Trionfo Lazio nel derby, delusione Roma

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Hernanes e De Rossi | © Giuseppe Bellini/Getty Images

Un derby di Roma che non tradisce le aspettative e regala spettacolo e colpi di scena. La Roma esce sconfitta per un singolo episodio come spesso accade in partite di questo tipo. Se le due squadre si sono equivalse nel complesso vuol dire che i giallorossi non escono ridimensionati, ma la Lazio potrà sfruttare l’entusiasmo della vittoria e l’ottima posizione di classifica ottenuta.

Hernanes e De Rossi | © Giuseppe Bellini/Getty Images
Nell’approccio alla gara gli uomini di Luis Enrique si fano preferire agli avversari sotto il profilo della mentalità e dell’intensità del gioco. E il buon inizio, infatti, regala il gol del vantaggio di Osvaldo dopo il quale la squadra continua su buoni livelli: circolazione veloce e precisa della palla, difesa alta coi reparti corti. Il buon momento giallorosso frutta una clamorosa occasione su cross dalla destra che nè Bojan nè Osvaldo riescono a capitalizzare. Dal 30′ in poi, però, il pressing giallorosso cala insieme alla lucidità nelle ripartenze e la Lazio guadagna campo e possesso provocando un sostanziale equilibrio tra le due formazioni. Nei primi minuti della ripresa la Roma prova a riproporre lo stesso atteggiamento del primo tempo senza la medesima precisione. Poi un primo svarione di Kjaer mette in allarme la retroguardia. Qualche minuto dopo il crack del danese: grande discesa di Brocchi e fallo plateale quanto ingenuo in area di rigore. Tagliavento applica alla lettera il regolamento e con un pizzico di fiscalità decreta il calcio di rigore e il cartellino rosso per il centrale romanista. Hernanes batte e trasforma. A questo punto la Roma entra nel panico: cinque minuti di calcioni al pallone e ansie difensive dettate dal contraccolpo psicologico del pareggio. Dopo lo sbandamento iniziale i giallorossi si ricompattano, stringono le maglie e la Lazio non punge. L’ingresso di Lulic, però, dà una spinta in più ai biancocelesti che provano un paio di volte la conclusione, ma Stekelenburg c’è. La Roma subisce le folate laziale poco organizzate dal punto di vista corale e basate sulle abilità dei singoli. Prima Klose di testa e poi Cissè con un destro al volo colpiscono due clamorosi legni, ma la Roma tiene e con un paio di ripartenze mette paura ai cugini. Il finale è di marca laziale: un forcing disordinato che si conclude a pochi secondi dal termine quando Mtuzalem imbecca Klose che segna il gol della vittoria biancoceleste. La Lazio porta a casa i tre punti, ma sembra ancora una squadra work in progress. E’ ancora, infatti, troppo legata alle individualità di Klose o Cissè. La manovra risulta compassata e priva di alternative di gioco quando Hernanes non accende la luce. Se il brasiliano non detta i tempi del gioco e le geometrie per l’attacco il regista diventa Ledesma che non sembra in grado di ricoprire il ruolo di mediano e playmaker insieme. Lazio ancora da migliorare sotto il profilo della velocità e degli inserimenri senza palla. Per ora la squadra di Reja si tiene stretta la grande vittoria e può lavorare sull’onda emotiva e sugli elementi positivi. Come per esempio la superba prova di Klose, l’impatto molto positivo al match di Lulic e la prestazione lucida di Biava. Dall’altra parte del Tevere c’è una Roma ferita dopo una partita persa a pochi secondi dal termine e giocata per metà bene e per metà male col grande handicap dell’uomo in meno. Certamente l’aspetto della fragilità psicologica nei momenti di criticità è statto determinante per gli uomini di Luis Enrique. La squadra riesce ad esaltarsi quando le cose gli riescono, ma quando c’è da soffrire non è coesa e spiccano soltanto i veterani. Un altro problema invece è tattico: la posizione dei terzini sempre altissimi. In fase d’attacco è sicuramente un vantaggio, anche se quando i due difensori esterni non sono propositivi tale vantaggio è nullo. Il vero nodo è la fase difensiva in cui spesso i due centrali si ritrovano a difendere in solitudine. A quel punto tutto dipende dalla bravura individuale, cosa che sembra contraddittoria rispetto all’idea di squadra nella testa del tecnico asturiano.

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