Un uomo “dalle vite parallele”, che dalla lontana Australia si svela a tutto tondo, mostrando un volto diverso, più intimo e personale, più vicino al suo vero Io che, solitamente, ha sempre cercato di tener nascosto e protetto, ritenendo la difesa della propria vita privata come l’unica strada per preservare il suo reale essere, la sua sfera di libertà, in cui può esprimersi senza filtri. Alessandro Del Piero è tutto questo e, per chi da tempo lo segue e lo stima, non sarà una grande novità; per altri, invece, queste affermazioni – da lui stesso rilasciate al Corriere della Sera – possono essere un modo per conoscerlo più a f0ndo fino a capire, in un’ottica pirandelliana, che ogni uomo ha tante “maschere” o, appunto, tante vite parallele.
“Uno nessuno e centomila” parafrasando il grande autore siciliano, che ci tiene a sottolineare la sua “diversità”, nella speranza di essere ricordato, tra cento anni, semplicemente come “il migliore”. Non presunzione, nè manie di grandezza nelle sue intenzioni, ma solo un desiderio che culla fin da bambino, sognando di divenire “un giocatore unico, uguale a nessun altro”. Per tal ragione, dunque, Alessandro Del Piero ha sempre cercato di distinguersi, in campo e fuori, ben conscio di essere seguito ed ammirato, responsabile nel modellare i suoi comportamenti per renderli sempre consoni al suo ruolo di esempio e punto di riferimento per i giovani. Compito non semplice che, però, ha saputo portare avanti con assennatezza, sviluppando un self-control che, in apparenza, lo può far sembrare freddo ed eccessivamente razionale ma che, scavando oltre la superficie, nasconde un animo molto più sensibile.
E’ lo stesso Alex a rivelarlo, raccontando il momento che lo ha “emozionato nel profondo” in campo, ossia la standing ovation in suo onore nell’ ultima gara in maglia bianconera contro l’Atalanta, che interruppe per qualche minuto la gara giocata. Momenti di campo, ma non solo: l’attuale numero dieci del Sydney prosegue con il rivelare ciò che “lo fa sciogliere”, le scene di alcuni film (anche comici, ndr), i vari episodi buffi di vita quotidiana in cui sono protagonisti i suoi tre bimbi, Tobias, Dorotea e Sasha, con i quali cerca di essere il più presente possibile, per godere della loro crescita, cercando di ripercorrere – nel ruolo di padre – gli insegnamenti ricevuti dal suo papà Gino, scomparso nel 2001: un “riferimento molto presente anche se parlava poco”, che gli ha trasmesso i veri e solidi valori della vita, quelli della provincia laboriosa e riservata, nella quale la mamma Bruna ancora vive nella casa in cui Alex è cresciuto, nella frazione Saccon di San Vendemiano, in provincia di Treviso, laddove vivono anche il fratello Stefano ed i compagni d’infanzia, che Alex definisce i “veri amici”.
Il mondo del calcio italiano, sempre proiettato al risultato ed alla vittoria ad ogni costo, ha condizionato la mentalità di Del Piero che, per 19 anni, ha vissuto sempre in prima pagina, con lo stress e le pressioni legate ad un grande club come la Juventus: l’esperienza Australiana, in tal senso, lo sta cambiando, permettendogli di assaporare il gusto di un approccio più “easy”, più rilassato, rendendolo “più libero” così come la stessa moglie Sonia lo ha definito.
Ciò non significa, però, abbandonare il vecchio spirito, perchè la voglia di emergere è qualcosa che non si può cancellare nè ridimensionare, perchè “vincere è un’ossessione, è qualcosa che ho dentro da quando sono nato”. Quel che, invece, è cambiato nel corso del tempo – alla soglia dei 38 anni – è la capacità di esprimere con maggiore slancio i propri sentimenti, cercando di non essere parsimonioso nel dire “ti voglio bene” alle persone care: “sono passato da una volta al mese a tre volte”.
La maturità raggiunta gli ha, poi, permesso di approfondire la ricerca di sè, interessandosi alla psicoanalisi, leggendo alcune pagine di Gustav Jung, e cercando di guardare alla vita con la giusta prospettiva, ridimensionando le ricchezze terrene sulla scala dei valori poichè, di fronte alla morte, anche tutti i soldi del mondo rendono impotenti: sono solo le cose semplici a dargli conforto, permettendogli in questi anni di trovare il giusto equilibrio interiore, rendendolo cosciente di essere un uomo fortunato, che ha potuto trasformare in lavoro la sua più grande passione. Una passione che, dunque, difficilmente potrà abbandonare e, per questo, quando terminerà la sua “vita da calciatore” potrebbe decidere di intraprendere la carriera da allenatore: magari proprio a Sydney…