Gigi Del Neri non ha perso tempo e dopo aver compiuto al meglio il suo lavoro alla Sampdoria trascinandola tra le migliori quattro d’Europa si è subito lanciato nella sua nuova avventure a tinte bianconere.
Non poteva che esser di Tuttosport il giornale a “battezzare” il nuovo tecnico bianconero con una lunga intervista oggi in edicola. E’ il solito Del Neri, deciso e pragmatico senza segni di scalfimento evidenti per l’impresa compiuta appena due giorni addietro. Di seguito vi riportiamo uno stralcio dell’intervista:
Gigi Del Neri, come ci si risveglia da allenatore della Juve?
«Devo metabolizzare la novità. Siamo stati così impegnati con la Champions che non ho avuto molto tempo per pensarci».
Ora può farlo liberamente, la Champions alla Samp non la toglie più nessuno.
«In effetti provo un grande entusiasmo. La Juve rappresenta un punto di partenza, mica d’arrivo. In un club così sei costretto a porti grandi obiettivi. Dovrò essere esigente con giocatori, società e me stesso».
Bello, il riferimento al club.
«E’ sempre la società che fa grande un allenatore, non il contrario».
Da ragazzo lei era juventino.
«Oggi come allora in un piccolo paese ci si divide tra interisti, milanisti e juventini. Io sono cresciuto nel mito di Sivori e Charles, giravano le prime figurine».
Lei trova Diego, distante anni luce da Sivori, ma comunque inquadrabile nella categoria degli atipici di talento. Lui come si colloca nella squadra di Del Neri?
«Doni ha sempre giocato, con me all’Atalanta. Ma di solito guardo alle specificità».
Quindi?
«Quindi divido il campo in undici settori e voglio altrettanti specialisti per ogni zona».
Per lei gli esterni sono fondamentali. Alla Juve mancano, dobbiamo aspettarci novità.
«Se mi hanno preso è perché mi conoscono. Comunque nel calcio non si vince sposando un modulo, ma grazie all’organizzazione, alla mentalità vincente e alla qualità».
Allenare la Juve è un privilegio. Ma anche un onere.
«Sono sincero, penso sia molto più difficile arrivare in una squadra che ha vinto tutto. Qui c’è da ricostruire una mentalità ».
Si è fatto un’idea sui motivi del crollo bianconero?
«Ci sono annate che nascono così, chissà perché. Non ci sono dubbi sul fatto che i componenti della rosa sappiano giocare a pallone, penso sia necessario lavorare sull’atteggiamento».
Buffon resterà?
«Spero di sì, gli parlerò. Gigi è il portiere della Nazionale, sostituirlo non sarebbe facile. E’ uno che può dare molto in campo e nello spogliatoio per l’ambizione, la fame di vittorie che lo accompagna. Buffon e Del Piero rappresentano tanto anche come immagine».