In Italia la vittoria di un Mondiale di calcio è un evento capace di segnare le vite delle persone e di restare impresso nell’ album dei ricordi per sempre, forse appena un gradino più in basso di altri momenti prioritari della vita. Ecco perchè, coloro che avevano vissuto l’emozione del Mondiale dell’ 82 ricordavano perfettamente dove si trovavano e con chi, durante la finale di Madrid, dopo l’ urlo di Tardelli e l’esultanza del presidente Pertini in tribuna. Ecco perchè, per chi non c’era allora, era giusto si presentasse in un’altra circostanza, in altre sembianze, con altri volti e protagonisti, un’ altra occasione di vivere quelle emozioni. La sera del 9 Luglio 2006, esattamente cinque anni fa, l’ Italia si è fermata: un’ afosa domenica di Luglio, in cui le spiagge erano insolitamente poco frequentate, perchè la priorità era la partita, la finale di Berlino. Una finale conquistata con cuore e sofferenza, ma anche con caparbietà, battendo i padroni di casa tedeschi nel loro fortino inespugnabile. Una finale dal sapore di rivincita, contro i Francesi che troppe volte ci avevano strappato la gioia della vittoria come un urlo strozzato in gola, proprio nel momento in cui sta per esplodere, come accadde agli Europei 2000 con il fatidico Golden Gol di Trezeguet. Una finale dal sapore adrenalinico nei minuti immediatamente precedenti il fischio d’ inizio, dal sapore patriottico sulle note dell’Inno di Mameli, dal sapore thriller nei minuti che separavano il provvisorio vantaggio della Francia dal pareggio di Marco Materazzi, dal sapore d’ alta tensione dopo la testata e l’espulsione di Zinedine Zidane. Per giungere, poi, all’epilogo finale: supplementari e calci di rigore, solo per cuori forti. Quella roulette degli undici metri, vissuta senza respiro, con il cuore a mille e gli occhi fissi sullo schermo. Una sequenza perfetta, senza errori nè sbavature, un segno del destino amico. Un viso, quello di Fabio Grosso, ultimo rigorista designato dal cittì Lippi, con quegli occhi un po’ spiritati, fra la paura e l’incoscienza, fra la responsabilità e l’onore: rincorsa e tiro. Fiato sospeso, flash dei fotografi, riflettori di tutto il mondo puntati su di lui. Gol… Pochi istanti per realizzare, poi la corsa liberatoria di Fabio Grosso diventa l’ espressione simbolo delle esultanze di un popolo intero, unito fra lacrime di gioia, abbracci, emozioni, clacson, bandiere, cori goliardici fino all’ alba della mattina seguente, in un delirio collettivo in cui si è riscoperta, anche se per poco, la bellezza del sentirsi parte di un qualcosa di grande, dell’ essere stati spettatori di un evento che, nel suo campo, resterà nella storia e che, in ogni caso, resterà comunque impresso a fuoco nella memoria di chi ha vissuto quella notte magica, in cui il cielo era, sì, “Azzurro sopra Berlino”, ma s’ era tinto di Azzurro soprattutto dalle “Alpi alla Sicilia”, in un abbraccio simbolico, in un sentirsi realmente “Fratelli d’Italia”. Immagini chiare nella memoria, oggi, esattamente cinque anni dopo, ora che quelle emozioni sono uno splendido ricordo, forse un po’ sopito, ma che si risveglia immediatamente nel rivedere quelle immagini, e nel ricordare quella gioia così speciale, per aver trepidato, prima, e poi pianto di felicità; la gioia di poter dire: “9 Luglio 2006? Io c’ero”. [jwplayer config=”30s” mediaid=”87182″]