Tutto il Mondiale fuori casa: Italia – Nuova Zelanda

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Oggi il gentile ospita che accoglie il vostro corrispondente da dovunque ci ospita a casa sua nella ridente città di Treviglio, città appena fuori Milano e appena dentro Bergamo che vanta uno dei PIL pro capite più alti d’Italia. Sarebbe il più alto, se non fosse per questo mio amico che abbassa drasticamente la media, infatti stanno pensando di trasferirlo in maniera coatta da qualche altra parte, presumibilmente in Molise.

L’Italia scende in campo convinta delle proprie potenzialità. E’ proprio questo che ci spaventa, visto che le potenzialità abbiamo visto quali sono. La squadra di sconosciuti gentiluomini messa insieme dall’eroe di Berlino Marcello Lippi riesce a fare bene una cosa fin da subito: canta tutto l’inno nazionale e non fa nemmeno il poropò poropò che invece secondo me è sacrosanto nel passaggio tra una strofa e l’altra. Anzi, io leverei le parole e farei solo poropò..
Dall’altra parte una squadra di gente scartata dal rugby (perché, diciamoci la verità, questi giocano a calcio solo perché a rugby erano scarsi), vestiti di un bianco che li fa sembrare dei gelatai, scendono in campo quotati 14 a 1. Meno della Corea del Nord contro il Brasile, e la vittoria sembra a portata di mano. Se questi sono i presupposti, ce li mangiamo e li rispediamo a casa tosati come le pecore delle quali la loro nazione abbonda.

I Neozelandesi sono una squadra soprattutto fisica, ma d’altronde l’abbiamo detto, si tratta di gente scartata dal rugby. Deve essere meraviglioso fare l’allenatore della Nuova Zelanda: nessuna aspettativa, nessun processo al termine della partita anche se perdi di 25 gol, e soprattutto nessun problema nel fare la formazione. Sapete quanti calciatori tesserati professionisti ha la Nuova Zelanda? 25. Ripeto, a numeri e lettere: 25/Venticinque. Pensa lo sconforto di quei 3 che sono rimasti a casa. Diciamo che se vuoi giocare delle partite internazionali e sei un giocatore di un livello discreto, magari giochi in C2 (che scopro ora si chiama Lega Pro2) nella Sambonifacese, ti basta prendere la nazionalità neozelandese e ci sono buone possibilità che ti convochino.

Comincia la partita, l’arbitro è guatemalteco e già questo non promette bene. Quanto può essere avvincente il campionato guatemalteco? Io già me li immagino a giocare con i tipici abiti Maya in uno stadio dove alla fine gli sconfitti vengono sacrificati al Dio Sole. Effettivamente le partite devono essere molto avvincenti. Non diciamolo a Blatter, sennò quello introduce questa regola anche in Champions League.
L’Italia entra con la stessa formazione della partita contro lo spumeggiante Paraguay. L’indovina di casa, ovvero la mia fidanzata, commenta dicendo: “Vabbé, stessa formazione dell’altra volta, finirà come la volta scorsa”. Grasse risate da parte degli uomini presenti, che la scherzano  dicendo: “Ma va, che questi non sanno neanche di che si tratta, e poi sei femmina, cosa ne vuoi capire”. Infatti al settimo del primo tempo Cannavaro, probabilmente molto più concentrato sul suo ruolo di testimonial di qualunque cosa piuttosto che di capitano e roccioso difensore, si dimentica come si stoppa una palla e un avversario la butta dentro. Cannavaro, se ti allenassi invece di perdere tempo a farti la barba ogni 5 minuti, ci faresti una cortesia.
Vabbé, che sarà mai, mica possiamo perdere, dicono gli uomini di casa facendo penzolare l’indovina di casa ovvero la mia fidanzata dal balcone e minacciando di lanciarla giù alla prossima parola. La quale indovina, e qui cito testualmente, dice: “Comunque io ho perso interesse per la partita, a me interessa solo quando vincono”. E qui salutiamo lo spirito patriottico della mia fidanzata che ci saluta e se ne va lontano dalla Bergamasca.

L’Italia giochicchia, Pepe fa il mattacchione sulla fascia, ma la palla non entra. All’improvviso De Rossi piroetta in area come Carla Fracci, l’arbitro rapito dalla bellezza del gesto assegna il rigore. Il rigore quindi non è stato dato per il fallo, bensì per premiare l’eleganza di De Rossi nel demi-plié.
Iaquinta, fino a quel momento pesantemente insultato, segna con freddezza. Dopodiché ne perdiamo le tracce, vediamo solo ogni tanto un naso che si aggira per il campo, smarrito.
Com’è come non è, stiamo 1 a 1. La mia fidanzata viene guardata male, ma lei tanto è assorta nella lettura della rivista “Cucina Naturale” e non se ne accorge.

Nel secondo tempo nella provincia di Torino va via il segnale e in questo momento mi trovo a invidiare gli amici piemontesi. Un secondo tempo agghiacciante, lanci lunghi che i Neozelandesi, alti in media 2 metri e 15, stoppano senza difficoltà. Il portiere Paston, chiamato senza motivo Pastos dal commentatore italiano (NP, seduto al mio fianco, commenta: “Si vede che nell’intervallo ha preso la nazionalità greca”), para tutto senza stoppare niente. Molto naif però le piglia tutte.
Finisce la partita, e siamo qui a chiederci perché. Lippi non perde occasione per litigare con i giornalisti in conferenza stampa, e ormai questo è diventato il momento più divertente delle partite dell’Italia. Quanta mestizia aleggia nell’aria.

Chiudiamo come di consueto con l’angolo scommesse. Un po’ per scaramanzia, un po’ perché in caso avrei pianto con un occhio, ho puntato sulla vittoria della Nuova Zelanda. E per di più ho puntato anche su una somma gol di 1. In pratica se non ci fosse stato il rigore avrei vinto 32 euro. Il pareggio per 1 a 1 è il risultato peggiore che potessi aspettarmi. Ben mi sta, ma comunque qualcosina a Lippi gliela devo dire anch’io quando torna in Italia. Mi deve dei soldi.
Comunque l’indovina di casa, la mia fidanzata, è ancora viva. Ma se contro la Slovacchia si azzarda a dire una parola, la rispedisco a casa avvolta nella collezione completa di “Cucina Naturale”.

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