolo.

    Al 73° arriva il pareggio doriano, Okaka pesca benissimo Muriel in area, il colombiano sembra chiuso ma inventa un tiro di sinistro ad incrociare potente che mette fuori causa Sportiello e insacca il pallone nell’angolo opposto, bellissima rete. Il pareggio è meritato e spezza il fiato ai bergamaschi, che improvvisamente accusano la stanchezza. La seconda rete della Sampdoria avviene dopo un’invenzione di Samuel Eto’o che da buona posizione sulla sinistra tenta con un tiro a girare di sorprendere Sportiello, il portiere atalantino respinge in tuffo ma sulla ribattuta è il più lesto Okaka che davanti alla porta, solo, non può sbagliare.

    Il finale è un attacco convulso dei bergamaschi, ma la Sampdoria in alleggerimento potrebbe allargare il vantaggio restando però sempre contratta e attenta più a non subire che a far male.

    ATALANTA-SAMPDORIA 1-2 (1-0) – 15° Stendardo (A), 67° Muriel (S), 81° Okaka (S)

    Atalanta (4-4-1-1): Sportiello 5,5; Bellini 6, Stendardo 6,5, Benalouane 6, Dramè 6, Emanuelson 6,5, Cigarini 5,5, Carmona 6, Gomez 6 (dal 82° D’Alessandro S.V.); Baselli 5 (dal 73° Boakye 5,5); Pinilla 5 (dal 65° Denis 5,5).

    All.: Stefano Colantuono 5,5

    Sampdoria (4-3-3): Viviano 6;  De Silvestri 6, Silvestre 6,5, Romagnoli 6, Regini 5; Acquah 6,5, Palombo 6, Duncan 6 (dal 92° Mesbah S.V.); Muriel 7 (dal 77° Correa S.V.), Okaka 6,5, Eto’o 6,5.

    All.: Sinisa Mihajlovic 7

    Arbitro: Antonio Damato 5,5

    Ammoniti: Regini (S), Stendardo (A), Viviano (S), Okaka (S), D’Alessandro (A), Eto’o (S). Espulsi: –

  • L’Hellas sbanca il Sant’Elia, è crisi Cagliari

    L’Hellas sbanca il Sant’Elia, è crisi Cagliari

    Finisce tra i fischi per i padroni di casa il lunch-match tra Cagliari ed Hellas Verona al Sant’Elia, la squadra di Andrea Mandorlini strappa tre punti preziosi contro una diretta concorrente in chiave salvezza. Toni e Gomez portano sul doppio vantaggio i veronesi e a nulla serve la rete cagliaritana ad opera di Conti pe riaprire la partita nel finale di mach.

    La squadra di Zola esce tra i fischi del proprio pubblico ed un principio di contestazione che certo non aiuta la sua squadra per il continuo del torneo che con oggi arriva a quota otto nel numero delle sconfitte interne stagionali.

    Dire che la partita fosse segnata dall’inizio è sbagliato, perché i sardi ci provano da subito a tenere in mano il gioco e ad impostare il ritmo, tuttavia il Verona è chiuso benissimo e tiene con facilità le trame offensive rossoblù. Così dopo un primo approccio di gara e dopo nemmeno dieci minuti alla prima palla buona l’ Hellas va in vantaggio, è Hallfredsson che da sinistra crossa in area trovando prontissimo, anche a rubare il tempo agli avversari, Luca Toni che mette subito in avanti gli scaligeri.

    La gioia di Luca Toni dopo il vantaggio scaligero | Foto Twitter
    La gioia di Luca Toni dopo il vantaggio scaligero | Foto Twitter

    Vista la situazione e visto che Donsah si fa male subito dopo, Zola fa entrare Joao Pedro al suo posto, sperando di aumentare il peso specifico del suo attacco, ma è tutto vano, perché a parte M’Poku che spesso prende l’iniziativa non c’è molto altro. Al 21° l’attaccante belga pesca benissimo Longo in area che però si attarda troppo a tirare rendendo efficace un recupero di Pisano che devia in angolo il tiro. Il primo tempo è tutto qui, con tanta manovra cagliaritana e possesso palla sterili.

    Nella ripresa il copione è lo stesso, Zola prova ad inserire Farias per aumentare la potenza dell’attacco, ma è un’arma a doppio taglio perché l’Hellas così ha maggiori spazi per andare in contropiede. Infatti Hallfredsson al 48° sbaglia di pochissimo il passaggio illuminate per Tachtsidis che si sarebbe trovato solo davanti a Brkic.

    Al 55° Mandorlini manda in campo Gomez al posto di un poco appariscente Jankovich e Juanito ci mette pochissimo a segnare il raddoppio, giusto il tempo di piazzarsi in area e svettare sopra la difesa immobile sarda colpendo di testa in porta su un calcio di punizione.

    Il Sant’Elia inizia così a contestare squadra e società, mentre la partita aumenta di ritmo perché il Cagliari attacca l’Hellas a testa bassa, ma rischia di prendere la terza rete con Ionita ed al tempo stesso con M’Poku va vicino ad accorciare le distanze, ma Benussi è bravo a togliere da sotto l’incrocio un calcio di punizione battuto dal belga.

    Al 90° il Cagliari trova la rete del 1-2, su calcio di punizione diretto battuto da Conti, ma è troppo tardi e ora per i sardi il campionato è davvero in salita per uscire dalla zona retrocessione.

