Rinforzi? Spendo 65 milioni l’anno. Ibrahimovic? Non si sposerebbe con lo spogliatoio, porterebbe scompiglio.
Queste le dichiarazioni del patron del Milan, nonchè presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al raduno di Milanello dello scorso 20 luglio. Oramai ci siamo abituati o meglio, i politici stessi, ci hanno abituato coi fatti a non credere alle loro fallaci parole. Nonostante ciò, abiurare in poco più di un mese una linea filosofica improntata all’austerity, e dunque scaturita dalla necessità (così ci hanno fatto credere), spinge quantomeno a delle riflessioni. Prima non c’erano i soldi, e poi tadan!: 45 milioni (probabilmente ottenuti in parte da una o più cessioni). Prima Ibra è apostrofato come un “bad boy” spacca-spogliatoio, poi, folgorato sulla via di Damasco, diventa un bravo ragazzo. Evitiamo questa volta di sfogliare la margherita Ibra-sì Ibra-no ritenendo lo svedese utile o meno alla causa rossonera, e addentriamoci alla ricerca delle motivazioni che hanno spinto la dirigenza del diavolo alla sovversione del diktat “guardare e non toccare”.
Di certo passare da poveracci, costretti ad elemosinare Boateng dal Genoa, a guest-star del calciomercato estivo 2010, rappresenta un cambio di rotta celante una causa da perorare che va al di là dei successi sportivi. A maggior ragione se si pensa che il presidente rossonero, alias quello che tira fuori il portafoglio, riteneva “il Milan allo stesso livello dell’Inter” quando ancora non c’erano “quel bel ragazzo di Yepes”, Sokratis al secolo “l’uomo che fermò Messi al Mondiale”, e Boateng, purtroppo ancora privo di una magnificenza presidenziale che non tarderà ad investirlo.
Se poi passi in rassegna mentale che all’orizzonte di Silvio Berlusconi, patron del Milan, nonché presidente del Consiglio, nonché cornificato politicamente da Gianfranco Fini, si prospettano le elezioni anticipate, sei il più grande degli screanzati. Eh certo!: hai dimenticato di ringraziare Fini per averti appena regalato un campione in più da ammirare in Serie A. Per una volta la demagogia potrebbe servire a qualcosa di buono, ammesso che i quasi cinque milioni di tifosi milanisti decidano di votare appellandosi, unilateralmente, ai meriti politici.
Dopo la smobilitazione per la cessione di Kakà era importante infervorare nuovamente la piazza. Tutto questo, oltre alla frase “se c’è qualcuno che copre tutto quello che ho speso sono disposto a vendere”, è l’ennesima testimonianza che il Milan è diventato un giocattolo per accattivare la massa di imbecilli, uno specchietto per le allodole. Caro Silvio ho una una notizia per te: noi non siamo imbecilli. Ah, dimenticavo: Grazie Fini!