    CAGLIARI-HELLAS VERONA 1-2 (0-1) – 9° Toni (v), 55° Gomez (V), 90° Conti (C).

    Cagliari (4-2-3-1): Brkic 5,5; Gonzalez 5,5 (dal 46° Farias 6), Rossettini 5, Diakitè 5, Murru 5,5; Dessena 6 (dal 62° Cop 5,5), Conti 6; Donsah S.V. (dal 13° Joao Pedro 6); M’Poku 6,5, Ekdal 5; Longo 5.

    All.: Gianfranco Zola 5,5

    Hellas Verona (4-3-3): Benussi 6,5; Pisano 6,5, Moras 6, Marquez 6, Agostini 6,5; Ionita 6 (dal 89° Obbadi S.V.), Tachtsidis 7, Hallfredsson 6,5; Sala 6 (dal 72° Greco 6); Toni 7, Jankovich 6 (dal 55° Gomez 7).

    All.: Andrea Mandolìrlini 6,5

    Arbitro: Paolo Valeri 6

    Ammoniti: Murru (C), Conti (C), Joao Pedro (C), Pisano (V), Greco (V). Espulsi:

  • Serie A: riforme, dominio europeo e dramma Parma

    Serie A: riforme, dominio europeo e dramma Parma

    Quello che sta vivendo il nostro calcio e la Serie A in particolare, ma non solo, non è che lo spaccato di un paese che vive di eccellenze e di incredibili paradossi, dopo anni di “snobbismo” nei confronti dell’Europa League finalmente sembra che le nostre compagini abbiano preso in seria considerazione questa competizione, tentando un rilancio europeo tanto auspicato per anni quanto rimasto deluso e spesso con rabbia mancato.

    E’ lo specchio dell’Italia di oggi, capace di straordinarie imprese nel piccolo o nel grande quotidiano ma cancellate dall’incredibile difficoltà quotidiana di realizzare e raddrizzare le questioni più semplici. La Serie A ha riscoperto il gusto di vincere in Europa, sei squadre sono in piena bagarre, cinque oggi conosceranno i futuri avversari nel cammino in Europa League e la Juventus con realistico ottimismo vede il ritorno in Germania contro il Borussia Dortmund per andare ai quarti di Champions League.

    Se un amante della Serie A si soffermasse a questo penserebbe di essere tornato agli anni ’90, quando tutte le nostre squadre facevano cammini sontuosi in Europa e spesso una o più compagini si trovavano in finale, ma la realtà che si ha di fronte guardando il dramma del Parma e l’acqua sotto i ponti passata in questi ultimi anni dice a chiare lettere che, è ottimo il risultato storico di questo turno di coppe europee ma è incredibilmente deludente vedere che nei nostri confini si vivono ancora drammi come quelli del Parma e di tante altre squadre che sono state cancellate dal calcio italiano in questi anni.

    Carlo Tavecchio e Claudio Lotito | Foto Twitter
    Carlo Tavecchio e Claudio Lotito | Foto Twitter

    Con l’avvento di Tavecchio alla guida della Federcalcio ci si aspettava delle riforme importanti, a partire dai diritti televisivi che oggi sono la maggior fonte di introito per le squadre di calcio, ebbene finora tale argomento ha portato solo un intermediario che si frappone tra le parti in causa per spillare più soldi alle pay-tv ma di fatto alle provinciali della Serie A arriva sempre una miseria in confronto a quanto percepiscono le grandi. Detto questo servirebbe un capitolo a parte per analizzare le ragioni delle une e delle altre e arrivare ad una conclusione, ma è proprio il governo del calcio che ci dovrebbe arrivare sistemando la questione tenendo anche conto dei bacini d’utenza.

    Di fatto abbiamo avuto tormentoni arbitrali, polemiche a sfondo razzista, incidenti negli stadi, litigi tra presidenti, guai giudiziari per tesserati sotto inchiesta e oggi buchi finanziari delle società fino alla scorsa stagione difese ad oltranza dalle istituzioni del calcio nostrano quando la U.E.F.A. è intervenuta dicendo appunto che qualcosa non andava. Insomma sempre le stesse cose che si perpetrano da anni, ma alle quali anche il governo Tavecchio, come i precedenti, interviene e a parole pone freni dopo che sono accaduti i fatti. Generalmente le riforme si fanno proprio per evitare che si verifichino falle e che si migliorino le cose, tutto disatteso. Per non parlare poi dello sconquasso accaduto in Lega Pro e in Serie B dopo l’intercettazione telefonica “abusiva” nei confronti di Claudio Lotito, braccio destro di Tavecchio che ci ha riportato indietro al 2006, quando altre intercettazioni telefoniche “abusive” spaccarono il mondo del calcio.

    Insomma con argomentazioni diverse e con un’importanza ben diversa le stesse cose che accadono nella gestione e nell’amministrazione del paese.

    In questo momento il nostro calcio esprime un ottimo risultato e lo fa contro squadre appartenenti a campionati qualitativamente sopra il nostro, Athletic Bilbao, Tottenham, Borussia Dortmund. Tutto questo fa ben sperare nella ripresa perché negli anni scorsi l’Europa League soprattutto è stata il trampolino di rilancio per il calcio di altri paesi che oggi assediano l’Italia nel ranking, come il Portogallo.

    Roberto Donadoni, allenatore del Parma | Foto Twitter
    Roberto Donadoni, allenatore del Parma | Foto Twitter

    Di contro abbiamo ancora da scoprire quanto il nostro calcio è marcio, perché ancora nel 2015 mentre un cittadino normale ha difficoltà a fare una richiesta di mutuo per comprare una casa e deve portare mille garanzie all’Istituto di credito, una società di calcio si scopre che con un debito di un centinaio di migliaia di Euro tranquillamente gestisce il mercato, si iscrive ai campionati ed esercita tranquillamente finché il coperchio della pentola a pressione non scoppia e rimane solo da pagare il disastro fatto che va a carico sempre di chi è ignaro di tutto. L’eccellenza morale di Donadoni e dei ragazzi del Parma, con Lucarelli in primis è cancellata dall’inettitudine gestionale e da un sistema che continua a dare segnali di crollo su se stesso.

    In parole povere, il calcio italiano per prestazioni sportive e qualità degli interpreti sul campo da gioco fa di tutto per risalire la china, così come i cittadini nella vita comune, ma rimane sempre da attendere le cosiddette riforme che sembrano sempre più una chimera.

  • Derby della Lanterna, 1-1 ma che emozioni!

    Derby della Lanterna, 1-1 ma che emozioni!

    Ci sono partite per un appassionato di calcio che sono un must, uno di quegli avvenimenti a cui non si può mancare sono quei match che danno adrenalina, tensione ed uno spettatore anche imparziale non riesce a distaccarsi al punto tale da rimanere indifferente. Sono le grandi classiche, Barcellona-Real Madrid, Inter-Juventus, Boca Juniors-River Plate e certamente Sampdoria-Genoa.

    Migliaia di bandiere blucerchiate in Gradinata Sud | Foto Twitter
    Migliaia di bandiere blucerchiate in Gradinata Sud | Foto Twitter

    Il Derby della Lanterna è uno di quegli appuntamenti che vale la Serie A ed è una partita che a tutti gli effetti è da considerare patrimonio non solo del nostro calcio ma del calcio mondiale  e oggi vale anche l’accesso o meglio la posizione in classifica per il lotto di squadre ce lottano per l’Europa. Coreografie mozzafiato, atmosfera che parte mesi prima e finirà mesi dopo, una città da conquistare ed un dominio morale da sfoggiare ad ogni occasione nella quotidianità della vita, questa per i genovesi è “la partita dell’anno”.

    Che la partita sia sentita dai ventidue in campo si capisce subito dopo quindici secondi di gioco, quando i centrocampisti del Genoa mettono subito sotto pressione i blucerchiati e si registra già il primo fallo. Dopo un minuto di gioco il Genoa si crea subito la prima palla gol, da un calcio d’angolo di sinistra la palla arriva a Perotti che rossa al centro dove Bertolacci da dentro l’area piccola di testa devia alto sopra la traversa.

    E’ il Grifone che fa la partita e che aggredisce i blucerchiati con un pressing ossessivo, tuttavia la Sampdoria riesce ad uscire usando spesso il fisico. Al 7° Soriano batte un bel calcio di punizione dalla sinistra, Romagnoli riesce a colpire di testa ma mette a lato.

    La storia del Grifone ripercorsa in Gradinata Nord | Foto Twitter
    La storia del Grifone ripercorsa in Gradinata Nord | Foto Twitter

    Al 17° Marassi esplode, azione insistita del Genoa che riparte con tre passaggi ribaltando il campo dopo un calcio di punizione per la Samp, un bel fraseggio al limite dell’area di Viviano tra Perotti, Bertolacci e Rincon la palla arriva a Niang sulla destra che mette un rasoterra insidioso dentro l’area sul quale s’insinua Falque battendo il portiere blucerchiato.

    Un minuto dopo i blucerchiati fanno riesplodere il “Luigi Ferraris“, sulla fascia sinistra Roncaglia commette sulla pressione di Eder un errore madornale, anziché alleggerire tiene palla ma se la fa rubare dall’attaccante sampdoriano che sfila così verso l’area e batte Perin in uscita. 1-1 dopo venti minuti, tanta sostanza, tanta foga agonistica e grandissimo entusiasmo è un gran bel derby fin qui.

    Al 27° Okaka si mangia la rete del vantaggio blucerchiato. Acquah resiste e si porta la palla sul limite del fondo nell’angolo di destra poi mette un pallone potente al centro dell’area a mezz’altezza. Okaka sfugge dai radar dei difensori genoani e ad un metro dalla porta spara incredibilmente alto. Passa un minuto e il Genoa in contropiede con Niang risponde, il suo tiro di sinistro a giro dal limite dell’area viene bloccato in due tempi da Viviano.

    Al 32° una bella punizione di sinistro di Falque sibila vicino al palo della porta del portiere blucerchiato facendo trattenere il respiro ai padroni di casa. Al 37° Perotti effettua dal limite dell’area un passaggio smarcante per Niang che è leggermente defilato sul vertice di destra ma tira in modo potente in porta e Viviano respinge in tuffo prima che Romagnoli in affanno liberi in calcio d’angolo.

    Il primo tempo si chiude con un’ottima intensità ma non regala più emozioni, un’ottima prima frazione fatta di agonismo, belle giocate e rovesciamenti di fronte continui, bravo Rocchi a gestire il match finora in modo inglese adattandosi al clima derby.

    Eder pareggia il conto dopo la rete di Falque | Foto Twitter
    Eder pareggia il conto dopo la rete di Falque | Foto Twitter

    Ripresa che inizia senza cambi, e il trend non cambia, Genoa che manovra con un buon palleggio e Samp pronta a ripartire con potenza. Al 50° Silvestre ci prova da fuori area ma il pallone esce alto sopra la traversa. Il primo quarto d’ora del secondo tempo però vive un principio di nervosismo tra le due squadre, complici un paio d’interventi al limite della regolarità dei difensori rossoblù sugli avanti sampdoriani e il troppo allungamento delle squadre che crea scollamento tra i reparti.

    Al 63° Roncaglia da fuori area prova a tirare un diagonale pericoloso che Viviano con la mano aperta devia in angolo. Al 79° Bertolacci, il migliore in campo, prova anche lui da fuori area ma il suo destro viene sporcato da un difensore genoano e finisce a lato.

    Incredibile gol fallito dalla Sampdoria all’86° quando su un’azione di contropiede Eto’o tenta un passaggio per Muriel che viene deviato in area da un difensore genoano, nello spazio s’infila Obiang che clamorosamente a tu per tu con Perin spara alto sopra la traversa.

    Emozioni forti nei minuti di recupero, quando da una punizione sulla sinistra Kucka svetta in area e colpisce la traversa, sulla ribattuta ancora un colpo di testa genoano respinto da Viviano e poi un terzo tiro verso la porta ma che finisce fuori chiude un match incredibile che poteva premiare sia una che l’altra squadra ma finisce 1-1.

    Sampdoria (4-3-1-2): Viviano 6; De Silvestri 6,5, Silvestre 6,5, Romagnoli 6,5, Regini 5,5; Acquah 6,5, Palombo 6 (dal 66° Duncan 5,5), Obiang 6; Soriano 6,5 (dal 72° Muriel 6); Eder 7 (dal 84° Eto’o S.V.), Okaka 5,5.

    All.: Sinisa Mihajlovic 6,5.

    Genoa (3-4-3): Perin 6; Roncaglia 5,5, Burdisso 6, De Maio 6,5; Rincon 6, Bertolacci 7,5, Kucka 6,5, Edenilson 6 (dal 75° Bergdich 6); Falque 7 (dall’88° Izzo S.V.), Perotti 6,5, Niang 6,5 (dal 80° Borriello (S.V.).

    All.: Gian Piero Gasperini 6.

    Arbitro: Gianluca Rocchi 6,5

    Ammoniti: Viviano (S), Roncaglia (G), Soriano (S), Obiang (S) Espulsi:

  • La legge di Max sveglia la Juventus

    La legge di Max sveglia la Juventus

    La Juventus affronta l’Atalanta nel proprio fortino con un curriculum recente veramente pesante, è da quattordici gare che i Campioni d’Italia sono imbattuti, l’ultima sconfitta per la Vecchia Signora risale addirittura al match esterno in casa del Genoa del 29 ottobre e allo Juventus Stadium i bianconeri hanno addirittura un record impressionante.

    Dopo il pareggio di Cesena e l’occasione di una fuga mancata, dopo il pareggio della Roma con il Parma avvenuto nell’anticipo della settimana scorsa, Allegri ha lanciato un messaggio chiaro e forte, chi pensava ad un turn-over massiccio in vista della gara interna di Champions League contro il Borussia Dortmund, sbagliava di grosso. Nessun calcolo nemmeno sui diffidati in vista della partitissima della settimana prossima contro i secondi in classifica.

    Massimiliano Allegri così schiera un undici titolare, privo solo di Vidal non convocato e Lichtsteiner  relegato in panchina.

    Colantuono ha ben altri problemi, undici giocatori tra infortuni e squalifiche sono out, l’attacco è raffazzonato con il solo Denis davanti affiancato all’inesauribile Baselli a centrocampo è riesumato Migliaccio mentre in difesa Scaloni si posiziona sulla fascia destra.

    Il primo quarto d’ora di gara vede una bella Juventus, che con triangolazioni veloci ma inefficaci che cerca di mettere sotto l’Atalanta, la cosa riesce solo a metà perché i bergamaschi sono schiacciati dentro la propria area ma non subiscono mai tiri in porta. Di contro l’Atalanta mette in apprensione la difesa bianconera con lanci lunghi di alleggerimento, ma mai casuali e sempre alla ricerca dell’uomo avanzato che spesso si trova uno contro uno al difensore della Juventus.

    Al 19° bel taglio di Llorente che viene servito in area bergamasca, stoppa bene in corsa e nel tentativo di anticipare l’intervento di Masiello calcia verso la porta chiudendo troppo il destro e la palla esce abbondantemente alla sinistra di Sportiello.

    24° incredibile azione di contropiede per l’Atalanta che con tre passaggi arriva al limite dell’area bianconera, poi quando l’azione sembra aver perso efficacia perché gli avanti nerazzurri, Denis e Emanuelson, si passano il pallone in modo impacciato un rimpallo serve Baselli solissimo davanti a Buffon, il tiro è respinto d’istinto in angolo dal portiere della Nazionale.

    l’azione successiva è il vantaggio bergamasco, dal calcio d’angolo battuto Migliaccio svetta e devia di testa verso la porta il tiro, palo interno nerazzurro e palla che danza dentro o fuori prima che Buffon la recuperi, per l’arbitro e l’assistente è oltre la linea e quindi 0-1 Atalanta.

    La Juve reagisce subito, bella triangolazione tra Pogba, Tevez e Pereyra sulla sinistra, il tucumano calcia a botta sicura a tu per tu con il portiere bergamasco ma Sportiello si supera e respinge il tiro.

    Al 38° Pogba serve in modo fantastico Cáceres che dalla destra s’inserisce in area, il cileno calcia di collo esterno ma Sportiello con il pugno devia a mezz’altezza in calcio d’angolo. Sull’angolo battuto da Pirlo è Bonucci a saltare più in alto di tutti e il portiere nerazzurro riesce solo a respingere centralmente di piede e sulla ribattuta si crea una mischia sul quale Llorente è il più lesto di tutti a mettere in gol per il pareggio bianconero. Da rivedere sull’azione la posizione di Tevez che dopo la respinta del portiere si avventa sul pallone non riuscendo ad intervenire ma partecipando attivamente all’azione.

    Andrea Pirlo risolve la partita Juventus-Atalanta | Foto Twitter
    Andrea Pirlo risolve la partita Juventus-Atalanta | Foto Twitter

    Al 45° il capolavoro di Andrea Pirlo. La Juventus continua a manovrare in velocità ma non riesce a trovare sbocchi, così la palla torna indietro a Pirlo, il quale stoppa e praticamente da fermo calcia di collo esterno dal limite dell’area mettendo il pallone sotto l’incrocio dei pali, una bellissima rete alla quale Sportiello non poteva fare nulla. E’ l’ultima azione del primo tempo.

    Nella ripresa nessuna delle due squadre effettua cambi ma dopo cinque minuti l’Atalanta perde per infortunio anche Zappacosta ed al suo posto entra D’Alessandro. Il match ha lo stesso canovaccio del primo tempo con la Juventus che fa la partita e l’Atalanta che rilancia lungo per il contropiede.

    Al 51° Pereyra servito sulla fascia destra serve un cross morbido al centro e Pogba è solissimo a due passi dalla linea di porta ma il suo tiro di testa viene ribattuto dal portiere atalantino in disperata uscita, l’Atalanta sembra meno unita rispetto alla prima razione e spesso è tagliata in due dalla manovra juventina.

    Al 64° è Marchisio che ci prova da fuori area ma il suo destro a girare termina alto sopra la traversa. In questa fase si nota un certo nervosismo da parte delle due squadre per una serie di decisioni arbitrali di poco conto comunque contestate, per esempio viene espulso al 75° Colantuono per proteste su un cambio prolungato da parte della Juventus.

    Succede poco altro, la Juve tiene e gestisce la partita, facendo incetta nel caso di cartellini gialli,  anche quando l’Atalanta inserisce forze fresche come Gomez potrebbe chiudere il match ma non lo fa, mentre i nerazzurri fino alla fine restano in partita dando a Colantuono comunque ottimi segnali per il prosieguo della stagione, a due minuti dalla fine Migliaccio di testa, servito da Scaloni, manda fuori di pochissimo. La Juventus finisce la partita alle corde, sia fisicamente che mentalmente, difficile dire quanto pesi la prospettiva del match di coppa contro il Borussia Dortmund.

     

    JUVENTUS-ATALANTA 2-1 (2-1) – 25° Migliaccio (A), 39° Llorente (J), 45° Pirlo (J)

    Juventus (4-3-1-2): Buffon 6; Cáceres 6, Bonucci 6, Chiellini 5,5, Padoin 6; Pogba (dal 65° Lichtsteiner 5,5), Pirlo 6,5, Marchisio 6,5; Pereyra 6,5; Tevez (dal 89° Coman S.V.), Llorente 6,5 (dal 74° Morata 6).

    All.: Massimiliano Allegri 6

    Atalanta (4-4-2): Sportiello 6,5; Scaloni 6,5, Masiello 6,5, Bellini 6, Drame 5; Emanuelson 6,5, Cigarini 6, Migliaccio 6,5, Zappacosta 6 (dal 50° D’Alessandro 5,5); Baselli 6,5 (dal 82° Gomez S. V.), Denis 5,5 (dal 70° Boakye 6).

    All.: Stefano Colantuono 6,5

    Arbitro: Massimiliano Irrati 6

    Ammoniti: Baselli (A), Marchisio (J), Padoin (J), Bellini (A), Pereyra (J), Lichtsteiner (J), Morata (J) Espulsi: Colantuono (A)

  • Tutti gli uomini del Derby della Lanterna

    Tutti gli uomini del Derby della Lanterna

    Gli occhi di tutta l’Italia calcistica e non solo saranno puntati sulla supersfida di Marassi questa settimana, e il Derby della Lanterna andrà in scena in prima serata come anticipo del sabato in solitario, visto che nello stesso giorno non sono previste partite di Serie A nemmeno alle 18:00.

    La stracittadina ligure è da sempre considerata il più bel derby d’Italia, sia per passione vissuta dalle due tifoserie che per l’atmosfera incandescente in campo. Se è da sempre una sfida molto difficile da decifrare per pronosticare un vincitore altrettanto complicato è comprendere lo stato psicofisico delle due compagini, tradotto in parole povere chi vince non si sa ma è sicuro che nessuna delle due vuole perdere.

    Altrettanto improbo è pronosticare chi possa essere l’uomo derby proprio perché spesso è stata una partita chiusa e il marcatore che ha aperto o chiuso la sfida è stato un gregario, per citarne solo alcuni del recente passato Maggio o Rafinha oppure uomini entrati dalla panchina come Boselli nel 2011 determinando poi l’andamento della stessa gara.

    Dal famoso 3 novembre 1946 (data del primo Derby della Lanterna, terminato 0-3 in favore dei blucerchiati) ad oggi sono passati per il prato di Marassi fior fior di giocatori e anche diversi campioni, ma nessuna delle due compagini ha mai messo la zampa vincente innestando la marcia in più e ponendosi al comando dei precedenti in modo netto come per esempio è accaduto al derby di Torino che la storia ha scritto dando un vantaggio netto ad una delle due. In Serie A si sono affrontate 63 volte, per 16 ha vinto il grifone, 24 i pareggi e per 23 volte ha vinto la Sampdoria. E’ l’unico derby che ha avuto un prologo anche nella serie cadetta e in Coppa Italia.

    L’ultima stracittadina ha visto trionfare la Sampdoria, nel girone d’andata grazie ad una punizione velenosa di Manolo Gabbiadini che ha chiuso il match per 0-1, nella supersfida di sabato sera il match-winner di allora non ci sarà perché ceduto al Napoli nella sessione di mercato di gennaio.

    Diego Milito, unico autore di una tripletta nei Derby della Lanterna | Foto Web
    Diego Milito, unico autore di una tripletta nei Derby della Lanterna | Foto Web

    Parlando di uomini derby della storia non si può non partire dall’origine della sfida e ricordare la coppia Giuseppe Baldini e Adriano Bassetto che negli anni ’40 erano proprio un incubo per la difesa genoana e misero, insieme ad altri marcatori, i primi derby proprio a favore dei blucerchiati facendo registrare nel 1948 il massimo scarto registrato nella storia del Derby della Lanterna 5-1 in favore della Sampdoria. I due restano ancora oggi i maggiori top-scorer della stracittadina.

    A quattro reti c’è un certo Roberto Mancini, sempre per la Sampdoria, che nella storia di questa partita si è dimostrata sempre più prolifica dell’avversario ma l’unica tripletta realizzata nella storia dei Derby della Lanterna è rossoblù e targata Diego Milito.

    Tre giocatori poi sono riusciti a mettere il proprio nome sul tabellino dei marcatori con entrambe le maglie si tratta di Giuseppe Baldini che realizzò anche una rete con la maglia del Genoa, Paolo Barison che dal Grifone passò alla Sampdoria dopo una parentesi al Milan e Eddie Firmani, che iniziò la sua avventura italiana con la maglia blucerchiata e la chiuse con la maglia rossoblù.

    Altro dato statistico interessante è quello relativo ai postumi che il Derby della Lanterna porta dietro, oltre al normale e sano sfottò che si respira in città per i mesi a seguire spesso c’è stata anche una vera e propria sterzata nel prosieguo della stagione sia per la squadra che lo ha vinto che per la squadra che ha perso.

    Inutile ricordare nella stagione nefasta, per la Sampdoria, del 2010/11 il derby di ritorno venne deciso dalla rete di Mauro Boselli nei minuti di recupero e che a fine stagione i blucerchiati retrocedettero. Ancora oggi i tifosi rossoblù sono convinti di essere stati determinanti per la retrocessione dei cugini. Oppure andando alla stagione storica per le genovesi (1990/91) quando alla fine la Sampdoria si laureò Campione d’Italia e il Grifone conquistò il primo storico piazzamento per la Coppa UEFA, in quell’occasione fu proprio la partita d’andata a dare il là ad una corsa fantastica per i colori rossoblù. Al vantaggio iniziale di Eranio rispose nella ripresa Gianluca Vialli ma a metà secondo tempo una punizione magistrale di Claudio Branco mandò in tripudio la Gradinata Nord e la squadra allenata allora da Osvaldo Bagnoli divenne una corazzata che chiuse con merito al quarto posto in classifica.

  • Cristiano Ronaldo, festa da 400 mila Euro.

    Cristiano Ronaldo, festa da 400 mila Euro.

    Ormai le abbiamo viste tutte, dalle ville in fase di costruzione ai tradimenti sui social ma la sensazione è che dovremo ancora vederne di manifestazioni egocentriche da parte dei calciatori famosi, così ecco in questi giorni uscire la notizia della principesca festa di compleanno voluta da Cristiano Ronaldo.

    Il calciatore del Real Madrid non poteva esimersi dall’organizzare per i suoi 30 anni una festa degna della sua grandezza ed un evento che rimanesse nella storia così come lui vuole rimanere indelebilmente in quella del calcio. Una festa costata ben 400 mila Euro che poi se andiamo a vedere sono solo spiccioli per una persona che all’anno solo dal Real Madrid, sponsor esclusi, percepisce 15 milioni di Euro.

    Cristiano Ronaldo | Foto Twitter
    Cristiano Ronaldo | Foto Twitter
    Le banconote personalizzate per i tavoli da gioco | Foto Twitter
    Le banconote personalizzate per i tavoli da gioco | Foto Twitter

    Ma come ha fatto a spendere una cifra del genere per una festa di compleanno? Beh, intanto ha affittato un intero locale per VIP, La Finca a Pozuelo de Alarcon, poi ha preteso ed ottenuto l’ingaggio del cantante colombiano Kevin Roldan che ha intrattenuto i 160 invitati con una serata musicale ed un karaoke durato tutta la notte. Ma non è tutto qui, oltre all’evento musicale Ronaldo ha fatto imbastire i saloni del locale con tavoli da gioco, dove gli ospiti potevano divertirsi giocando ai tavoli, con banconote fatte stampare personalizzate da cinque dollari. Nelle banconote erano impressi poi la data del compleanno 5 febbraio e al centro un grosso trenta, la sua età appunto.

    Tutto qui? Assolutamente no, perché ovviamente c’è poi il menù per il cenone, scelto direttamente da lui che prevedeva caviale, pesce, aragoste e filetti di carne prelibata accompagnati dal miglior vino esistente come il bianco Rias Baixas “Sanamaro 2012” (135 Euro a bottiglia), o il rosso Ribeira del Duero “Unico Vega Sicilia” (235 Euro a bottiglia) e poi lo champagne “Louis Roederer Cristal” da 160 Euro a bottiglia.

    Festa incredibile alla quale pare si siano divertiti tutti e ne siano rimasti estasiati, un po’ meno i tifosi delle merengues che hanno trovato di cattivo gusto tutto questo sfarzo e divertimento avvenuto subito solo poche ore dopo la pesante sconfitta per 4-0 nel derby contro l’Atletico di Simeone.

  • Parma, una voragine di debiti

    Parma, una voragine di debiti

    Terrificante verità svelata qualche ora fa dalla “Gazzetta dello Sport” che è andata retroattivamente a vedere i bilanci del Parma Football Club dal 2006 ad oggi. I ducali si sono indebitati in tutto questo tempo per una cifra pari a 197,4 milioni di Euro lordi e 96,5 milioni netti. Il crack è tutto da imputare alla gestione precedente, quella di Tommaso Ghirardi ma ad oggi con questi dati alla mano è facile capire perché, anche dopo la cessione della società, ancora il futuro societario degli emiliani sia terribilmente nebuloso e tanti si defilano dal progetto Dastraso.

    Secondo l’indagine del quotidiano sportivo nella stagione 2006/07 la situazione debitoria era considerata “normale” con una chiusura in passivo di 16 milioni, poi negli anni a seguire è avvenuto il disastro contraddistinto dal crescendo del segno negativo. La stagione successiva infatti il debito si è raddoppiato (31,8 milioni) e nel 2008/09 addirittura si era già vicini ai 100 milioni di Euro di debiti per poi aumentare ancora e ancora fino alla terrificante realtà di oggi che è vicina ai 200 milioni di Euro di debito.

    Tommaso Ghirardi ex-patron del Parma | Foto Twitter
    Tommaso Ghirardi ex-patron del Parma | Foto Twitter

    I revisori contabili di Audirevi che hanno stimato il bilancio del 2014 nella loro relazione lasciano un commento che lascia interdetto chiunque e porge ai profani tifosi che oggi seguono con trepidazione gli sviluppi domande inquietanti sul futuro dei ducali, ma non solo perché è eloquente che dalle dichiarazioni scritte nella suddetta relazione che è il sistema calcio che ancora oggi finanziariamente progredisce in bene e in male senza un vero e proprio controllo.

    “A causa degli effetti connessi alle incertezze descritte nel precedente paragrafo, non siamo in grado di esprimere un giudizio definitivo sul bilancio d’esercizio del Parma Football Club al 30 giugno 2014”.

    Come è possibile che una società di calcio possa arrivare a questo punto ancora oggi senza nessun campanello d’allarme lanciato dalle istituzioni che governano il mondo interbancario? Come è possibile che venga ammesso il progredire del marcio finanziario in una attività che oggi molto più di ieri rappresenta per indotto e per ricavi derivanti da esso una parte importante dell’economia di un territorio?

    Dopo la crisi bancaria spagnola alla quale ha contribuito pesantemente anche l’indebitamento dei top-club iberici si pensava che il Fair-Play finanziario tanto invocato dalla UEFA fosse la panacea di tutti i mali, ma è evidente che nemmeno l’occhio lungo del massimo organismo calcistico europeo possa arrivare a scovare tutti i problemi così come è altrettanto evidente che il sistema calcio italiano non è garantito da fidejussioni bancarie e crediti ipotetici a copertura di acquisti milionari e minusvalenze così come si voglia far credere.

    E dire che l’Inter, prima squadra che nella gestione Moratti aveva speso cifre folli, indebitandosi oltre misura per vincere il Triplete, avrebbe dovuto fare scuola e da monito per gli avventurieri del calcio, ma non è stato così. L’Inter, che tra diritti televisivi e ricavi vari è nettamente superiore al Parma, dopo cinque anni ed un nuovo proprietario è ancora in affannosa risalita e questo fa pensare che per il Parma sarà durissima, salvo miracoli finanziari dei nuovi padroni.

  • Sprofondo nerazzurro, il Sassuolo fa tris

    Sprofondo nerazzurro, il Sassuolo fa tris

    Il lunch-match del 21° turno di Serie A è Sassuolo-Inter, una gara che promette sempre imprevedibilità e spettacolo, con i neroverdi a continuare la loro tradizione di “ammazzagrandi” e i nerazzurri che devono trovare una maggiore continuità, sia nei risultati che nel gioco se vogliono ambire ad un piazzamento finale che possa consegnargli le porte dell’Europa.

    Mancini inserisce Donkor dal primo minuto e per il resto tiene, grazie anche al ritorno a tempo pieno di Palacio, la linea a tre dietro all’unica punta Podolski che sta sempre più prendendo consapevolezza e consensi nello scacchiere nerazzurro. Padroni di casa che non snaturano la loro fisionomia ed Eusebio Di Francesco resta fedele al suo credo fatto di attacco e pressing a tutto campo. Nota curiosa che viene proposta dalle formazioni ufficiali delle de squadre è che il Sassuolo ha solo uno straniero in campo, Vrsaljko, mentre l’Inter ha solo un italiano nel undici iniziale, Ranocchia.

    Dopo una prima fase di gara di studio fatto di fiammate nerazzurre stoppate bene dalla difesa del Sassuolo la partita inizia a decollare nel ritmo. Al 17° Missiroli serve Zaza al limite che tira una sassata che s’insacca sotto la traversa per l’1-0 neroverde.

    30° Magnanelli serve a sinistra Sansone liberissimo, si accentra, fa un doppio passo che elude l’intervento del difensore nerazzurro e poi scarica un destro terrificante che s’insacca sotto l’incrocio all’altezza del primo palo difeso da Handanovic. Bellissima rete e doppio vantaggio per il Sassuolo.

    La prima reazione dell’Inter è tutta in un sinistro velenoso di Podolski che esce fuori alla destra di Consigli.

    Domenico Berardi chiude la gara contro l'Inter | Foto Twitter
    Domenico Berardi chiude la gara contro l’Inter | Foto Twitter

    Al 45° ancora un’occasione per i padroni di casa che con un tiro da fuori area di Sansone servono sul rimpallo Magnanelli solo davanti ad Handanovic che esce prontamente sventando la minaccia. E’ l’ultimo sussulto di una prima frazione ben giocata dal Sassuolo, mentre l’Inter appare mai scesa in campo.

    Nella ripresa per i primi dieci minuti si vede poco, solo un bello spunto di Shaqiri che mette in mezzo all’area un pallone invitante sul quale nessuno dei compagni si fa trovare pronto e l’evanescenza dell’attacco nerazzurro convince Mancini al 56° a sostituire Podolski con Icardi.

    La manovra interista si fa più avvolgente ed il Sassuolo ne approfitta per prendere un po’ di respiro, è sempre Shaqiri il più attivo che colpisce il palo a portiere battuto su una conclusione improvvisa e poco dopo Palacio da buona posizione calcia di prima ma spedisce di poco fuori.

    Al 76° dalla destra parte un cross bellissimo che trova sul secondo palo Dodò che stacca in solitario prendendo il tempo a Vrsaljko e colpisce verso la porta di testa ma Consigli respinge in tuffo.

    Puscas appena subentrato a Palacio si fa notare, al 79° effettua una discesa incredibile sulla sinistra, salta l’uomo in area e poi rientra calciando verso la porta, Consigli respinge il tiro e sulla ribattuta Icardi ci prova da fuori area con ancora il portiere neroverde che si distende deviando in angolo. Nell’azione s’infortuna Terranova che viene sostituito d Brighi.

    All84° l’Inter riapre la partita grazie a Icardi. disgraziato retropassaggio di Magnanelli per Consigli sul quale interviene il centravanti argentino che dribbla il portiere e poi deposita in rete per 1-2.

    Nei minuti finali tanta confusione dove il Sassuolo spreca l’occasione per la terza rete e s’infiammano gli animi dove ne fa le spese Sansone espulso. E proprio nei minuti di recupero Berardi chiude, su calcio di rigore, il match per il 3-1 finale.
    SASSUOLO-INTER 3-1 (2-0) – 17° Zaza (S), 29° Sansone (S), 83°  Icardi (I), 93° Berardi rig. (S)

    Sassuolo (4-3-3): Consgli 6,5; Vrsaljko 6, Terranova (dal 79° Brighi S.V.), Cannavaro 6, Longhi 6,5 (dal 61° Gazzola 6); Biondini 5,5, Magnanelli 6, Missiroli 6 (dal 75° Antei 5,5); Berardi 6,5, Zaza 7, Sansone 7,5.

    All.: Eusebio Di Francesco 7.

    Inter (4-2-3-1): Handanovic 5; Donkor 4,5, Vidic 5,5 (dal 70° Brozovic 6), Ranocchia 5, Dodò 5,5; Guarin 5, Medel 5,5; Shaqiri 6,5, Kovacic 6, Palacio 5,5 (dal 78° Puscas 6); Podolski (dal 56° Icardi 6,5).

    All.: Roberto Mancini 4,5

    Arbitro: Paolo Valeri 5

    Ammoniti: Missiroli (S), Zaza (S), Ranocchia (I), Vidic (I), Donkor (I), Sansone (S), Icardi (I), Donkor (I). Espulsi: Sansone (S), Donkor (I)